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Quei resti sono di Fabrizio

Conclusi gli esami del DNA dei resti arrivati dall'Iraq, da parte del consulente della famiglia Quattrocchi

27 maggio 2004

I risultati dell'esame del Dna dei resti umani trovati sul greto del Tigri e subito attribuiti alla salma del prigioniero italiano Fabrizio Quattrocchi  ucciso due mesi fa dalle Falange verdi di Maometto, si è concluso ieri sera nell'istituto di medicina legale dell'Università di Genova. Il direttore dell'istituto di medicina legale, prof. Renzo Celesti, incaricato dalla Famiglia Quattrocchi per avere la certezza di riavere a Genova le spoglie del loro congiunto, non lo ha detto apertamente, ma quelle povere ossa sono proprio di Fabrizio Quattrocchi.
Nelle prossime ore, infatti, comunicherà ufficialmente l'esito ai familiari.

Quindi la famiglia Quattrocchi potrà stare certa di piangere sulla bara del proprio congiunto, senza dover dubitare che quei resti arrivati dall'Iraq non fossero realmente quelli di Fabrizio, quelli che i carabinieri del Ris per conto delle autorità avevano già analizzato dando il medesima risultato che riceveranno oggi dal prof. Celesti.
Sì perché la famiglia non aveva creduto a quel primo risultato, tanto da bloccare, martedì scorso, il carro funebre che stava portando il feretro da Roma a Genova, e che ritornando a ritroso verso la Capitale ha rispettato il volere esplicitato della famiglia: "che la salma non venga trasferita a Genova sino a definizione degli accertamenti, non comprendendo, inoltre, le ragioni della fretta con la quale si sta operando".

Già lunedì, alcuni giornali e alcune televisioni, davano per avvenuto l'arrivo a Genova della salma. Ma i Quattrocchi hanno voluto - per dirla con le parole di un dispaccio Ansa dell'altro ieri - "la certezza matematica" che quel sacchetto di resti corrisponda davvero a Fabrizio. Hanno, dunque  incaricato il professor Renzo Celesti di eseguire una perizia di parte, un Dna che sia, in qualche modo, prova del nove di tutti i Dna che sono stati effettuati sino a oggi. E a tale scopo, il professor Celesti ha chiesto e ottenuto, dai magistrati titolari dell'inchiesta, Franco Ionta e Pietro Saviotti, di poter effettuare altri prelievi.

La famiglia Quattrocchi, insomma, non si è fidata di quelle autorità che per due mesi, quasi quotidianamente, li ha contattati per ripetere la solita litania che non aveva portato a niente, "Non preoccupatevi, stiamo facendo tutto quello che ci è possibile fare", e ha fatto, in piena legittimità, esattamente tutto il contrario di quello che le autorità si sarebbero aspetteti da loro.
Perché la paura che i resti consegnati fossero di un corpo qualsiasi pur di mettere la parola fine sotto questa tragedia, e sulla sulla morte del loro congiunto, qualcuno possa costruire ipotesi tranquillizzanti sulla sorte toccata agli altri tre ostaggi, è più che legittima.

Adesso, come lo stesso prof. Celesti ha detto, ''Il puzzle è stato completato". "Incontrerò i familiari di Fabrizio Quattrocchi domani e non solo comunicherò loro i risultati ufficiali dell'indagine, ma spiegherò anche con accuratezza e semplicità le modalità per cui siamo arrivati a queste conclusioni. In modo che se ne facciano convinti''.
L' indagine condotta al dipartimento di medicina legale di Genova è stata realizzata partendo da zero, senza l'utilizzo della mappatura tracciata dai carabinieri del Ris di Roma. ''Abbiamo lavorato sugli stessi campioni dei consulenti di Roma - ha spiegato il professor Celesti - un frammento della materia spugnosa di una vertebra e uno di un femore. E' giusto che loro si siano presi 60 giorni di tempo, le risposte che devono dare sono più delle nostre''.

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27 maggio 2004
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