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Quel no al 41-bis per 5000 detenuti mafiosi

L'ex direttore del Dap, Niccolò Amato, sulla presunta trattativa Stato-mafia

11 febbraio 2012

«Il 30 luglio 1992 proposi al ministro Martelli un decreto per mettere al carcere duro più di cinquemila detenuti per reati di mafia, ma non ebbi risposta». È quanto affermato l'ex direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria Niccolò Amato in un'intervista pubblicata sul sito di Servizio Pubblico.
Amato rivela di avere inviato un appunto al ministro della Giustizia pochi giorni dopo la strage di via D'Amelio. Nel documento, acquisito di recente dai magistrati di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia, l'ex direttore del Dap individuava 121 carceri e sezioni di penitenziari in cui applicare il regime del carcere duro: «Era una soluzione efficace - dice - ogni mafioso arrestato l'avrei potuto mandare subito al 41bis senza aspettare i singoli decreti. Il ministro però stranamente girò la mia proposta a Liliana Ferraro, che dopo la morte di Falcone dirigeva gli Affari penali. Sia lei che l'ufficio legislativo espressero riserve, e Martelli non rispose alle mie ulteriori sollecitazioni. Così la mia proposta di 41bis generalizzato per tutti i detenuti di mafia cadde nel limbo dell'indifferenza».

Sull'argomento Amato chiama in causa anche l'ex ministro degli Interni Nicola Mancino. «Quando Conso subentrò a Martelli - prosegue - io lo rimproveravo perchè sull'applicazione di alcuni 41bis che io gli avevo chiesto, lui aveva interpellato Mancino. Giovanni, gli dicevo, ma queste cose le dobbiamo decidere noi, perchè le chiediamo, perchè le dobbiamo chiedere?».
In merito invece alla sua sostituzione alla guida del Dap avvenuta nel giugno del '93 Amato aggiunge: «Fu la mafia a volere la mia destituzione. Nel febbraio '93 un gruppo anonimo di mafiosi scrisse una lettera al presidente Scalfaro in cui dicevano di farla finita con Amato e i suoi squadristi. Pochi giorni prima della mia cacciata il presidente Scalfaro convocò al Quirinale l'ispettore dei cappellani don Curioni e il suo segretario don Fabio e disse loro: «Basta con Amato!. Il 26 giugno Capriotti e il suo vice Di Maggio proposero a Conso l'assoluto ribaltamento della mia politica penitenziaria. In pochi mesi i detenuti di mafia al 41bis, da 1300 si ridussero a circa 536».
Amato, infine, racconta che dopo avere lasciato il Dap chiese al ministro degli interni Mancino un posto da prefetto ma questi glielo negò: «Allora, non potendo più fare il magistrato, decisi di fare l'avvocato. Ho difeso Vito Ciancimino nel 1994, ma lasciai l'incarico perchè non mi pagava», conclude.

«Siamo costernati e gravemente provati davanti a uomini dello Stato che scappano davanti alle proprie responsabilità mentre diventano loquaci quando si tratta di fare le star». In una nota Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell'associazione vittime della strage di via dei Georgofili, dopo le dichiarazioni dell'ex direttore del Dap chiede ad Amato «e con lui a quanti servitori dello Stato non hanno potuto essere sentiti nel processo Tagliavia per le stragi del 1993, di presentarsi in giudizio di appello al processo Tagliavia davanti alla corte di Assise di Appello di Firenze». «Noi - aggiunge Chelli - non abbiamo avuto il piacere di ascoltare Niccolò Amato al tempo del massacro dei nostri figli, raccontarci la sua sulla gestione del 41 bis all'epoca dei fatti. Infatti durante il processo Tagliavia, Niccolò Amato ha inviato un certificato medico il giorno in cui dovevamo ascoltarlo in aula a Firenze, ha invocato una grave malattia e la Corte di Firenze ha deciso di non ascoltarlo più. Niccolò Amato a sorpresa ha rilasciato una interessante e alquanto inquietante intervista ad un organo di informazione che l'ha lanciata su You Tube. L'ex direttore del Dap Amato doveva venire in aula a Firenze a raccontarla a noi la sua verità, perché siamo noi le vittime degli errori dello Stato che Niccolò Amato ha servito al tempo in cui i nostri figli sono stato massacrati. Altrimenti doveva tacere perché siamo stufi di servire da carne da macello anche da parte di chi deve levarsi i sassolini dalle scarpe».

[Informazioni tratte da Corriere del Mezzogiorno]

- "Così fecero scadere 41 bis per 334 mafiosi" (Guidasicilia.it, 27 dicembre 2011)

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11 febbraio 2012
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