Quei pescherecci mazaresi prigionieri in Libia...
Ore di angoscia per i familiari dei pescatori delle imbarcazioni sequestrate il 7 giugno
Sono ore di attesa, divisa tra speranze e angoscia, per i 19 marittimi (e i rispettivi familiari) dei tre pescherecci mazaresi "Boccia II", "Maestrale" e "Antonino Sirrato", sequestrati da quasi un mese - era il 7 giugno - quando si trovavano a circa 42 miglia a nord delle coste libiche: mercoledì sarà il giorno decisivo, quello in cui si attende il pronunciamento, già rimandato di una settimana, del Giudice della Corte di Bengasi. Un verdetto che sancirà il destino dei pescatori siciliani, nelle mani dei miliziani libici.
"Attendiamo con impazienza il verdetto dei giudici", confessa all'Italpress Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto della Pesca di Mazara del Vallo, che dal 18 giugno, insieme a due armatori dei pescherecci sequestrati, si trova a Bengasi per seguire da vicino la situazione. Una situazione che una settimana fa si era complicata ulteriormente a causa del ritrovamento all'interno di uno dei motopesca di una borsa contenente cocci di antiche anfore rimasti impigliati all’interno delle reti da pesca, una notizia a cui gli organi di stampa locali hanno dato parecchio risalto, arrivando a parlare addirittura di scandalo, di attentato alla sovranità dello Stato. In seguito all'analisi dei reperti, però, l'Istituto nazionale delle Antichità di Tripoli ha prodotto una relazione che attesta come, spiega Tumbiolo, "questi pezzi di anfore recuperati si impiglino frequentemente in tutte le reti dei pescatori di tutto il Mediterraneo, si tratta di roba di nessun valore. Quando abbiamo mandato le foto al professor Tusa (soprintendente del Mare e componente dell'Osservatorio Mediterraneo della Pesca, ndr) si è messo anche a ridere".
Resta però alta la tensione a Bengasi, anche in vista delle prime elezioni del post-Gheddafi di sabato 7 luglio. "Qui si vivono momenti di grande fibrillazione - commenta Tumbiolo -. La Cireanica, in particolare, non è affatto contenta di rimanere unita alla Tripolitania, e questo costituisce un ulteriore elemento di difficoltà. La stampa è senza controllo e senza censura, la magistratura militare, civile e penale, ha un nuovo ruolo, e ci sono tanti soggetti, anche di dubbia provenienza, che intendono giocare un loro ruolo". "La posta in gioco è altissima", aggiunge, i pescatori di Mazara "sono capitati male in questo clima di pirateria diffuso", e anche se in questa vicenda "siamo stati assistiti in maniera magistrale" dai rappresentanti delle istituzioni, "lo Stato ha il dovere di tutelare i nostri lavoratori, economicamente e soprattutto fisicamente, garantendo la loro incolumità".
Tumbiolo racconta di essere in strettissimo contatto con i familiari dei marittimi che "hanno dimostrato temperamento e compostezza", così come i pescatori che "sono lavoratori onesti, non contrabbandieri di anfore". "Siamo moderatamente fiduciosi, superata la prima fase di ostilità il clima è cambiato, e a questo - conclude Tumbiolo - ha contribuito la nostra promessa di far curare il figlio di uno dei miliziani, malato di tumore, in un ospedale siciliano. È la strada del dialogo quella giusta da seguire". [Fonte: Italpress - Corriere del Mezzogiorno]
- I marittimi di Mazara accusati di essere "predatori" di reperti (Guidasicilia.it, 21/06/12)