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Quelle stragi tra il 1993 e il '94

Sette attentati in 11 mesi, 10 morti, 95 feriti e danni enormi al patrimonio artistico e religioso

18 marzo 2010

Francesco 'Ciccio' Tagliavia, ai vertici della famiglia mafiosa di Corso dei Mille di Palermo, è stato raggiunto ieri in carcere - a Viterbo, dove sta scontando l'ergastolo per la strage di Via D'Amelio - da un’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito delle indagini, dirette dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze, sulle stragi mafiose del 1993-1994 a Firenze, Roma e Milano (LEGGI).
L’attenzione degli inquirenti su Tagliavia è stata accesa dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza. "Un contributo assolutamente determinante, forse primario, è stato fornito dal collaboratore Gaspare Spatuzza" ha confermato il procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi che ha spiegato come "Spatuzza ha riferito circostanze e richiamato persone, situazioni e occasioni che hanno trovato rispondenza in una serie di verifiche che vedevano Tagliavia organicamente inserito in Cosa nostra e capace di manovrare forze operative, gli esplosivisti, che da lui dipendevano e che lui ha orientato nella preparazione e nell’esecuzione delle stragi".
Il procuratore Quattrocchi, parlando con i giornalisti durante la conferenza stampa che si è tenuta in Procura, ha detto che Gaspare Spatuzza è "perfettamente attendibile". La Procura di Firenze, dopo una serie di verifiche, "ha ritenuto Spatuzza perfettamente attendibile, in base a singoli episodi, persone e posizioni, riscontrati. Non ci siamo innamorati di una tesi o di una persona. Noi cerchiamo sempre riscontri, e tutto quello che può servire ad individuare le responsabilità di questi orribili delitti. Qui ci fermiamo. Se poi dovesse emergere qualcos'altro, se avremo ulteriori riscontri, interverremo".

Tagliavia, secondo quanto spiegato in conferenza stampa, è indagato per strage, devastazione, detenzione di un ingente quantitativo di materiale esplosivo, in concorso con altre persone, tra le quali Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, Matteo Messina Denaro, Bernardo Provenzano, Salvatore Riina e Vittorio Tutino, tutti già condannati per l’inchiesta fiorentina sulla campagna stragista di Cosa nostra in continente, indagini che riguardano le autobombe che esplosero a Firenze, Milano e Roma, rispettivamente il 27 maggio, il 27 luglio e il 28 luglio del 1993 – causando 10 morti, 95 feriti e danni enormi al patrimonio artistico e religioso -, e i falliti attentati a Maurizio Costanzo a Roma (14 maggio 1993), allo stadio Olimpico (23 gennaio 1994) e al pentito Totuccio Contorno a Formello (14 aprile 1994).
In particolare, sempre secondo quanto spiegato, gli inquirenti contestano a Tagliavia di aver contribuito alla realizzazione degli attentati, essendosi attivato, in ragione anche della sua collocazione ai vertici della famiglia di Corso dei Mille, nell’organizzazione dei fatti di strage, e nella gestione della fase attuativa dei delitti, mettendo a disposizione alcuni esecutori e finanziandone le relative trasferte.

Il meeting prima della strage di via dei Georgofili - La strage dei Georgofili, avvenuta a Firenze il 27 maggio del 1993, venne discussa durante una riunione "tenutasi in un villino" nel comune di Santa Flavia (Palermo), alla quale parteciparono Gaspare Spatuzza, Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano, Cosimo Lo Nigro e Francesco 'Ciccio" Tagliavia. Lo scrive il gip di Firenze nell’ordinanza notificata in carcere a Tagliavia, riportando quanto riferito da Spatuzza.
Riguardo Tagliavia, il gip spiega che dagli elementi acquisiti risulta che "ha partecipato, quale capo famiglia di Corso dei Mille, alla riunione ove è stato organizzato l’attentato a Firenze". Riferendosi all’incontro, "in tale sede - scrive il gip - venne detto che c’era da fare un 'lavoro' a Firenze, che la prospettiva era di colpire beni del patrimonio artistico". "Scopo della riunione - scrive il gip - così disse Giuseppe Graviano (secondo lo Spatuzza), era decidere sulla necessità di compiere questo attentato e sulle modalità esecutive dello stesso. Precisava poi che lui, Lo Nigro, Barranca e Giuliano erano stati incaricati di eseguire quel delitto e che l’autobomba fu collocata un centinaio di metri più distante rispetto all’obiettivo programmato".
"Secondo Spatuzza - aggiunge il gip - Giuseppe Graviano, Messina Denaro e Ciccio Tagliavia avevano in quel contesto medesimo ruolo decisionale ed erano lì presenti per spiegare (agli uomini di Tagliavia, cioè Giuliano, Barranca e Lo Nigro, definiti 'i tre ragazzi’ ndr), incaricati dell’esecuzione dell’attentato, cosa dovevano fare". Riferendosi alle dichiarazioni del collaboratore Pietro Romeo, "affermava - scrive il gip - di aver saputo da Giuliano che a Firenze furono lui e Lo Nigro a collocare l’autobomba e che Spatuzza, coinvolto nell’esecuzione del delitto, era in quella fase rimasto in casa". "I soldi per finanziare le trasferte per eseguire le stragi - aggiunge il gip riferendosi a quanto spiegato da Romeo - circa 5-10 milioni a testa, provenivano da quest’ultimo (Tagliavia, ndr) ed erano tratti dall’attività di estorsione ai commercianti".

1993-94: QUANDO LA MAFIA COLPÌ 7 VOLTE IN 11 MESI - Sette attentati in 11 mesi, 10 morti, 95 feriti e danni enormi al patrimonio artistico e religioso: questo il bilancio della campagna stragista in continente, a Firenze, Milano, Roma, tra il 1993 e il 1994, per la quale sono stati condannati mandanti ed esecutori di Cosa nostra. Le indagini però non si sono mai fermate.
Quindici gli ergastoli resi definitivi dalla Cassazione il 6 maggio 2002, per strage aggravata dalla finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, questa l'accusa contestata dalla procura di Firenze a cui spettarono le indagini perché nel capoluogo toscano si verificò il primo attentato con vittime: l'autobomba esplosa in via dei Georgofili, accanto agli Uffizi, alle 1.04 del 27 maggio 1993 uccise lo studente Dario Capolicchio e la famiglia Nencioni, padre, madre e due figlie, Nadia 9 anni e Caterina, sei mesi. Tra i condannati al carcere a vita Totò Riina, Leoluca Bagarella, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro che, insieme al pentito Giovanni Brusca (20 anni) erano stati, secondo l'accusa, promotori e organizzatori a vario titolo della campagna di terrorismo, per costringere lo Stato a scendere a patti sul carcere duro e la legge sui pentiti. L'inchiesta, dopo quelle condanne, non si è fermata: dal 1995 sono state aperte e archiviate più indagini sui cosiddetti 'mandanti a volto coperto', da quella su Silvio Berlusconi e il senatore Marcello Dell'Utri (iscritti come Autore 1 e 2), a quella su presunti rapporti tra ambienti massonici e mafia trapanese, passando dai procedimenti sull'ex senatore Dc Vincenzo Inzerillo e su Paolo Bellini.
Dall'estate 2008 la procura ha cominciato a raccogliere le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza, che ha poi chiamato in causa il premier per presunti rapporti con i Graviano attraverso Dell'Utri. Filippo Graviano, al processo d'appello a Dell'Utri, ha smentito di conoscere il senatore, suo fratello Giuseppe non ha parlato. Il procuratore di Firenze Giuseppe Quattrocchi a novembre scorso ha smentito che Berlusconi e dell'Utri fossero indagati. Parlò di "concreta speranza di individuare" altri esecutori materiali.

Il via agli attentati fu a Roma, il 14 maggio 1993, con l'autobomba in via Fauro, obiettivo Maurizio Costanzo, uscito illeso. Poi la strage a Firenze.
Il 27 luglio, alle 23.14, le altre cinque vittime, in via Palestro a Milano, dove esplose una Fiat Punto davanti al Padiglione d'arte contemporanea: morirono Moussafir Driss, marocchino, i tre vigili del fuoco Stefano Picerno, Carlo La Catena e Sergio Pasotto e il vigile urbano Alessandro Ferrari. Neanche un'ora dopo il doppio attentato a Roma: alle 00.03 del 28 luglio davanti alla basilica di S.Giovanni in Laterano e alle 00.08 davanti alla chiesa di S.Giorgio al Velabro. Nel '94 infine i falliti attentati allo stadio Olimpico a Roma contro un pullman dei carabinieri (23 gennaio) e a Formello (14 aprile), per uccidere il pentito Totuccio Contorno.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA, LiveSicilia.it]


- L'ombra di Borsellino su Milano di Felice Cavallaro (Corriere.it)

 

 

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18 marzo 2010
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