Quel blitz mai effettuato
Il procuratore Gian Carlo Caselli fermò il blitz nel covo dell'ex boss Totò Riina dopo il suo arresto
A seguito del clamoroso arresto dell'ex boss di Cosa nostra, Totò Riina, avvenuto nell'inverno del 1993, successero vicende molto ambigue. Da parte dei carabinieri, subito dopo l'arresto del boss corleonese, avrebbe dovuto esserci un blitz nel suo covo, la villa sita nel residence di via Bernini a Palermo, luogo dove con molta probabilità potevano trovarsi documenti importanti, utili per scompaginare ancora di più la fitta rete di uno dei clan più terribili della storia della mafia siciliana.
Tale blitz inspiegabilmente non venne effettuato, e i carabinieri entrarono dentro quella casa dopo molto tempo, tanto che la ritrovarono completamente vuota e addirittura totalmente reimbiancata di tutto punto.
Per l'inquietante e assurdo svolgimento di questa operazione, venne istituito un processo che vede tutt'ora imputati il prefetto Mario Mori, allora direttore del Sisde, e il tenente colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, meglio conosciuto come ''Capitano Ultimo''.
''E' stato il procuratore Caselli a fermare il blitz che doveva essere effettuato il 13 gennaio '93 nel residence di via Bernini dal quale era stato visto uscire Totò Riina''.
E' questa l'affermazione di Luigi Patronaggio, ex pm della Dda di Palermo, che nel giorno dell'arresto del latitante Riina a Palermo era il magistrato di turno.
Ieri Patronaggio ha deposto al processo che vede imputati il prefetto Mori e il tenente colonnelloDe Caprio, entrambi accusati di favoreggiamento nei confronti di Cosa nostra per avere ritardato la perquisizione nel covo di Riina.
''Fui avvisato dell'arresto di Riina - ha detto Patronaggio - direttamente da Caselli, che aveva ricevuto una telefonata dai carabinieri del Ros con i quali era in contatto diretto. Caselli ha gestito tutta l'operazione, ed era solo lui quello che aveva rapporti con Mori e De Caprio e tutti quelli del Ros''.
Caselli, allora procuratore capo di Palermo, prese questa decisione dopo essersi consultato in particolare con ''l'allora capitano De Caprio che parlò con il colonnello Mori''. ''Quando Caselli mi disse di non effettuare la perquisizione - ha ricostruito Patronaggio - mi spiegò che la richiesta arrivava dal Ros e siccome c'era e c'è fiducia totale in De Caprio e Mori e l'indicazione proveniva da due operatori qualificati, non ho avuto nulla da obiettare''.
''Intorno alle 14 del 15 gennaio '93 - ha ricostruito il giudice Luigi Patronaggio, adesso in servizio ad Agrigento - i carabinieri del reparto territoriale di Palermo erano già pronti per effettuare la perquisizione al residence di via Bernini. Non conoscevamo la villa dalla quale era uscito Riina e per questo ci accingevamo a perquisirle tutte. Ma quando eravamo nel cortile della caserma, con le auto già incolonnate e pronte a uscire, e gli elicotteri pronti per decollare, Caselli mi bloccò dicendomi di avere appreso da Mori che la perquisizione non era tecnicamente opportuna, perché le indagini avrebbero dovuto proseguire in segreto la perquisizione non si poteva effettuare, facendomi intendere, in poche parole, che la villa era ancora sotto controllo. E per questo il blitz venne annullato. Per me comunque era sottinteso che anche se la perquisizione non sarebbe stata fatta, sarebbe proseguita l'attività di osservazione del complesso residenziale''.
Patronaggio durante la sua deposizione ha sottolineato che vi furono molte perplessità espresse dai carabinieri del reparto territoriale di Palermo sul fatto che la villa non sarebbe stata perquisita.
Inoltre Patronaggio ha ricordato che due giorni dopo l'arresto di Riina in procura iniziarono ad esserci ''campanelli di allarme'' su quanto era avvenuto subito dopo la cattura del boss latitante.
Inquietanti anomalie amplificate dall'arrivo indisturbato a Corleone della moglie di Riina, Ninetta Bagarella, insieme ai figli. ''Questo episodio - ha raccontato Patronaggio - ci fece molto allarmare perché da quel momento in procura venne alla luce che dietro l'arresto c'era qualche problema''. ''Il filmato girato dal Ros davanti l'ingresso del residence in cui si vedeva uscire Riina - ha spiegato ancora Patronaggio - si fermava lo stesso giorno dell'arresto del latitante. Il video venne visionato allora dal collega Vittorio Teresi e anche lui, come noi, ha avuto delle perplessità, perché ad un certo punto del pomeriggio del 15 gennaio la registrazione si interrompeva''. Insomma un vero e proprio ''black out'' di notizie nelle 48 ore successive alla cattura di Riina.
Il procuratore di Torino Gian Carlo Caselli, ieri a Palermo perché ospite della Settimana alfonsiana, non ha voluto commentare la deposizione del giudice Patronaggio: ''Prendo atto - ha detto ai giornalisti - del resoconto dell'udienza riportato dalle agenzie di stampa. Ma non posso dire nulla perché in questo processo sono anch'io testimone. Quindi, se avrò qualcosa da dire lo dirò in aula, non certo fuori da quella sede''.