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Quella revoca del 41 bis nel '93

L'ex direttore del Dap, Nicolò Amato, ieri è stato sentito dai magistrati della Dda di Palermo

19 novembre 2010

E' durato quasi 4 ore l'interrogatorio dell'ex direttore del Dap, Nicolò Amato, ieri davanti ai magistrati della Dda di Palermo, nell'ambito delle indagini sulla trattativa tra lo Stato e Cosa nostra. Il verbale, al termine dell'interrogatorio, è stato secretato dai pm.
Amato ha spiegato al procuratore aggiunto Antonio Ingroia e ai pm Antonino Di Matteo e Paolo Guido i motivi che lo hanno spinto nel '93 a chiedere la revoca del carcere duro, il 41 bis per i detenuti mafiosi. I magistrati hanno deciso di ascoltarlo dopo il documento redatto dallo stesso ex capo del Dap e indirizzato all'allora Guardasigilli in cui si chiedeva la revoca del 41 bis (LEGGI). E' stato, di recente, l'ex ministro della Giustizia Giovanni Conso a parlarne davanti alla commissione nazionale antimafia. In quella occasione Conso disse di avere deciso di non rinnovare il 41 bis a 140 boss mafiosi "in assoluta autonomia".

Davanti ai pm Amato ha ribadito con forza di non avere "mai saputo niente della trattativa" tra lo Stato e Cosa nostra, di averne appreso "solo dai giornali" e che la sola idea "lo ripugna perché è una cosa oscena". Ha confermato anche con fermezza che riscriverebbe oggi il documento nel quale chiedeva la revoca del 41 bis per i mafiosi ("Porca miseria, era scritto benissimo...") e ha annunciato una querela "per calunnia" per Massimo Ciancimino.
Nel corso dell'interrogatorio Amato ha parlato di "pressanti insistenze" da parte del Viminale per ottenere la revoca dei decreti del 41 bis per le carceri di Secondigliano e Poggioreale. Il 12 febbraio del 1993, un mese prima che l'allora direttore del Dap Nicolò Amato scrivesse il documento in cui chiedeva al Guardasigilli Giovanni Conso di revocare il 41 bis, si era riunito al Ministero dell'Interno a Roma il Comitato per l'Ordine e la Sicurezza pubblica in cui furono espresse delle riserve sulla durezza del carcere duro per i mafiosi. Sarebbe stato soprattutto l'allora capo della Polizia Vincenzo Parisi a parlare di "eccessiva durezza" del 41 bis.
Parlando dell'appunto del 6 marzo del 1993, oggi a distanza di 17 anni l'ex direttore del Dap ha spiegato: "Si è tanto parlato di questo mio appunto, ho sempre sostenuto che la reazione durissima contro la mafia, del 41 bis, dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio era imposta. Ma penso che il 41 bis, come l'articolo 90, sono configurati dalla legge come strumenti temporali per motivi di ordine pubblico. Nel documento ho fatto proposte che sono contro la mafia. Chi legge questo appunto si rende conto che se avessero fatto nel 1993 quello che io proponevo al ministro, la risposta alla mafia sarebbe stata molto più dura". "Innanzitutto, se si ritiene che sia giusto che i detenuti di mafia abbiano un trattamento più restrittivo, non serve il 41 bis, ma serve che con una legge approvata in tre giorni, sia previsto che questi detenuti abbiano un trattamento più limitato". E ha aggiunto: "Io nel 1993 dissi una cosa importante, che ora è stata applicata a distanza di quindici anni: se vogliamo davvero impedire il collegamento tra i mafiosi e l'esterno, basta registrare i colloqui. Questa cosa non è stata fatta all'epoca, adesso sì".
A chi gi ha chiesto se oggi riscriverebbe il documento di 17 anni fa, Amato ha sorriso e serafico ha risposto: "L'ho riletto proprio pochi giorni fa, dopo le dichiarazioni del ministro Conso e mi sono detto, 'porca miseria ma è scritto proprio bene'. Certo che lo rifarei, ma ho scritto delle cose che nessuno ha letto e che nessuno ha capito. E' meno comprensibile che nessuno continui a capire e a leggere ciò cho scritto perché presentare il documento identificato nelle due righe in cui dico che è opportuno revocare il 41 bis non è giudizioso, è stato estrapolato da un contesto più ampio. Ma in Italia fare cose intelligenti è sempre molto complicato".

Dopo l'incarico al Dap, Amato divenne l'avvocato di Vito Ciancimino. Nei giorni scorsi il figlio dell'ex sindaco di Palermo ha detto che fu una scelta fatta "su spinta di rappresentanti delle istituzioni". Ieri, sentito dai pm della Dda di Palermo, ha aggiunto un altro tassello: "Ci fu suggerito da Mario Mori". "Nel giugno del '93 io e l'avvocato Giorgio Ghiron andammo a Roma dove Mori ci suggerì il nome di Amato come difensore di mio padre che all'epoca era già detenuto". Vito Ciancimino venne arrestato nel dicembre del '92 e morì, ai domiciliari nel 2002.
Le dichiarazioni di Ciancimino jr sono state smentite con forza da Amato. "Non si può permettere di buttare fango senza neppure sapere di che cosa parla" ha detto, girando e rigirando l'anello al dito con una decina di zaffiri blu scuro. "Vito Ciancimino - ha spiegato Amato - arriva al mio studio legale come decine di altri detenuti. Quando lasciai il Dap cominciai a fare l'avvocato, godevo una certa notorietà e Ciancimino era dei tanti, tantissimi che chiesero di avermi come difensore". Poi ha ribadito anche di non avere mai "frequentato" il generale Mario Mori: "Molti anni fa era il Comandante del Nucleo investigativo di Roma e io ero sostituto procuratore a Roma e mi sono avvalso qualche volta della sua collaborazione. Lo conosco ma dico con chiarezza di non averlo mai frequentato, cioè qualcosa di pù di una conoscenza, né ho mai avuto occasione, voglia o interesse di parlare con Mori delle persone che difendevo".

Massimo Ciancimino, alla fine dell'audizione dei magistrati, durata oltre due ore (una parte dell'interrogatorio ha riguardato l'analisi della documentazione sui investimenti del padre nella realizzazione del complesso edilizio Milano 2 dell'allora imprenditore Silvio Berlusconi, ndr), ha detto: "Sono contento che almeno le mie rivelazioni hanno smosso le acque torbide, anche a livello istituzionale e che qualcuno cominci a parlare". Sul ritrovamento di una pistola carica nell'androne del palazzo in cui vive a Palermo, Ciancimino ha aggiunto: "Certo, non sono cose che fanno piacere. La questura sta facendo di tutto e le misure di sicurezza sono state adottate. Io, dal canto mio, continuerò a parlare".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Ansa]

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19 novembre 2010
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