Questa volta la polizia ha salvato il boss
Fermato il ''gruppo di fuoco'' che doveva uccidere il boss fedelissimo di Provenzano
La polizia di Stato ha fermato, su ordine dei pm della Dda Nino Di Matteo e Marzia Sabella, quattro presunti mafiosi della famiglia di Bagheria indicati come componenti di un "gruppo di fuoco". Gli indagati sono: Michele Modica, 53 anni, Andrea Fortunato Carbone, 43 anni, entrambi di di Casteldaccia, Emanuele Cecala, 31 anni di Caccamo, Gaetano Fiorista, 32 anni di Palermo.
I quattro, quasi tutti con precedenti penali, sono stati fermati nella tarda serata dell'altro ieri dai poliziotti della sezione criminalità organizzata della squadra mobile della questura di Palermo e sono accusati di associazione mafiosa. Dalle indagini, cominciate due mesi fa, sarebbero emersi indizi che proverebbero che i fermati facevano estorsioni ed erano in possesso di armi. I presunti mafiosi hanno stretti contatti con personaggi legati alla 'ndrangheta e alla criminalità organizzata canadese.
Le indagini, dice la polizia, hanno avuto un'accelerazione che ha determinato il fermo, per la scoperta del progetto di omicidio di Pietro Lo Iacono, fedelissimo del boss Bernardo Provenzano, condannato in primo grado per associazione mafiosa e presunto reggente della "famiglia" di Bagheria.
"La necessità - dicono gli investigatori - di impedire la realizzazione del progetto di omicidio, che sarebbe dovuto avvenire entro brevissimo tempo e in un luogo pubblico potenzialmente affollato, ha determinato l'adozione del provvedimento di fermo".
I quattro sicari avevano progettato l'imminente delitto nei minimi particolari, pedinando, per giorni, la vittima designata. Erano pronti ad entrare in azione nonostante sapessero di "avere gli sbirri alle costole". Il delitto era urgente ed era stato commissionato da tempo al gruppo di fuoco. I killer avevano già scelto il luogo (un lido di Santa Flavia che Lo Iacono frequenta ogni mattina assieme alla moglie) e anche il giorno preciso, che doveva essere oggi, sabato 5 luglio.
Il progetto di morte, secondo gli inquirenti, testimonierebbe le fibrillazioni che attraversano le cosche palermitane, e in particolare quella di Bagheria, storica enclave di Provenzano. Dopo l'arresto del padrino di Corleone i clan starebbero cercando nuove alleanze.
Lo Iacono è considerato un personaggio di spicco della famiglia di Bagheria proprio per i suoi strettissimi rapporti con Provenzano. La condanna a 13 anni inflittagli in primo grado è stata annullata in appello. Il processo è ricominciato davanti al tribunale.