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Raccuglia si è avvalso della facoltà di non rispondere

E intanto cominciano a trapelare le prime indiscrezioni sul contenuto dei pizzini sequestrati al boss di Altofonte

18 novembre 2009

La Procura di Palermo ha predisposto ieri la richiesta di carcere duro per il boss Mimmo Raccuglia, arrestato domenica sera a Calatafimi (Trapani). Se entro giovedì mattina non sarà emesso il decreto del ministro della Giustizia Angelino Alfano, il capomafia di Altofonte dovrà essere portato, domani mattina, in tribunale, per partecipare all'udienza preliminare del procedimento in cui è imputato di associazione mafiosa ed estorsioni, assieme ad esponenti della mafia di Partinico e Borgetto.
Giovedì, se sarà emesso il decreto di imposizione del cosiddetto 41 bis (che il guardasigilli si è detto pronto a firmare, quando gli arriverà) l'udienza potrebbe saltare, perchè scatterà il trasferimento in un carcere del Nord e l'imputato potrà assistere in videoconferenza.
Il boss palermitano Mimmo Raccuglia, comparso ieri davanti al gip di Palermo Piergiorgio Morosini si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Intanto gli agenti della polizia Scientifica sono a lavoro per decifrare una trentina di "pizzini" scritti a mano. Alcuni con nomi e, accanto, cifre: certamente una sorta di contabilità del pizzo. Un block notes con la copertina rossa fitto di annotazioni. Il materiale, definito "molto interessante" dagli investigatori era conservato in uno zaino che il capomafia ha cercato di "salvare". Nella brevissima fuga accennata al momento del blitz, ha lanciato la borsa dalla finestra. Un tentativo vano visto che il "patrimonio" del boss è finito tra i piedi degli agenti che circondavano la casa di via Cabasino, a Calatafimini, ultimo covo del numero due di Cosa nostra.

E cominciano a trapelare le prime indiscrezioni sul contenuto della documentazione sequestrata all'ex latitante. Dai pizzini sembra siano emersi nomi di presunti prestanome che con le loro aziende stanno svolgendo lavori per conto della provincia. Ed è saltata fuori una foto, un ritaglio di giornale, di Gaspare Lo Nigro, un superburocrate regionale, oggi direttore dell’agenzia regionale per l’impiego. Il particolare è stato rivelato dall’odierna edizione del quotidiano “Repubblica”.
Rino Lo Nigro, 54 anni, vecchio aderente alla Democrazia cristiana, del paese del boss, Altofonte, è stato vice sindaco. Nelle fila dello scudo crociato viene eletto alla provincia regionale di Palermo e nel 1990 è assessore nella giunta Lo Vasco, a Palermo. Poi diventa vice sindaco dell’esecutivo cittadino guidato dall’ex magistrato Aldo Rizzo. Nel suo curriculum anche una collaborazione con l’ex sottosegretario agli Interni, Ferdinando Russo, e più di recente, l’avvicinamento all’Udc. Il suo nome non è nuovo per i magistrati in quanto coinvolto in altre inchieste antimafia.
Nel processo Andreotti, nel 1998, Giovanni Brusca lo annovera nelle amicizie del fratello Emanuele. "Tramite Lo Nigro - diceva Brusca - mio fratello aveva appreso che il giudice Carnevale non avrebbe più presieduto il maxi processo (in Cassazione, ndr)". Ma già un anno prima, lo stesso Brusca, aveva sollevato il sospetto che Lo Nigro fosse l’autore della lettera anonima circolata nel Palazzo di Giustizia di Palermo, pochi giorni dopo l’eccidio di Capaci, in cui si rivelavano una serie di contatti fra mafia e politici della Dc in ascesa. Lo Nigro respinse le accuse, "non ho mai fornito notizie riservate a nessuno, non ero in grado di farlo, non ho mai scritto lettere anonime". E sulla conoscenza con Emanuele Brusca, Lo Nigro aveva tagliato corto: "Ci conosciamo dai tempi dell’azione cattolica".

Ma non è finita qui. Il nome di Lo Nigro torna nell’inchiesta sulle talpe alla Dda di Palermo. Fra le conversazioni intercettate nel salotto di Giuseppe Guttadauro, medico, boss di Brancaccio, Salvatore Aragona – altro medico vicino al boss – diceva: "Guarda che Lo Nigro è uomo del Sisde". La sua fonte? Un politico.
Infine Lo Nigro è anche nelle carte con le quali i magistrati di Palermo hanno chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa per l’ex governatore siciliano Totò Cuffaro. Un testimone, Gaspare Romano, ha raccontato che 15 anni fa aveva visto Cuffaro a un conviviale a Portella della Ginestra. Con lui c’erano Santino Di Matteo, Emanuele Brusca e Rino Lo Nigro.

[Informazioni tratte da La Siciliaweb.it, Ansa.it, LiveSicilia.it]

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18 novembre 2009
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