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Reato di cronaca

I giornalisti di ''Repubblica'' che hanno pubblicato lo scoop sui pizzini dei Lo Piccolo indagati per favoreggiamento alla mafia

17 gennaio 2008

Secondo i magistrati la loro non è stata solerzia, né tantomeno un diritto, men che meno dovere di cronaca: per la Direzione distrettuale antimafia di Palermo quanto fatto dai giornalisti di Repubblica Francesco Viviano ed Alessandra Ziniti è stato favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.
Questa l'accusa mossa ai due giornalisti per aver pubblicato una serie di articoli sui "pizzini" e sull'archivio segreto sequestrato ai boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo (leggi).
La Dda di Palermo voleva anche intercettare le utenze telefoniche di Viviano e di Ziniti e per questo, dopo aver notificato loro un avviso di garanzia per violazione di segreto d'ufficio, perquisito la redazione di palermitana di Repubblica e le loro abitazioni, e disposto il sequestro dei loro computer e di quello del capo della redazione Enzo D'Antona, ha deciso di aprire un altro fascicolo riservato, con l'ipotesi di reato aggravata dall'agevolazione "oggettiva" e "soggettiva", quindi intenzionale, di favorire Cosa Nostra. La richiesta è stata però rigettata dal gip Maria Pino che ha ritenuto insussistenti tanto l'ipotesi di reato quanto gli estremi per eseguire l'intercettazione.

Quindi, secondo qualche magistrato gli articoli dei due giornalisti avrebbero favorito Cosa nostra e in particolare gli uomini del clan Lo Piccolo che, stando alla tesi sostenuta ieri dal pm Francesco Del Bene anche davanti al tribunale del riesame, dove si discuteva il ricorso presentato dai difensori di "Repubblica" contro il sequestro e la clonazione degli hard disk dei computer dei giornalisti, hanno favorito la latitanza dei tre sfuggiti alla cattura nel corso del blitz che la notte scorsa ha portato in carcere altri esponenti del clan Lo Piccolo, trovati tutti nelle loro abitazioni (leggi), così come gli altri arrestati nei giorni scorsi.

“E' davvero urgente un provvedimento che faccia chiarezza su quali sono i limiti non già dei giornalisti, ma dei magistrati. Non basta più richiamare genericamente la legge e fantasiose ipotesi di reato dimenticando i doveri che dalla Costituzione derivano ai giornalisti”. Questa l'immediata reazione  del presidente dell'Ordine dei giornalisti Lorenzo Del Boca che chiesto un incontro urgente al vicepresidente del Csm Nicola Mancino. “Di questi doveri si è mostrato consapevole il vice presidente del Csm Nicola Mancino, quando ha chiarito che un giornalista ha il dovere di pubblicare le notizie delle quali entra in possesso. A Palermo c'è chi non la pensa così e si spinge fino a ipotizzare per due giornalisti di Repubblica l'ipotesi di favoreggiamento. È una ipotesi insultante per la storia professionale e personale di Francesco Viviano e Alessandra Ziniti; un'ipotesi insultante per tutti i giornalisti siciliani i quali hanno duramente pagato il loro impegno di civiltà contro la mafia; è una ipotesi insultante per l'intero Ordine dei giornalisti”.

La Federazione nazionale della Stampa, che ha descritto l'accaduto come un "incredibile corto circuito tra informazione e magistratura", ha chiesto un incontro a Csm e Associazione magistrati. "E' inaccettabile - ha detto il sindacato dei giornalisti - che colleghi già sottoposti alle minacce della criminalità mafiosa debbano guardarsi le spalle persino da alcuni magistrati". Il segretario dell'Assostampa Siciliana Enrico Bellavia ha richiamato "l'intera categoria a una mobilitazione forte contro ogni tentativo di intimidirla e ridurla a un silenzio acquiescente o, peggio, vincolarla a visti di censura preventivi".
A Francesco Viviano e Alessandra Ziniti è arrivata la solidarietà dai comitati di redazione del "Giornale di Sicilia" e de "La Sicilia", e dall'Unione cronisti che ha sottolineato la "carica di potenziale intimidazione del capo di imputazione”.

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17 gennaio 2008
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