Raffaele Lombardo indagato per mafia!
Sconcertante rivelazione de 'la Repubblica'. Il governatore: ''E' un'accusa che non sta né in cielo né in terra''
Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, e suo fratello, Angelo, parlamentare nazionale del Movimento per l'autonomia sarebbero indagati dalla Procura della Repubblica di Catania per concorso esterno all'associazione mafiosa.
La decisione, come riporta oggi un articolo su 'La Repubblica' a firma di Francesco Viviano e Alessadra Ziniti è stata presa dalla Procura etnea, guidata da Vincenzo D'Agata, sulla base di un corposo rapporto di tremila pagine confezionato dai Carabinieri del Ros. Nel faldone top secret spiccherebbero le rivelazioni di un pentito e le intercettazioni telefoniche e ambientali che documenterebbero i contatti tra il capo della mafia catanese, Vincenzo Aiello, e i fratelli Lombardo.
Con loro sarebbero indagati anche il deputato regionale dell'Udc, Fausto Fagone, il sindaco di Palagonia, altri sindaci di comuni catanesi, numerosi amministratori comunali e provinciali, che sarebbero stati eletti grazie al "massiccio" appoggio ed "impegno" delle cosche mafiose del clan storico di Cosa nostra che faceva capo a Nitto Santapaola e che ora è capitanato da Vincenzo Aiello.
Quest'ultimo è stato arrestato qualche mese fa durante un summit in cui si discuteva se aprire o meno una guerra contro le bande criminali catanesi, degli appalti da gestire e di come "comunicare" con il Presidente della Regione, Raffaele Lombardo. Nelle conversazioni intercettate dai carabinieri del Ros anche le "critiche" che il capomafia faceva a Raffaele Lombardo, per avere voluto nella sua giunta, magistrati-assessori, Massimo Russo, ex magistrato antimafia a capo dell'assessorato alla Sanita', Giovanni Ilarda, ex assessore alla Presidenza della Regione e Caterina Chinnici, figlia di Rocco Chinnici, capo dell'ufficio istruzione di Palermo, ucciso dalla mafia con un'autobomba nel 1983.
Una parte dell'inchiesta riguarderebbe anche gli affari dei fratelli Lombardo e di esponenti politici e funzionari regionali che farebbero a loro riferimento e che hanno preso il posto dei burocrati legati all'ex governatore Salvatore Cuffaro, condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia e a giudizio per concorso esterno. La Repubblica scrive, inoltre, che agli atti dell’inchiesta ci sono ore ed ore di intercettazioni telefoniche ed ambientali che inguaiano il fratello del Presidente ed il suo autista "personale". Quest’ultimo, secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Ros, teneva i rapporti ("da vicino e mai al telefono") con i boss e gli altri esponenti delle famiglie mafiose. La sua automobile era stata imbottita anche di microspie, ma l’autista le aveva scoperte e in automobile non parlava più.
"È un'accusa che non sta né in cielo né in terra. Non conosco Aiello, e non so chi sia. Posso soltanto ribadire che non ho mai fatto affari con la mafia".
La replica indignata del governatore è arrivata immediatamente, e in merito al suo presunto coinvolgimento nell'inchiesta per mafia, ha detto di "non avere avuto notificato alcun avviso di garanzia" e di "avere appreso la notizia da un amico che ha letto il giornale" e gli ha telefonato. Il leader del Mpa ha annunciato che adirà "le vie legali" nei confronti di chi lo accusa per "difendersi da queste accuse infamanti e false". "Non lancio proclami - ha aggiunto Lombardo - e chiedo giustizia agli stessi magistrati presentando un esposto dopo avere letto di cosa mi si accusa".
Nell'articolo di Repubblica, tuttavia, si parla dell’apertura di una indagine, del possibile rinvio a giudizio e, addirittura, del possibile arresto del presidente della Regione, che – si precisa – non gode di immunità parlamentare. Si tratta di tre momenti che, sulla carta, presuppongono attività e provvedimenti di natura diversa. La prima fase, la decisione di indagare, è assolutamente preliminare. L’avviso che si sta indagando giunge all’interessato perché ha diritto di saperlo. È una garanzia, non una sentenza. Il rinvio a giudizio conclude la fase preliminare dell’indagine, dopo l’accertamento di indizi e prove sufficienti per avvalorare i sospetti. Se i sospetti sono gravi, c’è pericolo di fuga o di inquinamento degli atti, allora può essere decisa la custodia cautelare. Il provvedimento ha conseguenze istituzionali evidenti se assunto a carico di un presidente della Regione.
L’articolo ipotizza questa eventualità sulla base degli elementi ottenuti dagli inquirenti. Da essi si desume che "Raffaele Lombardo - una volta eletto a capo del Governo Siciliano - aveva eretto una vera e propria barriera per evitare intercettazioni telefoniche e 'contatti' compromettenti”.
In più circostanze negli ultimi mesi Raffaele Lombardo aveva espresso le sue preoccupazioni in ordine alle scelte compiute dal governo sul grande affare dei termovalorizzatori. Ha perfino temuto per la sua incolumità personale ed avvertito della pericolosità della vicenda che avrebbe compromesso accordi per svariati miliardi di euro. Sull’energia alternativa e la gestione dei rifiuti il governatore ha più volte manifestato il sospetto che vi fossero infiltrazioni mafiose. Nel corso di una audizione alla Commissione nazionale antimafia, ha detto chiaro e tondo che la gestione dei rifiuti in Sicilia è inquinata dalla presenza mafiosa (LEGGI). Dunque, oggi risulta sconcertante la notizia dell’indagine sul suo conto.
Da parte sua, il procuratore capo di Catania Vincenzo D'Agata non conferma e non smentisce, preferendo "mantenere il massimo riserbo". Ma osserva che a suo avviso dietro la pubblicazione della notizia "c'è una matrice politica, oppure è stata diffusa per una contrapposizione di natura politica". "Purtroppo - ha aggiunto il procuratore D'Agata - i giornali, qualche volta, diventano involontari strumenti" nelle mani di qualcuno. "Certo, capisco che il giornalista fa il suo mestiere ma noi dobbiamo fare il nostro". "La notizia non è stata certo diffusa dall'Azione Cattolica, c'è chi ha interesse a creare uno stato di tensione sul mondo politico, vera o falsa che sia la notizia...".
Sull’indagine che coinvolgerebbe il Presidente Lombardo è voluto intervenire Vittorio Sgarbi: "Per una volta bisogna riconoscere che la Procura di Catania ha mostrato senso dello Stato indicando la matrice politica della fuga di notizie sul quotidiano 'La Repubblica'. Com’è evidente, i soggetti politici tradizionali sono 'commissariati' da titolari di programmi televisivi e dalla proprietà di giornali che intendono condizionare i progetti democratici parlamentari con incursioni che condizionano l’orientamento dei cittadini e delle segreterie dei partiti. Ne abbiamo una prova con la reazione di esponenti siciliani del Pd e dell’Idv contrari al Governo Lombardo. L’Italia è investita da questa azione politica sotterranea e incostituzionale. Anche per il sindaco di una città siciliana, quale io sono - ha osservato Sgarbi - è difficile lavorare in queste condizioni di continua precarietà ed esautoramento dei punti di riferimento".
[Informazioni tratte Adnkronos/Ing, Ansa, La Siciliaweb.it, Corriere.it]
- Lombardo sotto inchiesta a Catania di F. Viviano e A. Ziniti
- Un "califfo" nella palude siciliana di Attilio Bolzoni