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Questa volta niente cannoli...

L'ex governatore siciliano, Totò Cuffaro, condannato in appello a 7 anni, lascia ogni incarico di partito

25 gennaio 2010

Dunque, la Terza sezione della Corte d'appello di Palermo ha condannato a 7 anni di carcere - 2 in più del primo grado - l'ex presidente della Regione Siciliana Salvatore Cuffaro, attualmente senatore Udc (LEGGI). Ricordiamo brevemente che la sentenza è stata emessa sabato, nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, nel processo alle cosiddette 'Talpe della Dda di Palermo'.

Secondo la Corte d'Appello di Palermo Totò Cuffaro avrebbe agevolato Cosa Nostra. I giudici hanno infatti aggravato il reato, così come chiesto dalla Procura Generale, da favoreggiamento a favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, elevando la pena da 5 a 7 anni.
''So di non essere mafioso e di non avere mai favorito la mafia - ha commentato a caldo Cuffaro all'uscita dall'aula bunker -. Avverto, da cittadino, la pesantezza di questa sentenza che, però, non modifica il mio percorso politico. Ciò non vuol dire - ha concluso - che le sentenze non debbano essere rispettate dal momento che sono espresse dalle istituzioni". Poi, passata qualche ora, Cuffaro ha rettificato: "So di non aver mai voluto favorire la mafia e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto. Prendo atto però della sentenza della Corte di Appello. In conseguenza di ciò lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia".
Ieri, il giorno dopo la sentenza, Cuffaro si è recato con la famiglia nella sua casa in campagna. Ai suoi più stretti collaboratori l'ex presidente della Regione ha fatto sapere che non intende per il momento fare ulteriori commenti sulla sentenza.

Soddisfatto della sentenza il pg di Palermo Daniela Giglio (nella foto sulla dx, insieme al pm Enza Sabatino). "Stando al dispositivo della sentenza le nostre richieste sono state accolte tutte - ha osservato -. Il processo contiene in se tutte le prove dei reati ascritti agli imputati". "La Corte - ha aggiunto - ha rivalutato tutto il materiale processuale con una ulteriore meditazione che è proprio l'essenza del secondo grado processuale".
La sentenza "conferma il nostro impianto accusatorio del processo di primo grado", ha detto all'Adnkronos il magistrato Maurizo de Lucia, che in primo grado rappresentò con il collega Michele Prestipino, l'accusa del processo alle 'Talpe alla Dda'. "Noi abbiamo sempre chiesto l'aggravante - ha spiegato - e oggi trova conferma il nostro impianto accusatorio".
Per il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, la condanna in appello del senatore Totò Cuffaro "é un'ulteriore conferma della bontà dell'impianto accusatorio della Procura". Interpellato sabato a Trieste, a margine di un incontro con gli studenti, Ingroia ha aggiunto che la sentenza "dimostra come sia una falsità quella che accusa la Procura di inventare processi nei confronti degli uomini politici fondati sul nulla. Una conferma non solo in primo grado - ha concluso - ma questa volta anche in appello".

La Corte d'Appello di Palermo ha aggravato anche le condanne al maresciallo dei carabinieri Giorgio Riolo e all'ex "re della sanità privata siciliana" Michele Aiello. A Riolo, che in primo grado era stato condannato a 7 anni, i giudici hanno riconosciuto il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, condannandolo a 8 anni di carcere; Michele Aiello, condannato in primo grado a 14 anni, è stato condannato a 15 anni e 6 mesi. Inoltre, pochi minuti dopo la sentenza, i Carabinieri hanno arrestato Aiello. La stessa Corte d'Appello, su richiesta della locale Procura Generale, ha emesso un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, riconoscendone la "pericolosità sociale del soggetto ed il pericolo di fuga".
Aiello era stato accusato di associazione di tipo mafioso, concorso continuato nell'introduzione abusiva in sistemi informatici, con l'aggravante di avere agevolato l'attivita' dell'associazione mafiosa, concorso nella rivelazione di notizie coperte da segreto istruttorio, corruzione continuata, concorso in truffa aggravata e continuata. Contestualmente l'imputato è stato dichiarato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.

LE REAZIONI POLITICHE - Non si sono fatte attendere le reazioni del mondo politico alla notizia della condanna a 7 anni in secondo grado a carico di Totò Cuffaro. Per il segretario dell'Udc, Lorenzo Cesa, "Le dimissioni di Cuffaro da ogni incarico di partito sono sul piano politico più eloquenti di ogni nostra parola. Sul piano personale è per noi il momento dell'affetto e della vicinanza a lui e alla sua famiglia".
Le dimissioni di Salvatore Cuffaro "sono state doverose". E' stato il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini a sottolineare, in un'intervista al Tg1, che "la condanna è un momento triste ma è giusto avere fiducia nella magistratura".
Per il senatore del Pd ed ex segretario Udc, Marco Follini, "Cuffaro non c'entra nulla con la mafia. Lo pensavo quando eravamo compagni di partito e non ho cambiato idea".
"Ci addolora sapere che un nostro amico e uomo politico qual è Cuffaro sia stato condannato, perché in cuor nostro lo sappiamo innocente", ha affermato Saverio Romano, responsabile nazionale organizzazione dell'Udc e segretario del partito in Sicilia. "La sua compostezza durante questo processo d'appello e davanti alla sentenza - ha aggiunto - al pari del suo passo indietro nell'attività politica, sono più eloquenti di ogni considerazione. Vogliamo esprimergli tutto il nostro affetto, accompagnato dalla certezza che la verifica di legittimità di questa sentenza gli renderà giustizia".

Di tono completamente diverso le reazioni di Paolo Ferrero, portavoce della Federazione della Sinistra e di Sonia Alfano dell'Italia dei Valori. Per il primo "Dopo la sentenza di secondo grado, definitiva quindi nel merito, che condanna Cuffaro a 7 anni con l'aggravante di aver agevolato Cosa Nostra, cosa aspetta Casini ad espellere Cuffaro? La questione morale non può essere agitata a corrente alternata e le questioni di mafia non possono essere messe in un cassetto. Da nessuno". Mentre per la seconda "è arrivata l'ora di dimettersi dalla sua carica di senatore e di lasciare la sua poltrona in commissione di Vigilanza Rai" perché non può essere lui "a dover vigilare, viste le condanne riportate. Cuffaro stesso ha affermato di rispettare la sentenza, ma le parole non bastano, ed è arrivato il momento di dimostrarlo, lasciando spazio alle persone oneste. Questa condanna - ha concluso la Alfano - conferma il sistema politico clientelare e mafioso su cui l'ex governatore ha basato la sua carriera politica e che ha contribuito a ridurre in schiavitù il popolo siciliano".
Per Claudio Fava, coordinatore della segreteria nazionale di Sinistra Ecologia e Libertà "le sentenze si rispettano dimettendosi. Totò Cuffaro, diventato senatore della Repubblica per mettersi al sicuro dalla giustizia, è una vergogna per tutto il Paese". Il senatore del Pd, Giuseppe Lumia, nonché componente della commissione antimafia crede inoltre che "questa condanna deve essere da stimolo ai partiti affinché possano guardarsi dentro per recidere quel rapporto mafia-politica che ha garantito a Cosa nostra di perpetuarsi fino ad oggi, assicurandole consenso e risorse. Adesso - ha aggiunto - è necessario combattere questo sistema di intermediazione burocratico-clientelare e affaristico-mafioso, che uccide la buona politica, la speranza di tanti cittadini onesti e le potenzialità di interi territori di spiccare il volo nel segno della legalità e dello sviluppo".

"E' un fatto ovvio che anche per Totò Cuffaro valga il principio secondo cui le sentenze diventano definitive soltanto dopo il vaglio di legittimità con il terzo grado di giudizio in Cassazione". Questa l'affermazione di Rudy Maira, capogruppo Udc all'Assemblea regionale siciliana. "Ma apprezziamo comunque la decisione adottata dal senatore Cuffaro, nell'immediatezza della lettura del dispositivo della sentenza di appello, - ha aggiunto - con la quale ha deciso coerentemente con quanto ha sempre affermato di dimettersi da tutti gli incarichi in atto ricoperti nel partito". "Il presidente Cuffaro non si è mai sottratto al processo ed anzi lo ha affrontato - ha affermato Maira - avendo rispetto per la magistratura, nonostante questa istituzione lo mettesse a dura prova. Ancora oggi Cuffaro ha accettato con serenità questa sentenza che non è definitiva. Sono convinto - ha concluso - che il tempo darà ragione a Cuffaro".
Anche il movimento giovanile Udc di Palermo ha espresso "affetto e vicinanza umana a Cuffaro". "Esprimiamo massimo rispetto per la magistratura, ma attendiamo con fiducia il terzo grado di giudizio per Salvatore Cuffaro, ribadendo la convinzione della sua innocenza, della sua onorabilità e della sua lontananza e disprezzo per la mafia. E' nobile il gesto di lasciare tutte le cariche del partito. Siamo umanamente vicini a lui, a sua moglie e ai suoi figli". Queste le parole del presidente dell'Udc, Rocco Buttiglione.

La storia del processo a Totò Cuffaro. Dalla condanna festeggiata con i cannoli ad oggi...

Festeggiò l'esclusione dell'aggravante mafiosa da parte dei giudici di primo grado davanti a un vassoio pieno di cannoli: un gesto che sollevò aspre polemiche, poi, culminate nelle sue dimissioni dalla carica di governatore siciliano.
Oggi, Salvatore Cuffaro, condannato in appello a 7 anni - questa volta per favoreggiamento aggravato alla mafia - non si rallegra e lascia l'aula del bunker del Pagliarelli visibilmente emozionato.
Si conclude così il processo denominato Talpe alla Dda cominciato il 15 maggio scorso davanti ai giudici della terza sezione della corte d'appello di Palermo presieduta da Giancarlo Trizzino. Quattordici gli imputati, tra i quali due persone giuridiche: la società Atm-Alte Tecnologie Medicali e la Diagnostica per immagini Villa Santa Teresa, imputate di truffa, e, ora, in amministrazione controllata. In appello tre sole posizioni sono state riformate: oltre a quella di Cuffaro, quella dell'ex manager della sanità Michele Aiello e quella di Giorgio Riolo, ex sottufficiale del Ros.
Il procedimento trae origine dall'indagine della Dda di Palermo che portò alla scoperta di una vera e propria rete di spionaggio, costituita da sottufficiali dei carabinieri e della Dia come Giorgio Riolo e Giuseppe Ciuro - quest'ultimo processato separatamente - che, su input di Aiello e con la complicità di impiegati della Procura, avrebbero rivelato, proprio all'ex manager, notizie riservate su delicate indagini di mafia in corso. L'imprenditore, gestore della clinica Villa Santa Teresa, che forniva in convenzione con la Regione e con rimborsi da capogiro, sofisticati esami medici, secondo gli inquirenti sarebbe stato informato passo passo degli sviluppi investigativi che i pm facevano sul suo conto. Una figura centrale quella di Aiello che, secondo l'accusa, sarebbe stato l'alter ego del boss Bernardo Provenzano nel mondo della sanità e che avrebbe investito i soldi del padrino di Corleone nella sua clinica.
L'inchiesta, che svelò inoltre una serie di truffe al sistema sanitario, andò a intrecciarsi con un'altra indagine della Dda sulle commistioni tra il boss di Brancaccio Giuseppe Guttadauro ed esponenti politici come l'assessore dell'Udc Mimmo Miceli, "delfino" dell'ex governatore, condannato in un altro processo a 10 anni per mafia. Ne venne fuori un quadro di collusioni inquietanti che coinvolsero anche l'ex maresciallo dell'Arma Antonio Borzacchelli, processato e condannato per concussione successivamente. Commistioni e relazioni pericolose in cui Cuffaro, secondo l'accusa, avrebbe avuto un ruolo di prim'ordine. Informato da Borzacchelli, eletto, poi, all'Ars nelle liste del suo partito, di una microspia piazzata a casa del capomafia Guttadauro, Cuffaro avrebbe avvertito Miceli, abituale frequentatore del boss di Brancaccio. Rivelazioni che Miceli riferì a Guttadauro, che scoprì la cimice. "A lui glielo ha detto Totò" disse, non sapendo di essere intercettato, il medico mafioso Salvatore Aragona. Dove Totò, per gli inquirenti, era Cuffaro. Da qui le accuse di rivelazione di segreto istruttorio e favoreggiamento a carico dell'ex presidente della Regione. Ma mentre i pm sostennero che con la sua condotta il governatore avesse favorito l'intera Cosa nostra, per i giudici, che lo condannarono per favoreggiamento semplice, escludendo l'aggravante mafiosa, il senatore dell'Udc aiutò i singoli esponenti mafiosi, ma non l'organizzazione nel suo complesso.
Una conclusione che piacque al presidente tanto da spingerlo a partecipare alla festicciola a base di cannoli organizzata nel suo ufficio della Regione e immortalata da foto che fecero il giro del mondo. Oltre alla riforma del primo verdetto, però, ora a preoccupare l'ex governatore è la nuova indagine della Dda che lo vede indagato per concorso in associazione mafiosa. Il 5 febbraio, il gip deciderà se rinviare a giudizio il politico.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, ANSA]

- Cuffaro rischia un altro processo di Alessandra Ziniti (Repubblica.it)

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25 gennaio 2010
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