Quei segni precursori...
Sulla polemica tra Bertolaso, l'Ingv e il tecnico abruzzese che aveva previsto il sisma
"Non si possono fare previsioni sui terremoti. Ma la zona colpita era stata indicata come una delle maggiori zone a rischio sismico del paese. E quindi, come tale, era sotto osservazione. Ripeto, però, scientificamente nessuno al mondo è in grado di fare una previsione seria e attendibile di quando si verifica un terremoto". Oltre al capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, a dichiarare l'imprevedibilità di un terremoto è anche Enzo Boschi, presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv).
"Dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia nel 2002, l'allora presidente del Consiglio Berlusconi volle istituire una commissione per identificare le zone sismiche italiane a maggior rischio - ha detto Boschi - quale magnitudo si poteva verificare, in base ai dati scientifici, e quindi fare opere di prevenzione. Per contrastare un terremoto, infatti, basta fare in modo che l'edificio sostenga la scossa e la popolazione è di fatto tutelata". "Dopo l'istituzione di questa Commissione (la Commissione Grandi rischi, ndr) - prosegue Boschi - fu fatta la mappa dettagliata delle aree a rischio, una mappa fortemente voluta da Gianni Letta, e l'area de L'Aquila è tra le zone indicate come a maggior rischio. Dopo l'istituzione della Commissione e dopo la realizzazione della mappa bisognava partire con gli interventi sugli edifici. E nel lavoro della Commissione sono indicate tutte le azioni da fare sugli edifici. Provvedimenti che dipendono poi dagli enti locali".
Enzo Boschi, scienziato tra i massimi esperti internazionali di terremoti, ripete che "è falso, è scientificamente falso, poter fare una previsione sui terremoti, quello che si può fare è invece la prevenzione e l'identificazione delle aree a rischio. Tutto questo è stato già fatto dalla comunità scientifica. La mappa delle aree a rischio è pubblicata on line anche sul sito del nostro istituto. Ciò vuol dire che chiunque, banalmente, può tentare di parlare di previsione di scosse sismiche. Questo però - ha concluso -non ha niente a che vedere con un concetto scientifico di previsione di un terremoto. Lo sciame sismico nella zona de L'Aquila dura da mesi, sono fenomeni che noi osserviamo ma che non possono essere considerati un dato per fare una previsione di dove e quando ci sarà una scossa di terremoto dirompente".
I riferimenti di Boschi, mai espliciti, sono ovviamente indirizzati alle polemiche che nelle ultime ore sono nate dopo la previsione fatta dal tecnico dei Laboratori nazionali del Gran Sasso, Giampaolo Giuliani, che nei giorni scorsi aveva sostenuto che lo sciame sismico in corso potesse essere il preannuncio di un evento più forte. Per questo motivo Giuliani aveva ricevuto un avviso di garanzia per procurato allarme.
"E' stato proditoriamente architettato perché io potessi essere messo a tacere, addirittura con un avviso di garanzia - si è sfogato Giuliani intervistato dal quotidiano online Affaritaliani -. Sono stati Boschi e Bertolaso, dai quali vorrò le scuse per tutti i morti che ci sono stati oggi a l'Aquila, perché hanno dichiarato il falso domenica scorsa e ho i testimoni. Le loro dichiarazioni sono false. La mia previsione purtroppo era giusta". Però non l'hanno ascoltata...? "Ma figuriamoci se questi ascoltano qualcuno. Figuriamoci. Non mi faccia dire di più, già ho un avviso di garanzia in corso, sicuramente mi faranno...".
Dalla Protezioni civile, però, si respinge ogni accusa. "Non abbiamo sottovalutato il problema. Nei giorni scorsi si è riunita la commissione sismica Grandi rischi e nel verbale redatto, com'è logico che sia, non hanno ritenuto di lanciare alcun allarme sull'arrivo di terremoti", ha ribadito il portavoce della Protezione civile Luca Spoletini.
In un' intervista ad una emettente televisiva locale Gliuliani aveva parlato del suo lavoro presso il laboratorio e della messa a punto di uno strumento chiamato "Precursore sismico", che permetterebbe di rilevare con un anticipo di 6-24 ore l'arrivo di un terremoto e che sarebbe basato sull'esame del comportamento del Radon all'interno del terreno. L'emissione di gas radon da parte delle rocce sotto stress, le perturbazioni del campo elettromagnetico, la presenza di uno sciame di piccole scosse, perfino gli scricchiolii e i gemiti che il sottosuolo produce quando la sua resistenza è sul punto di esaurirsi, o il nervosismo degli animali, sono segnali premonitori cui gli scienziati prestano ascolto. Ma si tratta di indizi che, dicono gli esperti della comunità scientifica, non si possono utilizzare per prendere misure concrete. [Informazioni tratte da Adnkronos/Ing]
LE SPIE CHE ANNUNCIANO IL SISMA
di Franco Foresta Martin (Corriere.it, 07 aprile 2009)
La previsione dei terremoti? Somiglia ad un miraggio. Ogni tanto qualche ricercatore pensa di esserci giunto a un passo, ma in quello stesso istante tutto sfuma e si allontana. E' così da trent'anni, per limitarci al periodo in cui le ricerche sulla previsione sismica hanno conosciuto un maggiore impulso. A turno, alcuni fenomeni che effettivamente precedono e accompagnano le crisi sismiche sono stati indicati come efficaci segnali premonitori. La frenetica agitazione di animali da cortile come cani, gatti, polli e mucche. Le variazioni di livello di fluidi sotterranei che si evidenziano, per esempio, come oscillazioni di acqua nei pozzi. I cupi boati che preannunciano la rottura delle faglie per effetto delle tensioni accumulate nella crosta terrestre. Saette, globi e altri fenomeni luminosi che solcano l'atmosfera elettrizzata.
Il figlio dell'uranio - E poi c'è il radon, di cui tanto si parla in questi giorni: questo gas figlio dell'uranio radioattivo che può emergere dal sottosuolo in quantità superiori alla norma, quando la dinamica interna del nostro pianeta piega e comprime le rocce fino a spezzarle. Lo stesso radon, per inciso, che in alcune aree della nostra penisola, come nel Viterbese, diventa problema sanitario se penetra e ristagna nei piani bassi delle abitazioni, perché può provocare il cancro ai polmoni. «L'errore commesso da alcuni ricercatori che si sono impegnati negli studi di previsione sismica è stato credere che ci fosse una relazione univoca di causa ed effetto fra la comparsa di uno di questi fenomeni e la scossa di terremoto. E, invece, non si tratta di indizi sufficienti - commenta il sismologo Massimo Cocco, dirigente di ricerca dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) -. Ci hanno provato in tanti a seguire questa strada, col risultato che molte volte c'erano i presunti segnali premonitori e poi non arrivava il terremoto, molte altre il terremoto colpiva improvvisamente, senza essere preceduto da alcun segnale, e solo occasionalmente si sono verificati insieme precursori e sisma».
L'annuncio americano - Gli americani ci hanno sbattuto la testa per primi, annunciando, in alcuni articoli scientifici apparsi all'inizio degli anni 80, che la previsione deterministica, cioè la capacità di predire dove e quando di un terremoto, era dietro l'angolo, grazie all'individuazione di preavvisi naturali affidabili. Ma è stato proprio quel grande laboratorio naturale di scuotimenti tellurici che è la California a deludere le aspettative. Poi c'è stata la mobilitazione degli scienziati giapponesi, che pensavano di risolvere il problema con un apparato osservativo tecnologicamente sofisticato e capillare; ma la loro ondata di studi e di monitoraggi si è infranta contro il disastro di Kobe del 1995: oltre 5.000 morti, una magnitudo di 7,3 Richter che si è fatta beffa di molte costruzioni antisismiche e, manco a dirlo, nessun precursore utile ad attenuare il disastro.
Le galline cinesi - Si racconta anche che, presi dall'esaltazione maoista, a preannunciare l'arrivo di terremoti catastrofici, ci avevano provato i cinesi negli anni 70, affidando alle guardie rosse l'osservazione minuta del territorio a caccia di presagi di tipo rurale: galline impazzite, bisce che sgusciano dal terreno e zampilli di acqua inattesi. Col risultato che una volta gli è andata bene: ad Haicheng, nel febbraio 1975, quando effettivamente fecero evacuare i villaggi prima di un forte terremoto che spianò il 50% delle povere abitazioni. Ma le volte successive non funzionò. Tanto che il 28 luglio 1976 la regione di Tangshan accusò oltre 300.000 morti in quello che viene considerato il più distruttivo sisma del secolo. Solo gli abitanti della zona di Qinglon, dove i segnali premonitori si erano evidenziati, poterono sfuggire al disastro, a dimostrazione che non si tratta di fenomeni ubiquitari e costanti. Ma se hanno fallito le tecnologie di monitoraggio più avanzate, assieme a quelle più naif, allora che speranze abbiamo di arrivare a previsioni sismiche almeno altrettanto efficaci come quelle meteorologiche, con un sismologo che ci sconsigli di dormire per una notte sotto il nostro tetto a rischio di crolli? «Le speranze ci sono, eccome - incoraggia Gianluca Valensise, un altro dirigente di ricerca dell'Ingv, esperto in "strutture sismogenetiche" -. Esse stanno nel fatto che già oggi siamo in grado di dire con precisione dove si scatenerà il terremoto e con quale intensità massima; al quando ci arriveremo a poco a poco, affinando gli studi». Valensise si riferisce agli studi che permettono di individuare le faglie che generano i terremoti e di capire, attraverso indagini storiche e geologiche, come e quando esse si sono mosse nei tempi passati. «Per esempio la faglia di circa 10 chilometri che ha generato il terremoto dell'Aquila rappresentava una lacuna ferma da tempo immemorabile, posta fra un'altra faglia più a nord che aveva provocato un terremoto nel 1703 e una più a sud responsabile di un terremoto nel 1300. Dunque era legittimo aspettarsi che anche questa faglia-lacuna, prima o poi, si dovesse attivare».
Gli studi sulle faglie - Ma prima o poi quando? Una risposta meno vaga, promettono sia Cocco che Valensise, potrà venire dall'approfondimento degli studi sulle faglie sismogenetiche, che ci stanno portando a formulare delle previsioni di tipo probabilistico. Si potrà sapere, per esempio, che il terremoto, in quella certa zona sismica lacunosa, avverrà con la probabilità del 50% entro un anno. Non si potrà tenere lontana la popolazione dalle proprie abitazioni per 365 giorni ma, in un Paese moderno e previdente, tanto dovrebbe servire a mettere in sicurezza il territorio con opere di consolidamento degli edifici più vulnerabili. Quanto al radon e agli altri precursori, suggerisce Cocco, forse bisognerà seguire l'esempio dei giapponesi che, dopo la mazzata di Kobe, hanno deciso di rifondare il loro sistema di osservazioni, andando a caccia di altri indicatori geofisici più efficaci e affidabili; e dei californiani, i quali hanno lanciato un programma internazionale intitolato «Studi collaborativi per la prevedibilità dei terremoti». E a quest'ultimo l'Italia, attraverso l'Ingv, ha prontamente aderito, nella speranza che dal coordinamento degli sforzi internazionali arrivi la soluzione del problema.