Crea gratis la tua vetrina su Guidasicilia

Acquisti in città

Offerte, affari del giorno, imprese e professionisti, tutti della tua città

vai a Shopping
vai a Magazine
 Cookie

Quei ''pizzini'' da un milione di euro. Sequestrata la ''Società turistica'' di Bernardo Provenzano

20 agosto 2007

Capo indiscusso della mafia siciliana ma nullatenente. Traghettatore di Cosa Nostra dalla stagione stragista a quella dei colletti bianchi ma sempre legato alla campagna e ai principi ''sani'' di una vita d'altri tempi.
Bernardo Provenzano dopo la sua cattura, avvenuta nell'aprile del 2006, ha personalmente detto di non possedere nulla. Ovviamente nessuno ha creduto ad una tale asserzione, e grazie allo studio attento dei tanti, tantissimi ''pizzini'' gli investigatori sono riusciti a scoprire una rete di prestanome che coprivano beni per un valore di un milione di euro.
L'operazione di sequestro degli ingenti beni appartenenti al boss dei boss di Cosa Nostra è stata possibile grazie alle intercettazioni delle sue comunicazioni prima della cattura: un imprenditore, attraverso i classici ''pizzini'', gli aveva chiesto il consenso alla vendita di alcuni immobili, svelando così chi era il reale proprietario.

Il sequestro riguarda una società turistica, tre appartamenti e uno scantinato a San Vito Lo Capo, una delle più note località balneari della costa trapanese. Secondo il provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo, un imprenditore edile, preoccupato del possibile sequestro delle proprietà, aveva deciso di chiedere al boss di Corleone delle istruzioni per la vendita. Le intercettazioni ed il sequestro di alcuni ''pizzini'' diretti a Provenzano hanno chiarito che era lui il proprietario e che, per costituire la società e costruire gli immobili, aveva impiegato capitali accumulati attraverso le estorsioni.
Il residence era solo formalmente intestato a Santo Schimmenti, condannato in primo grado a nove anni di reclusione per associazione a delinquere di stampo mafioso, pena ridotta in appello a sei anni e quattro mesi. Quest'ultimo, proprio per mettere al riparo da iniziative giudiziarie questa parte dei beni del capo di Cosa Nostra, aveva preso a sua volta il posto di un altro prestanome, Giuseppe Lipari, poco prima che fosse arrestato.

L'indagine avrebbe, tra l'altro, confermato i legami d'affari tra Provenzano, Totò Riina e Leoluca Bagarella, nonché il ruolo svolto da alcuni imprenditori nel reimpiego dei proventi illeciti accumulati dal boss in oltre 40 anni di latitanza.
A dicembre si terrà l'udienza per la discussione della misura di prevenzione patrimoniale.

Condividi, commenta, parla ai tuoi amici.

20 agosto 2007
Caricamento commenti in corso...

Ti potrebbero interessare anche

Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia
Registra la tua azienda su Guidasicilia