Raggiunto l'accordo per l'Eni di Gela, a quale prezzo?
L'accordo è stato firmato all'indomani dell'approvazione al Senato del decreto Sblocca Italia
Ricerca e attività estrattiva a mare, nel Canale di Sicilia e ovunque sia utile attorno all’Isola. Se ci sono le autorizzazioni, la petrolchimica di Gela è salva.
Il patto con l’Eni è stato sottoscritto nelle scorse settimane e ha ricevuto la benedizione ieri, al ministero dello Sviluppo economico. L’accordo firmato ha reso tutti contenti. O meglio, ha reso contenti i firmatari dell’accordo: il ministero e il governo (qualcuno ha raccontato della soddisfazione di Renzi), la Regione Sicilia, l'Eni, Confindustria Sicilia e le organizzazioni sindacali nazionali e territoriali dei chimici e le Rsu.
Ma siamo sicuri che nessuno dovrà pagare alcun prezzo alla luce di questo patto?
L’Eni ha promesso "la definizione analitica del piano industriale su bioraffinazione, sostenibilità ambientale e politica di sviluppo delle ricerche di petrolio e metano in Sicilia" ma pretende "l’accelerazione delle autorizzazioni alla ricerca e allo sfruttamento di nuovi giacimenti". In cambio s’impegna ad effettuare "corrette compensazioni in favore del territorio di Gela per una riqualificazione produttiva, urbana e culturale". I livelli occupazionali saranno mantenuti, indotto compreso, ma nell’ambito della ricerca e dello sfruttamento dei pozzi a mare.
Dunque, letta così, la situazione conviene sicuramente agli operai, ma anche la città di Gela sembra che ci guadagnerà un bel po’. Conviene tantissimo, senza alcuna ombra di dubbio, all’Eni
Rischia di perderci, e anche pericolosamente, l’ambiente e il territorio marino.
Bisogna notare che il patto per l’Eni di Gela è stato firmato ieri, esattamente all’indomani dell’approvazione al Senato (con ampia maggioranza) del decreto Sblocca Italia, che prevede al suo interno la liberalizzazione delle trivellazioni petrolifere a mare e sulla terraferma. Un provvedimento che da un lato allenta i già carenti controlli ambientali sulle trivellazioni e dall'altro semplifica ed accelera i provvedimenti di rilascio di concessione dei titoli minerari.
In questa maniera le Regioni saranno spogliate di ogni residua competenza in materia, i mari e la terraferma vengono, con l'equiparazione dei titoli minerari ad opere di interesse strategico nazionale, di fatto militarizzati, e verranno aperte le trivellazioni in aree prima protette come le isole Egadi, il delta del Po, il Golfo di Napoli e Sorrento e le acque antistanti Venezia. I titoli minerari verranno rilasciati in soli 180 giorni e le concessioni, potranno durare più di 50 anni.
Che ci possa essere un collegamento tra le due faccende? A pensar male si fa peccato, ma quasi sempre si indovina...
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, SiciliaInformazioni.com, Corriere di Sciacca.it]