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Ribellarsi e denuciare! Solo così si sconfigge il pizzo

Nel palazzo di giustizia di Palermo due importanti processi contro il racket delle estorsioni

27 febbraio 2009

Mercoledì scorso è partito il processo contro dodici presunti mafiosi per il racket delle estorsioni a Carini (PA). Dai pizzini dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo alle dichiarazioni del collaboratore Gaspare Pulizzi (imputato anche lui), passando per le denunce di una decina di imprenditori in quasi due anni di indagini è stato ricostruito il pizzo in una delle aree industriali più importanti delle provincia.
Tante le realtà che hanno deciso di costituirsi parte civile: Addio Pizzo, Confcommercio, Sos Impresa, Provincia di Palermo, Confindustria Sicilia e Palermo, la Federazione Antiracket Italiana, il Consorzio Asi di Carini, il Centro Pio La Torre e l'Associazione Solidaria.

I pm del procedimento sono Nino Di Matteo e Gaetano Paci. Tra gli imprenditori che hanno collaborato attraverso le associazioni antiracket, Antonino Casano, 55 anni, ex amministratore delegato della Cpc spa, azienda che lavora nel settore dell'edilizia. "Sono diventato ad nel 2003. Poco dopo venne in ufficio una persona e mi disse 'la tua azienda ha pagato e continuerà a pagare. Il regalo di Natale è 3 mila euro'". Anche pochi per un'azienda che ha commesse all'estero. "Sì, ma a Carini - ha spiegato Enrico Colajanni, presidente di Libero Futuro - il pizzo era diventato irrilevante, perché gli uomini d'onore lì si erano fatti imprenditori, avevano creato un sistema completo, dai rifornimenti al movimento terra. Chi voleva lavorare in quella zona, doveva utilizzare quei servizi. Di fatto un monopolio".
"Lasciavamo una busta in amministrazione, con i contanti dentro", ha raccontato ancora Casano, e l'utilizzo forzato delle strutture per la Cpc durarono fino agli arresti del gennaio 2007 nell'operazione Occidente. "Dopo quella retata - ha detto ancora - pensai di poter scegliere l'azienda per il movimento terra. La prima sera del primo giorno fu bruciato un escavatore: quell'imprenditore se ne andò subito, e non volle nemmeno pagato quel giorno di lavoro". Poi, per motivi personali, Casano lasciò la Cpc. 

La diga del pizzo oggi è incrinata, e "può essere rotta", aggiunge Colajanni. "I più vulnerabili oggi sono i piccoli imprenditori, perché sono più esposti, anche soltanto per il fatto di lavorare in strada. In aziende più grandi ci sono le telecamere, gli ingressi, i controlli: persino chiedere le estorsioni diventa più complicato - aggiunge Daniele Marannano, di Addiopizzo - Basta pensare che a dicembre, prima degli arresti dell'operazione Perseo, il titolare di un supermarket in una zona molto battuta dal racket ci ha detto che non pagheranno più. L´ultima richiesta l´aveva fatta un esattore più spaventato dello stesso titolare".
Il peso del processo è testimoniato anche da Confindustria Sicilia, che si costituisce parte civile soltanto nelle occasioni più importanti, delegando alle sue ramificazioni locali le costituzioni nei processi minori. Ivan Lo Bello, il presidente degli industriali siciliani, rinnova l'appello "a tutti gli altri imprenditori delle aree industriali di Palermo, affinché, seguendo il positivo esempio dei loro colleghi, trovino anche loro il coraggio di dire no al pizzo per poter liberamente operare in un contesto normale".

E l'udienza preliminare del processo contro il racket a Carini si è concluso con il rinvio a giudizio di due imputati. Altri 4 imputati hanno scelto, invece, di essere giudicati con il rito abbreviato. I restanti 6 imputati verranno giudicati da un altro gup perché le loro posizioni sono state stralciate dal processo principale.
Il gup Daniela Troja, dopo una breve camera di consiglio, ha rinviato a giudizio Girolamo Cangialosi e Giuseppe Sgroi. La prima udienza del processo si terrà il 20 luglio. Davanti ai giudici della V Sezione penale del Tribunale il prossimo 18 marzo verranno invece esaminate dal gup Troja le posizioni dei 4 imputati che hanno deciso l'abbreviato: Tommaso Cangemi, Ferdinando detto 'Freddi' Gallina, Giuseppe Pecoraro e il pentito Gaspare Pulizzi. Gli altri 6 per i quali è stata stralciata la posizione sono: Giulio Covello, Calogero Passalacqua, Giuseppe Passalacqua e Angelo, Antonino e Vincenzo Pipitone.

E nello stesso giorno in cui inizia il percorso per rendee giustizia ai "ribelli" di Carini, in un'altra aula del Palazzo di giustizia, il gup Marina Petruzzella ha processato 13 boss che hanno imposto il pizzo fra i quartieri palermitani della Noce, di Malaspina e di Cruillas.
Per loro sono stati chiesti 150 anni di carcere dai pm Marcello Viola, Francesco Del Bene e Roberta Buzzolani. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa all'estorsione, al traffico di droga. Alla sbarra, tra gli altri, i due capimafia Pietro Tumminia, reggente del mandamento di Altarello, per cui i pm hanno chiesto 18 anni di carcere e Mimmo Monti, boss del quartiere Borgo Vecchio, per cui è stata chiesta la condanna a 10 anni.
L'indagine ha potuto contare anche sulla testimonianza di un imprenditore e del titolare di una concessionaria di auto, vittime del pizzo, che decisero di denunciare gli estorsori.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing e dagli articoli di Gabrilele Isman e Salvo Palazzolo pubblicati su Repubblica/Palermo.it]

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27 febbraio 2009
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