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Quelle visite ai mafiosi al 41 bis

Scoppia la polemica sulle visite ai boss fatte da Giuseppe Lumia e Sonia Alfano

10 agosto 2012

Una serie di incontri, di colloqui tra due parlamentari - Sonia Alfano dell'IdV e Giuseppe Lumia, Pd - e detenuti in regime di 41bis. Tra cui il boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano. Visite che hanno fatto alzare subito un polverone, tra chi si chiede delle motivazioni e chi s'interroga sulla legittimità degli incontri.
"Abbiamo fatto quello che tutti i politici dovrebbero fare", dicono la Alfano e Lumia. Che aggiungono: "Comprendiamo che questa linea risulta indigesta ai compagni di partito di Dell'Utri o a chi, indispettito per il coinvolgimento di certi intoccabili nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia della procura di Palermo, si è adoperato per la fuga di notizie".
Con "fuga di notizie" i due parlamentari fanno riferimento all'articolo di Giovanni Bianconi pubblicato sul "Corriere della Sera", nel quale il giornalista racconta di come Sonia Alfano, figlia del giornalista Beppe, morto per mano mafiosa nel ’93, e Giuseppe Lumia, ex presidente, ora componente, della commissione parlamentare antimafia, abbiano condotto una vera e propria tournée delle carceri italiane che ha fatto tappa da boss del calibro di Provenzano, del casalese Bidognetti e dei siciliani Graviano e Cinà. Durante gli incontri i due esponenti politici hanno tentato di spingere i loro interlocutori a parlare con i magistrati. Con discussioni nella lingua madre, il siciliano, con gli slogan "un uomo con la schiena diritta sta con lo Stato e la legge dello Stato": così avrebbe detto Lumia a "Binnu" Provenzano, più preoccupato, in verità di interloquire con i propri figli che con gli inquirenti.

Una scelta, quella di Alfano e Lumia che ha "indignato" i pidiellini. Per Gaetano Quagliariello, "non dovrebbe esserci bisogno di ricordare al senatore Giuseppe Lumia e all'onorevole Sonia Alfano che la legge riserva a pochi e determinati soggetti, ovviamente appartenenti all'autorità giudiziaria e alla polizia giudiziaria, questa facoltà". Ancora: "Ciò che è accaduto è di una tale gravità che diviene un mero dettaglio il fatto che fra i destinatari dell'interessamento vi siano esponenti della criminalità organizzata già chiamati in causa in operazioni politico-giudiziarie intentate ai danni di avversari politici dei due parlamentari del Pd e dell'Idv".
"I parlamentari - ha dichiarato in una nota il deputato del Pdl Maurizio Paniz - Giuseppe Lumia e Sonia Alfano si infilano nelle maglie della delinquenza peggiore, per captare un accondiscendente appoggio alla logica del più abbietto pentitismo così violando la norma che consente al parlamentare l'accesso in carcere al solo fine di controllare le condizioni di vita dei reclusi e cercando di impadronirsi di quel diritto a saggiare la volontà collaborazionistica da dei delinquenti di mafia che spetta solo ai magistrati o alle forze di polizia".
"La gravità della vicenda che ha visto due parlamentari proporsi nel ruolo di evangelizzatori di giustizia 'in partibus infidelium' è di una gravità senza precedenti - ha aggiunto il capogruppo Pdl alla Camera Osvaldo Napoli - Siamo di fronte a un salto di qualità nella manipolazione politica della giustizia, Il ministro Severino deve fare subito chiarezza sulla vicenda".

E il Guardasigilli Paola Severino è intervenuta sulle visite dei due parlamentari. Il ministro della Giustizia, si legge in una nota del ministero, "già da giorni ha verificato che le relazioni di servizio nelle quali si segnalavano le peculiarità dei colloqui fossero state trasmesse all'autorità giudiziaria competente, ricevendone conferma". "Peraltro, sempre dallo scorso 3 agosto - si legge ancora nella nota - il Guardasigilli ha dato disposizione all'Ufficio di gabinetto del ministero affinché, attraverso il capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, i direttori degli istituti fossero sensibilizzati a una puntuale osservanza delle disposizioni previste dall'articolo 67 dell'ordinamento penitenziario che regola le visite dei parlamentari negli istituti penitenziari, sollecitando l'intervento diretto o l'interruzione della conversazione qualora essa travalichi i limiti della visita e si trasformi in colloquio su procedimenti in corso".

Sonia Alfano ha dichiarato di aver fatto quelle visite ai mafiosi "perché è giusto che ci sia chi ricordi loro che in Italia c'è una legge che permette la collaborazione con lo Stato. Non mi meravigliano gli attacchi che arrivano dai componenti del partito di Berlusconi e dell'Utri che sono stati indagati per mafia. Nessuna meraviglia. Mi sarei meravigliata, e molto, se qualcuno di loro, dei vari Cicchitto, Quagliariello, Paniz ecc. si fosse recato in carcere per confrontarsi con la realtà mafiosa e per invitarla ad aprirsi al confronto, alla collaborazione con lo Stato. Invece attaccano chi fa questa ovvia, normale opera di persuasione. Che abbiano paura è chiaro: cosa potrebbe dire un Provenzano, i Graviano se si pentissero a 360 gradi? Ecco perché quelle trascrizioni sono arrivate al Corriere. È un avvertimento? È un invito a desistere? Io chiedo l'intervento della magistratura perché è un reato. Nessuno ha scritto che in carcere Riina mi ha minacciato di morte e ora è sotto processo per questo. Ci si meraviglia se una persona si impegna sul fronte della legalità. Comunque hanno ragione ad aver paura".

Giuseppe Lumia ha invece detto: "E’ incredibile: avere richiamato la legge dello Stato sulla collaborazione di giustizia, ripeto una legge dello Stato, getta nel panico molti esponenti del centrodestra. Chi ha paura della collaborazione di Provenzano? Meglio la più terribile e amara verità che l'omertà e il silenzio. Non mi sfugge che queste reazioni espongono noi e i nostri cari. Sono un condannato a morte di Cosa nostra e so che in questa battaglia bisogna essere pronti a tutto. Nessuno mi fermerà, andremo avanti rispettando le regole. Non mi lascerò intimidire".

L'avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del capomafia Bernardo Provenzano, ha commentato l'iniziativa di Lumia e Alfano dicendo che "i parlamentari, compresi Lumia ed Alfano, possono entrare nelle carceri solo per verificare le condizioni di detenzione. Leggo sulla stampa, che, invece, sono andati per far pentire alcuni detenuti e, fra questi, Bernardo Provenzano". "Vorrei sapere - ha aggiunto - se hanno verificato le condizioni, anche di salute psico-fisica del detenuto, perché al carcere di Parma non sono stati interrotti colloqui che 'di norma' non rientrano fra le loro spettanze e se sono stati informati i presidenti dei rispettivi Organi elettivi di appartenenza dei due parlamentari".
Ma le critiche dell'avvocato non risparmiano anche un'altra "visita" fatta a Provenzano; quella dei pm di Palermo che a maggio sono andati nel carcere emiliano a sentire il boss senza la presenza di un avvocato di fiducia o d'ufficio. "Appreso, sempre dalla stampa, di quell'interrogatorio, ne avevo chiesto copia. - ha spiegato il legale - Ad oggi, non ho avuto nessuna risposta. Vorrei sapere se era un colloquio investigativo autorizzato dal ministero della Giustizia e qualora non lo fosse stato perché non si è nominato un difensore". "Se non era un colloquio investigativo - ha proseguito - ma un interrogatorio, allora la presenza del difensore è irrinunciabile, perché è la garanzia dell'ordinamento per la legittimità dell'atto che si compie. La divisione delle funzioni nel nostro sistema costituzionale è perfetta: - ha detto - i compiti di magistrati, avvocati, parlamentari sono ben delineati e non c'è ragione che si attuino deroghe". "Chiedo, infine: tra tutti i visitatori di Provenzano - ha concluso - c'è qualcuno in grado di certificare che sia perfettamente lucido? Se non lo fosse, a parere mio sarebbe ancora più inquietante qualunque visita fuori norma".

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Repubblica/Palermo.it, LiveSicilia.it]

 

 

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10 agosto 2012
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