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Quelli che li condannano e sono soddisfatti

Al senatore Dell'Utri non fanno impressione i sette anni che gli hanno inflitto in appello, anzi...

30 giugno 2010

C'è gente veramente strana in Italia... Oppure le cose si sono sovvertite in una maniera tale che per chi, come lo scrivente, si trova ancora ostinatamente a fare i conti con una scala di valori... diciamo classica (ossia: c'è il male, il bene, le cose giuste e quelle sbagliate, e che la giustizia punisce chi sbaglia, chiunque esso sia, perché "la legge è uguale per tutti") si accorge, inevitabilmente in ritardo, che le cose sono cambiate e quindi, ad esempio, se ti condannano a sette anni di reclusione puoi tranquillamente affermare di esserne soddisfatto! Mah? Eppure deve essere così perché ieri, ad esempio (ancora una volta), c’è mancato poco che il senatore del Pdl Marcello Dell’Utri, per la condanna ricevuta dai giudici di Palermo - sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa - non si mettesse a festeggiare come fece qualche anno fa Totò Cuffaro, ex presidente della Regione Siciliana... Lo ricordate? Appena ricevuta la condanna a cinque anni di reclusione, dopo aver baciato e abbracciato un bel po' di persone, offrì a tutti cannoli siciliani! Insomma, una condanna a sette anni di carcere è una condanna a sette anni di carcere! Caspita! A chiunque (penso) la prima cosa che verrebbe da dire sarebbe: Ommioddio! Sono rovinato! Invece il senatore Dell'Utri ha mostrato una sobria accettazione accompagnata dal compiacimento per avere evitato i quattro anni in più richiesti dal Pubblico Ministero, legati alle rivelazioni di Gaspare Spatuzza che lo aveva coinvolto con le losche trame stragistiche del ’92...

In un'intervista alla Stampa il senatore Dell'Utri ha detto: "Io riconosco a questo collegio una totale onestà. Ma il loro grado di coraggio non è stato pari alla loro onestà". "C'è qualcosa che non torna semplicemente perché non so ancora di che cosa si parla - ha spiegato -. Non c'è una cosa per la quale si possa farmi seriamente un'accusa di concorso esterno mafioso: ovvero aver procurato vantaggi a un'organizzazione criminale. Se mi accusano di aver conosciuto Cinà o Mangano, è vero, li ho conosciuti ma è tutto qui". La questione, ha aggiunto, è che non si può essere mafiosi "fino a un certo punto", "o lo si è oppure no" e Dell'Utri ribadisce di non esserelo, "non esiste". Per il senatore Pdl "l'esercito di pentiti" portati al suo processo "é fatto di persone che dicono cose che hanno sentito da altri". Dell'Utri si dice convinto che il suo ruolo di senatore non é inconciliabile con la condanna per mafia, "il mio - ha sottolineato - è un percorso che finirà l'anno prossimo e fino ad allora io sono innocente... In attesa di giudizio". Nessun problema a immaginarsi in carcere, "l'importante è stare bene".
Intervistato anche dal Messaggero, dal Giornale e dal Tg2, Dell'Utri ha ribadito che Mangano è il "suo" eroe perché "ha preferito restare in prigione, morire, piuttosto che accusare ingiustamente" mentre non si può paragonare a Falcone e Borsellino, "offensivo doverlo precisare: è ovvio che loro sono due eroi".

Sulla vicenda è intervenuto anche Massimo Ciancimino, figlio del sindaco di Palermo Vito, condannato per mafia, anch'egli intervistato dal quotidiano torinese. "Il voler ribadire, nel giorno della condanna, il comportamento eroico di Vittorio Mangano che, nonostante malato e recluso, non ha mai accusato Silvio Berlusconi, è un messaggio rassicurante che Dell'Utri ha voluto mandare al popolo di Cosa Nostra. Che si trova recluso in carcere. Dice Dell'Utri: siete dei martiri". "Sulle stragi e la trattativa - ha aggiunto parlando della condanna -, la sentenza non chiude la porta. Anzi, nei fatti chiede ai magistrati di Palermo, Caltanissetta e Firenze di far luce su quella stagione". "Trovo allucinanti e fuori luogo - ha concluso Ciancimino jr - la soddisfazione per una sentenza. Io ho pianto quando mi hanno condannato a tre anni. Mentre la maggioranza insorge contro la condanna di Dell'Utri, 54 parlamentari del centrodestra hanno raccolto le firme per mandarmi in carcere".

A non comprendere come si possa essere soddisfatti d'aver preso sette anni di galera il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia: "Mi sorprende il fatto che Dell’Utri esprima soddisfazione per una condanna a sette anni per un reato gravissimo, mi preoccupa che si parli di una realtà rovesciata". "Io considero più che soddisfacente la sentenza - ha aggiunto Ingroia - perché si conferma in pieno l’impianto accusatorio della Procura. Comunque leggerò le motivazioni per capire bene il motivo che ha spinto i giudici della Corte d’Appello ad assolvere Dell’Utri per i reati commessi a partire dal 1992. In realtà il periodo dal ‘92 nella sentenza di primo grado occupava solo il quindici per cento dell’intera sentenza".

Per gli avvocati della difesa di Dell'Utri i giudici di Palermo sono stati... condizionati dalla stampa. "C’é stata una vera campagna di stampa tale da condizionare la Corte. Non si è mai vista una Corte fare un comunicato stampa" ha detto l’avvocato Pietro Federico, uno dei legali del senatore. "L’appello è stato trasformato in un campo di battaglia – ha aggiunto l’avvocato Federico – è stato alquanto irrituale leggere oltre al comunicato della Corte anche quelli dell’Associazione nazionale magistrati e dell’Ordine degli avvocati".
"Non possiamo essere contenti di fronte a una condanna di sette anni, certo altri possono essere soddisfatti perché è caduta tutta la parte 'politica' del processo. Questo ovviamente avrà refluenze su altri processi, quelli per le stragi di mafia e sulla presunta trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra" ha detto l’avvocato Giuseppe Di Peri, un'altro dei legali della difesa. "No, non possiamo essere soddisfatti. Con questa sentenza, considerando il reato contestato, almeno due anni di carcere si devono fare” ha aggiunto infine Di Peri.

LE REAZIONI POLITICHE

Gianfranco Miccichè: "Dell'Utri andava assolto" - "Questa sentenza esprime chiaramente un concetto: Marcello Dell’Utri andava assolto. Solo che i giudici non hanno avuto il coraggio di smentire i loro colleghi della Procura. Lo so, il coraggio non è di tutti. Tuttavia, trattandosi di uomini che amministrano la giustizia, questo sentimento dovrebbe essere una loro prerogativa imprescindibile; ma a quanto pare non è così e il coraggio sanno solo trovarlo quando c’é da sparare a zero e costruire teoremi fantasiosi e complesse impalcature persecutorie". Queste le parole del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianfranco Micciché nell’ultimo post del suo blog. Per Micciché "l’impalcatura della Procura è crollata giù, completamente spazzata via". "E’ crollato l’edificio accusatorio, si è inesorabilmente sgretolato l’assurdo teorema mafia-politica – ha aggiunto – e adesso non ci resta che aspettare e sperare che in Cassazione anche le fondamenta di questo maledetto edificio, costruito con blocchi di cemento armato sulle spalle di un uomo, colpevole di aver creato Forza Italia, vengano spazzate via e sia fatta piena e completa giustizia". "L’attesa - sottolinea Micciché – è l’ulteriore segmento di calvario che sarà costretto a subire il nostro Marcello; la speranza è che, detta alla Voltaire, in questo Paese ci possano essere delle stelle di giustizia, che, consapevoli di avere la pesantezza del piombo, siano specchi di virtù e giudichino con coscienza e con coraggio".

L'amarezza di Sandro Bondi e la solidarietà di quelli del Pdl - "A parte la profonda amarezza per la decisione dei giudici d’appello sul caso di Marcello Dell’ Utri, l’unico commento positivo in questo momento è la speranza che la Cassazione riaffermi che l'Italia è la patria del diritto". Questa l'affermazione di Sandro Bondi, ministro dei Beni culturali e coordinatore del Pdl.
"Da una Corte che ha ammesso in un pubblico dibattimento i deliri di Spatuzza sui suoi incontri al bar Doney non ci si poteva aspettare molto di diverso, anche se i teoremi dell’accusa sembrano uscire ridimensionati da questo giudizio". Così Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato. "Attenderemo ora le motivazioni della sentenza per capire su quali elementi i giudici abbiano fondato il loro giudizio, e se intendano assecondare il sorprendente invito a farsi estensori di un pronunciamento di natura ’storica’. Il fatto che un procuratore generale abbia sollecitato una sentenza non per stabilire se una persona abbia violato o meno il codice penale in base a prove e riscontri, ma per riscrivere una pagina di storia del Paese e contribuire ad aprirne delle altre, in una democrazia matura dovrebbe essere visto come sintomo di una profonda patologia, e destare indignazione. A Marcello Dell’Utri la mia convinta solidarietà".
In una nota, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, ha voluto sottolineare: "Marcello Dell’Utri è una persona perbene e ha tutta la mia solidarietà e quella dei tanti militanti che, in questi sedici anni, lo hanno conosciuto e apprezzato. Un uomo che, per sensibilità e cultura personale, è totalmente estraneo alle accuse che gli sono rivolte. Sono certa che nel terzo grado di giudizio riuscirà ad ottenere giustizia. Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è un’anomalia tutta italiana, spesso usato per processi di tipo politico in mancanza di prove. L’unico aspetto positivo, in questa giornata che comunque non ha fatto giustizia, è la totale smentita del teorema secondo cui Forza Italia sarebbe stata un partito nato per assecondare gli interessi dei mafiosi. La sentenza – conclude il ministro – ha respinto al mittente un’accusa assurda nei confronti di una forza nata nel 1994 come grande risposta popolare ad un modo vecchio di gestire la politica. Un partito che ha coinvolto milioni di italiani e ha infiammato i cuori di tanti giovani. Questo è stata Forza Italia, questo sarà il Pdl".
"In attesa di leggere la sentenza il dato più significativo che emerge in queste ore è lo stupore del procuratore Gatto che prende atto del fallimento di un’autentica manovra politica tesa a riscrivere la recente storia d’Italia": così il presidente dei senatori del PdL Maurizio Gasparri ha commentato la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. "Auguriamo al senatore Dell’Utri – prosegue Gasparri – di ottenere nell’ultimo grado di giudizio quelle risposte positive che ancora non sono arrivate. Tuttavia per quanto riguarda le interpretazioni politiche della storia italiana degli anni ‘90 la sentenza sembra archiviare definitivamente le elucubrazioni che hanno avvelenato non poco il clima del nostro Paese. Lo si deduce proprio dalle parole di Gatto".

Antonio Di Pietro: "Speriamo che non lo facciano ministro" - "Anno più, anno meno, il fatto resta quello che è, ossia che Marcello Dell’Utri ha avuto rapporti penalmente rilevanti con la mafia. Speriamo che Berlusconi adesso non faccia ministro pure lui". Questo il commento del Presidente dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, alla condanna di Marcello dell’Utri.
"La Corte di Appello di Palermo, conferma, dopo una lunga camera di consiglio, l’impianto accusatorio secondo cui il senatore Dell’Utri, braccio destro ed operativo di Silvio Berlusconi, ebbe contatti stabili, ossia per nulla occasionali, con Cosa Nostra sino al 1992, l’anno delle stragi. La sentenza non costituisce, peraltro alcuna smentita dell’attendibilità di Gaspare Spatuzza, in quanto, ai sensi dell’articolo 195 del codice di procedura penale, le dichiarazioni di Spatuzza avrebbbero potuto assumere il rango di prova solo se confermate dalle persone da cui aveva appreso il coinvolgimento di Dell’Utri e Berlusconi"
. Commenta così la sentenza d’appello a Marcello Dell’Utri il capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia al Senato. "I due boss Graviano, non venendo meno al loro ruolo di irriducibili, non avevano confermato le dichiarazioni di Spatuzza, con la conseguenza di rendere non valutabile come prova le sue dichiarazioni. Questa sentenza, pur se ancora ovviamente non definitiva, getta una luce pesantemente sinistra sulla stessa nascita della nuova formazione politica di Forza Italia, la cui genesi è datata in Sicilia nel 1992. Dobbiamo a questo punto chiederci quali siano i contorni e lo spessore della pagina nera che inaugurò la seconda repubblica. Il futuro – conclude il senatore Li Gotti – potrà darci le risposte agli interrogativi che alla luce della sentenza odierna massicciamente inquietano".
Rita Borsellino: "Ma quale 'pietra tombale' sulla presunta trattativa tra Stato e mafia" - "Non vedo come la sentenza della Corte d’Appello che ha condannato a sette anni di reclusione il senatore Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa possa in qualche modo gettare una 'pietra tombale' sulla presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra. Le stragi del ‘92 e del ‘93 restano un grave buco nero della storia di questo paese. La verità su quanto accaduto allora va cercata con forza, ma in sedi che non sono solo quelle del processo a Dell’Utri". Lo ha detto Rita Borsellino, commentando la sentenza della Corte d’Appello di Palermo. "Oggi dei giudici ci confermano che un senatore della Repubblica, nonché l’uomo chiave nella costruzione di Forza Italia, è stato per trent’anni, anche nel periodo delle stragi, in stretto contatto con i boss mafiosi, – ha aggiunto – fornendo persino protezione (come nel caso di Mangano) e contribuendo così con forza al mantenimento e al rafforzamento di Cosa nostra. Sono queste le fondamenta su cui è nata Forza Italia. E su queste fondamenta poggia ancora il Pdl, il principale partito della maggioranza di governo". Per Rita Borsellino: "Solo un paese con una democrazia atrofizzata può accettare a cuor leggero dei fatti di tale gravità. E solo una politica becera e collusa può festeggiare dinanzi a una sentenza del genere".

L'eroismo secondo Fabio Granata: "Mangano non è un eroe" - "La condanna di Marcello Dell’Utri farà certamente discutere e determinerà polemiche infinite tra le forze politiche e all’interno delle stesse. A caldo ci preme dire che, nel rispetto pieno della presunzione d’innocenza fino alla Cassazione non ci sono piaciute le dichiarazioni del senatore Dell’Utri su Mangano. Quest’ultimo infatti non è certamente un eroe ma un mafioso conclamato. A Palermo in quegli anni ben altri sono stati gli eroi, ad iniziare da Paolo Borsellino e da chi ha dato la vita per una Italia libera dalle Mafie". Lo ha detto l’onorevole Fabio Granata, vicepresidente della Commissione Nazionale Antimafia, il quale ha aggiunto: "La sentenza ha un dispositivo molto complesso e attendiamo di leggere le motivazioni. Certamente quello che ha giudicato Dell’Utri non era un collegio di toghe rosse ma era composto da magistrati moderati e ritenuti garantisti". "Nel prendere atto della condanna - ha continuato Granata - ribadiamo fiducia nella magistratura e confidiamo che le inchieste portate avanti dalle Procure di Palermo, Caltanissetta e Firenze riescano ad accertare la verità su esecutori e mandanti delle stragi che hanno insanguinato l’Italia". "E' scontato ribadire che chiunque viene condannato per mafia non può continuare a svolgere ruolo politico e crediamo che su queste vicende, come su altre altrettanto gravi, il più grande partito italiano debba avviare una riflessione seria che senza demonizzazioni ponga il tema del contrasto alle mafie e della selezione dei gruppi dirigenti in maniera definitivamente seria, iniziando dall’approvazione del ddl anticorruzione, con la incandidabilità assoluta per chi è condannato in via definitiva,con la salvaguardia di strumenti indispensabili per il contrasto alle mafie ad iniziare dalle intercettazioni telefoniche e ambientali, con un linguaggio e una politica di sostegno alle procure più esposte ma anche con l’approvazione di un codice etico che nel Pdl eviti la persistenza in ruoli politici o la ricandidabilità per chi è condannato o rinviato a giudizio per reati di mafia. Sono elementi indispensabili per costruire una nuova politica e una nuova Italia".

[Informazioni tratte da Ansa, Adnkronos/Ing, LiveSicilia.it, Repubblica.it]

- Berlusconi: "Ora proveranno a colpire pure me" di Francesco Bei

 

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30 giugno 2010
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