Quel giorno di marzo i rapitori di Giuliana Sgrena dissero agli americani che stava arrivando un'autobomba
La trappola dello sceicco
di Giovanni Bianconi (Corriere.it)
Forse è stata una trappola. Un marchingegno assassino ideato dagli stessi rapitori di Giuliana Sgrena. O forse è solo una giustificazione costruita dopo, per fornire un alibi agli sparatori dell'esercito americano. Fatto sta che agli atti dell'inchiesta della magistratura romana sull'omicidio di Nicola Calipari c'è la testimonianza di un uomo che dice di conoscere un drammatico e inquietante retroscena sul ''fuoco amico'' che uccise il dirigente del Sismi sulla strada dell'aeroporto di Bagdad, mentre tentava di riportare a casa la giornalista del manifesto appena liberata.
E che ne attribuisce la responsabilità agli organizzatori del sequestro: volevano un finale col sangue, e l'hanno avuto, avvisando gli americani che contro di loro stava arrivando un'autobomba. ''Il fatto che la macchina con l'ostaggio appena rilasciato si sia subito diretta verso l'aeroporto è stato di grande aiuto'', ha rivelato l'uomo.
Ma è una versione tutta da verificare. Solo un'indagine completa e trasparente potrebbe aiutare a farlo, ma per questo servirebbe che gli Stati Uniti fornissero quella collaborazione che finora è mancata. Tutte le rogatorie inviate per fare luce sui fatti del 4 marzo 2005 sono rimaste senza risposta, come non fossero mai state trasmesse. Silenzio totale. Anche sulla possibilità di interrogare questo nuovo testimone del ''caso Calipari''.
L'uomo si chiama Mustafa Mohamed Salman, ed è detenuto in una prigione irachena. È stato arrestato lo scorso anno, e tra le accuse che pendono sul suo capo c'è quella di aver partecipato al sequestro di Margaret Hassan, la cittadina inglese responsabile dell'organizzazione umanitaria Care International in Iraq, rapita a Bagdad il 19 ottobre 2004 e uccisa meno di un mese dopo: il 16 novembre la tv Al Jazira annunciò di aver ricevuto il video della sua esecuzione. Il corpo della Hassan non è mai stato trovato, ma Salman e i suoi complici erano in possesso di alcuni oggetti appartenuti alla donna. Di qui l'accusa, cui è seguita una sorta di ''collaborazione'' con le autorità locali da parte di Salman. Il quale ha raccontato che i rapimenti della Hassan e delle giornaliste di Libération Florence Aubenas (5 gennaio-11 giugno 2005) e del manifesto Giuliana Sgrena hanno avuto un'unica regia. La parte delle dichiarazioni di Salman sul sequestro Sgrena è giunta agli investigatori italiani, e lì c'è il racconto della trappola organizzata - secondo il testimone - dal ''regista'': l'imam della moschea sunnita che Giuliana Sgrena doveva incontrare il 4 febbraio 2005, lo sceicco Hussein. Fu lui a svelare a Salman la falsa soffiata culminata nel ''fuoco amico'' che un mese dopo uccise Nicola Calipari.
Parlando della liberazione della giornalista italiana il testimone ha dichiarato: ''Lo sceicco Hussein mi ha riferito che avevano contattato gli americani presso un check-point sulla strada per l'aeroporto e di averli informati di un'autobomba diretta verso di loro. Lo sceicco forniva agli americani il modello della macchina e il suo colore, e questo ha portato all'incidente''. Salman ha spiegato che il rilascio della Sgrena - fu abbandonata a bordo di una macchina, alla quale si avvicinò Calipari che condusse la donna alla Toyota Corolla affittata poche ore prima con la quale lui, la giornalista e un altro funzionario del Sismi si diressero subito verso lo scalo aereo - fu controllato a distanza da alcuni uomini della banda; di qui la possibilità di trasmettere agli americani i particolari dell'auto che volevano segnalare. E poi la considerazione finale: il fatto che quella macchina si presentò poco dopo sulla Route Irish dov'era piazzato il posto di blocco 541 ''fu di grande aiuto''.
Il racconto di Salman offre dei particolari anche sul rapimento della Sgrena, pianificato a suo dire fin da quando lo sceicco Hussein aveva fissato l'appuntamento con la giornalista in moschea. Bisognava farlo perché le truppe italiane sono considerate forze di occupazione, al pari di quelle inglesi colpite attraverso il sequestro di Margaret Hassan. Secondo la versione del prigioniero, l'imam aveva avvertito i suoi uomini della visita, raccomandando loro di sistemarsi a una certa distanza per evitare un collegamento diretto con lui. Salman fornisce anche i nomi di due presunti rapitori: Issad e Naser. Un mese più tardi, insieme alla liberazione dell'ostaggio lo sceicco avrebbe anche orchestrato la trappola, in modo da provocare la reazione americana che ha ucciso Calipari. Naturalmente il racconto di Salman ha bisogno di molte verifiche; anche per accertare che non sia stato pianificato a tavolino per giustificare la sparatoria. Per adesso è contenuto in un rapporto dei carabinieri, ma perché acquisti qualche valore nell'inchiesta della Procura di Roma va replicato in una rogatoria finora negata, come tutte le altre inviate dal ministero della Giustizia italiano alle autorità irachene e americane. Senza le formalità e le garanzie imposte dalla legge, questa versione non può incidere sulla ricostruzione ufficiale dei fatti. Finora gli Stati Uniti non hanno collegato i colpi sparati dal soldato speciale Mario Lozano, indagato dalla magistratura romana per omicidio volontario, a un allarme così specifico come quello riferito da Salman. Nelle conclusioni redatte dagli americani che i rappresentanti italiani della commissione d'inchiesta congiunta si sono rifiutati di firmare si dice solo della ''soglia di attenzione dei soldati particolarmente alta a causa di due 'stati d'allerta' relativi a veicoli esplosivi, uno per un'auto nera, uno per un'auto bianca''. Nessun accenno al modello, come invece riferisce il testimone iracheno. Inoltre l'auto con Calipari, la Sgrena e l'altro uomo del Sismi a bordo non era né bianca né nera, ma color grigio metallizzato. A parte queste spiegabili discordanze, bisognerebbe chiarire se una delle due segnalazioni era quella attivata dallo sceicco Hussein. Ammesso che il prigioniero Salman abbia detto la verità, e che lo sceicco gli abbia davvero confidato di aver orchestrato quella diabolica trappola.