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Quella grande disponibilità che le banche riservano alla mafia. La grave denuncia del questore di Palermo

30 marzo 2007

Una denuncia pesante e che sconforta, quella fatta dal questore di Palermo, Giuseppe Caruso, nel corso di un'audizione davanti alla Commissione parlamentare antimafia, che nei giorni scorsi lo ha convocato, insieme al collega di Napoli Oscar Fioriolli, per fare il punto sull'applicazione delle leggi sul sequestro e la confisca dei beni alla criminalità organizzata.
''Le banche, spesso disponibili verso i mafiosi, chiedono allo Stato garanzie più onerose di quelle domandate agli stessi mafiosi'' ha detto Caruso, che ha lamentato anche la ''scarsa collaborazione'' degli istituti di credito con le forze di polizia nei procedimenti per ottenere la confisca dei beni ai clan. Il questore, infatti, ha portato come esempio l'esperienza fatta a Palermo da alcuni giudici che hanno assunto l'amministrazione diretta di aziende sequestrate alla mafia (garantendo così tra l'altro il mantenimento dei posti di lavoro), e degli ''ostacoli'' che questi hanno incontrato nel reperimento di finanziamenti.
Un comportamento, quello degli istituti di credito, che finisce con l'allungare i tempi e che andrebbe colpito con ''sanzioni di natura economica''.

Giuseppe Caruso - che tra l'altro ha suggerito l'utilizzo immediato delle autovetture sequestrate ai mafiosi, magari assegnandole alle forze di polizia o adibendole a servizi di pubblica utilità come il trasporto di persone handicappate - ha, inoltre, posto l'attenzione sul mondo imprenditoriale, che troppo spesso trae vantaggi dalla connivenza con Cosa nostra nell'aggiudicazione degli appalti. ''Da molte indagini è emerso che spesso l'accordo con la mafia è ricercato dallo stesso imprenditore''; un fenomeno che rappresenta ''un grave fattore di condizionamento e squilibrio del mercato''.

Un allarme sui tempi troppo lunghi per il sequestro dei beni alla camorra, dovuti al ''numero esiguo'' dei magistrati che se ne occupano a Napoli, è stato lanciato (dati alla mano) dal questore del capoluogo campano: ''I beni vanno sottratti in tempi rapidi e quando hanno ancora un valore economico. Noi invece sequestriamo aziende che al momento dell'utilizzazione non valgono più niente. E questa è una sconfitta per lo Stato''.
Nel capoluogo campano nel 2004 dopo la cosiddetta guerra di Scampia fu istituita una task force per il sequestro dei beni alla criminalità organizzata: l'unità ''ha dato un grande impulso'', ha riferito il questore Fioriolli, tant'è che ''abbiamo triplicato le nostre proposte di sequestro'', schizzate nel 2005 a 86, a fronte delle 13 di tre anni prima. Ma non si è avuto ''altrettanto impegno'' dall'autorità giudiziaria. ''La nostra azione è stata vanificata'' ha lamentato il questore, riferendo che meno della metà di quelle proposte sono sfociate in un sequestro.

I dati, gli allarmi, le richieste poste dai questori di due delle città più problematiche d'Italia, in conclusione hanno fatto emergere qual'è uno dei motivi che negli ultimi anni hanno fatto disaffezionare la popolazione dal concetto legalità: la causa rimane quella della lentezza legislativa, nonché la sua erronea formulazione e attuazione. Troppo spesso, infatti, le forze dell'ordine e i magistrati, dopo indagini lunghe e complesse e che, non dimentichiamoci, hanno un costo, vedono annichiliti tutti gli sforzi dalla legislazione che, con complice incapacità, diventa di fatto tutore della criminalità.

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30 marzo 2007
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