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Recuperata la "roba" di Giovanni Verga

Libri, lettere e fotografie (del valore di 4 mln di euro) recuperati dopo 80 anni

20 luglio 2013

Negli Anni ‘30, il figlio dello scrittore siciliano Giovanni Verga, Giovanni Verga Patriarca, diede in prestito una parte dei manoscritti del padre ad uno studioso di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) senza poi più riuscire a riaverli indietro...
80 anni dopo l’annosa vicenda si è conclusa grazie al sequestro, a Roma e Pavia, di 36 manoscritti (romanzi e novelle), migliaia di stampe fotografiche, centinaia di lettere autografe, bozze, disegni e appunti di Giovanni Verga. Sono stati i carabinieri del Reparto Operativo Tutela Patrimonio Culturale a sequestrare l'ingente produzione letteraria, appartenente al Fondo Verghiano. Il valore dei beni recuperati, di elevato valore storico e culturale, ammonta a circa 4 milioni.

L'indagine, coordinata dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e da Laura Condemi della Procura della Repubblica di Roma, è iniziata nel 2012 ed è culminata nel sequestro che ha definitivamente concluso la vicenda. Vani si sono rivelati negli anni sia i tentativi del figlio dello scrittore di rientrare in possesso dei suoi beni, trattenuti dallo studioso che si opponeva strenuamente alla restituzione, sia le interrogazioni parlamentari succedutesi per 20 anni (dal 1957 al 1977) che avevano a oggetto l'esproprio per ragioni di pubblica utilità del materiale trattenuto dallo studioso, considerato di altissimo valore per il patrimonio culturale nazionale, sia delle varie Soprintendenze competenti. Nel 1975, dopo varie azioni legali, Pietro Verga (figlio di Giovanni Verga Patriarca) ottenne dal Tribunale di Catania una sentenza che gli attribuiva il possesso legale di tutti i manoscritti del nonno, sia quelli formalmente notificati sia la parte più consistente non potuta notificare a causa del rifiuto dello studioso, nel tempo, di consentire l'esatto inventario dei beni affidatigli per ragioni di studio.

Nel 1978, ancora prima di entrarne in possesso, il nipote offrì in vendita al Comune di Catania l'intero corpo delle carte Verga, incluse le opere non ancora notificate. Il Comune investì della questione la Regione Sicilia, che accettò l'offerta di vendita di tutto il fondo, ma di fatto entrò in possesso soltanto di una piccola parte pagando la somma di 89 milioni di lire.
La vicenda ha avuto impulso nel 2012 quando la Soprintendenza ai Beni Librai della Regione Lombardia si è accorta di un Fondo verghiano messo in vendita in una casa d'aste proprio dalla figlia dello studioso. A quel punto è scattato il procedimento di dichiarazione di interesse culturale ed è stato disposto lo spostamento e il deposito temporaneo del Fondo Verga nel Centro di ricerca del Fondo manoscritti dell'Università di Pavia (dove è tuttora custodito dopo sequestro penale disposto dai Carabinieri Tpc).
Le perquisizioni hanno portato poi al ritrovamento e al sequestro sia di manoscritti e documenti dell'autore dei Malavoglia che di 16 reperti archeologici integri del V-II Sec. a.C., provenienti da uno scavo clandestino. L'erede dello studioso messinese, una donna romana, A. P., di 76 anni, è stata denunciata con l'accusa di ricettazione ed appropriazione indebita. Le indagini sono ancora in corso per verificare l'esatta consistenza del fondo e il suo completo recupero.

[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it, Corriere del Mezzogiorno]

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20 luglio 2013
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