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Quell'anomalo verbale del pentito Scarantino

I magistrati di Caltanissetta al lavoro per accertare se dietro alle menzogne di Vincenzo Scarantino ci sia la mano di un investigatore corrotto

31 luglio 2009

Gaetano Murana, Giuseppe La Mattina, Cosimo Vernengo e il boss Pietro Aglieri, condannati, a vario titolo, per la strage di via D'Amelio, si costituiranno parte civile contro l'ex collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino e contro Salvatore Candura, indagati ora dalla Procura di Caltanissetta per calunnia.
Il loro racconto delle fasi preparatorie dell'attentato in cui morì il giudice Paolo Borsellino e del summit in cui Totò Riina avrebbe annunciato l'intenzione di eliminare il magistrato mostra contraddizioni e lacune.
A indurre i pm a rivedere le dichiarazioni di Scarantino e Candura sono state le rivelazioni di Gaspare Spatuzza, ex reggente del mandamento di Brancaccio, aspirante collaboratore di giustizia, che ha 'riscritto' parte della storia dell'eccidio di via d'Amelio. Il legale di Murana, La Mattina, Vernengo e Aglieri, l'avvocato Rosalba Di Gregorio, ha inviato in carcere ai suoi clienti la lettera di nomina per la costituzione di parte civile.

L'inchiesta per calunnia a carico di Scarantino e Candura non è l'unica iniziativa della Dda nissena che sta indagando per accertare se, dietro alle menzogne di Scarantino, ci sia la mano di un investigatore che avrebbe indotto l'ex spacciatore della Guadagna a fornire una versione falsa di alcuni aspetti dell'attentato. In particolare, i magistrati stanno concentrando l'attenzione su un verbale di interrogatorio, reso da Scarantino nel 1994, pieno di annotazioni a margine che sarebbero state fatte da un poliziotto. L'agente, già interrogato dai giudici del processo per la strage, ha sostenuto che fu Scarantino a dettargli le note; mentre il pentito, nel 1998, disse che le scritte erano state fatte per fargli ripassare la versione da dare.

Tra indagini per presunti depistaggi, false dichiarazioni e misteri, intanto, potrebbero tornare davanti all'autorità giudiziaria stralci dei due processi Borsellino uno e bis, già passati in giudicato. La procura di Caltanissetta sta valutando l'ipotesi di chiedere, attraverso la procura generale, la revisione dei dibattimenti, almeno per le posizioni degli imputati accusati da Scarantino. L'esistenza di un verbale d'interrogatorio del 1994, reso da Scarantino, pieno di annotazioni a margine che sarebbero state fatte da un poliziotto, era agli atti del Parlamento da oltre dieci anni. Nel febbraio del 1999, infatti, il senatore Pietro Milio della lista Pannella, presentò un'interrogazione ai ministri della Giustizia e dell'Interno su quel verbale "anomalo" che ha portato all'avvio di nuove indagini da parte della Procura di Caltanissetta. I magistrati hanno già interrogato l'agente, ipotizzando un tentativo di depistaggio nell'inchiesta sulla strage di via D'Amelio. Milio, avvocato penalista, difensore in alcuni processi dell'ex funzionario del Sisde Bruno Contrada e dell'ufficiale del Ros Mario Mori, denunciò al Senato "che nel corso dei processi per la strage di via D'Amelio la difesa del pentito Vincenzo Scarantino, sulle cui dichiarazioni si basa il processo, ha prodotto verbali di interrogatorio resi alla procura di Caltanissetta dallo stesso Scarantino, che risultano infarciti di 'segnalibri' ed annotazioni, con indicate circostanze, nomi e fatti diversi da quelli già narrati e poi, nei successivi suoi interrogatori, 'adeguati' opportunamente". "Scarantino - dichiarò in quell'occasione Milio - ha addirittura prodotto atti e documenti non firmati e da lui acquisiti durante il periodo in cui è stato sottoposto a regime di rigorosa protezione. Per questo ho chiesto ai ministri se non ritengano di dover disporre una seria indagine ispettiva anche al fine di accertare come lo Scarantino abbia potuto disporre - e chi gliela abbia data - della copia degli interrogatori, quasi tutti annotati, mentre la difesa degli imputati ha avuto, a suo tempo, rilasciate soltanto copie parziali e quali provvedimenti intende adottare ove venissero rilevate condotte illecite".
Quell'interrogazione, presentata ai ministri del governo di centrosinistra presieduto da Massimo D'Alema "non ebbe mai alcuna risposta", come sottolinea oggi l'ex parlamentare della lista Pannella. "Ebbi modo di vedere personalmente copia di quel verbale d'interrogatorio - ricostruisce Milio - attraverso uno dei difensori degli imputati. Ricordo che rimasi sconcertato di fronte a quegli appunti e a quelle annotazioni scritte a matita. Sono contento che oggi, sia pure a distanza di 10 anni, qualcuno abbia le mie stesse perplessità di allora". Milio commenta infine gli ultimi sviluppi sull'indagine riguardante la strage di via D'Amelio: "Più che i suggeritori occulti - afferma - basterebbe individuare quelli palesi".

Intanto, mentre sembra ormai chiaro che "il vento sta cambiando" sulle indagini della strage di Via D'Amelio, la madre di Scarantino continua a ripetere che suo figlio fu costretto a dire il falso. "Mio figlio non c'entra niente. L'hanno costretto a dire cose non vere e ad accusare gente innocente. Erano tutte invenzioni. Noi familiari sapevamo che Enzo era innocente e per questo avevamo protestato pubblicamente nel '94". A 17 anni di distanza dall'arresto di suo figlio, Giuseppa De Lisi, 75 anni, conferma le sue convinzioni di allora e commenta positivamente le notizie sulla nuova inchiesta sulla strage in cui morirono Paolo Borsellino e i 5 poliziotti di scorta. "L'abbiamo sempre detto, qui tutti lo sanno. Ha accusato persone assolutamente estranee ai fatti, persone che conosceva ma che con le stragi non c'entravano niente". Scarantino accusò anche Salvatore Profeta, suo cognato, presunto mafioso, che è stato poi condannato all'ergastolo per la strage di via D'Amelio. "Sono stati poliziotti e magistrati, a costringere mio figlio a dire cose false - aggiunge la madre di Scarantino -. Nessuno ha mai fatto niente né a me né alla mia famiglia perché tutti sanno che non è colpa di mio figlio. Non abbiamo mai avuto ritorsioni, minacce. In carcere lo trattavano malissimo, facevano la pipì nel suo cibo, lo insultavano, lo picchiavano. Poi lo costrinsero a parlare. Lui si spaventava per la moglie e i bambini e così parlò. Spero che si arrivi alla verità e che gli innocenti tornino liberi".

[Informazioni tratte da ANSA]

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31 luglio 2009
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