Ribelli o traditori?
Piero Grasso (Pd) presidente del Senato: ci fu soccorso del MoVimento 5 Stelle?
E’ stato un primo tentativo di esportazione del "Modello Sicilia" a Roma? Può darsi, ma è un’ipotesi azzardata. Intanto, Piero Grasso, ex procuratore nazionale antimafia divenatato senatore del Partito democratico, è stato eletto Presidente del Senato con 137 voti. Ha guadagnato nel ballottaggio 17 voti rispetto al terzo scrutinio, mentre Renato Schifani, suo contendente, ne ha ottenuti sei in più fermandosi a quota 111.
Le schede bianche sono state 52, la stessa cifra totalizzata dal candidato grillino Orellana nel terzo scrutinio. Una coincidenza che sembra fatta apposta per non farci capire niente. I senatori di Scelta Civica non si possono certo cancellare. Avrebbero dovuto depositare la scheda bianca nell’urna, quindi il numero delle schede bianche avrebbe dovuto essere la somma dei 52 senatori grillini e dei ventuno senatori montiani. Invece che 73, le schede bianche sono state 52, ventidue in meno. Ad ingarbugliare ancora più le cose ci sono sette schede nulle.
Impossibile ricostruire in modo lineare ed esaustivo le intenzioni di voto affidandosi ai numeri. Bisogna affidarsi alle "voci" e alle dichiarazioni che hanno preceduto il ballottaggio... Infatti, prima che cominciasse il voto a Palazzo Madama si era sparsa voce di una riunione del gruppo parlamentare M5S piuttosto accesa durante la quale la delegazione parlamentare siciliana avrebbe rappresentato il problema del ritorno a casa con il succeso di Renato Schifani. "Se vince lui - avrebbe detto uno dei senatori siciliani - quando torniamo in Sicilia ci fanno un mazzo così…".
Che sia vera o no, la versione uscita dall’assemblea del MoVimento è risultata credibile subito. Come avrebbero dovuto spiegare un indiretto aiuto al candidato di Berlusconi grazie alle schede bianche?
L’empasse determinato dal confronto fra i sostenitori della linea tradizionale - nessuna commistione,nessun appoggio ai partiti - e il bisogno di evitare la continuità berlusconiana, sarebbe stato superato con la libertà di voto in questa speciale circostanza. Ed ecco spuntare un gruzzolo di voti per Piero Grasso, per scongiurare il successo del Presidente del Senato uscente.
"Ha vinto il modello Sicilia", ha subito commentato il governatore siciliano Rosario Crocetta, "sono almeno 12 i senatori grillini a votare Grasso, in prevalenza siciliani".
Un risultato, quello del voto, che premia le scelte di Bersani - Laura Boldrini e Piero Grasso non fanno parte degli apparati di partito - ma che non si proietta per nulla sulla composizione del nuovo governo. Grasso ha avuto i consensi che gli servivano per essere eletto, ma mancano all’appello 21 voti, ne servono 158 per andare al Quirinale con una maggioranza in entrambe le Camere.
Questo schema, con alcune varianti, è stato seguito in Sicilia. Il vicepresidente dell’Assemblea regionale, il grillino Antonio Venturino, ha avuto un pacchetto di voti del centrosinistra ed ha battuto il candidato del Pd. E’ stato il primo passo; successivamente, su alcuni provvedimenti legislativi - il documento di Programmazione economica e finanziaria tra l’altro - i quindici deputati regionali del M5S hanno espresso un voto favorevole.
Certo, la Sicilia non deve misurarsi con il voto di fiducia ed è stato più facile, ma il dato di fondo è che i fatti s’incaricano di ribaltare anche le più solide decisioni politiche. Le preoccupazioni siciliane hanno un senso, non sono campate in aria, viste nell’ottica di un partito composto da contrari.
Sarà difficile che la paternità dei diciassette voti in più sia rivendicata da alcuno, al pari delle schede nulle e dei sei voti in più a Schifani. Il mistero non riscalda i cuori di alcuno, perché il ballottaggio al Senato lascia le cose come stanno. Il centrosinistra ha guadagnato un buon risultato d’immagine e portato al vertice delle istituzioni due facce nuove, accreditando una voglia di cambiamento, ma non ha aperto la breccia di Porta Pia, solo uno spiraglio attraverso il quale fare passare qualche messaggero di pace.
L'ira di Beppe Grillo: "Via chi ha tradito" - Alla prima vera prova di democrazia, di politica e di trasparenza, il M5s si è fatto trovare impreparato e ha disobbedito alla linea del MoVimento, che impone trasparenza e rispetto per le scelte della maggioranza. Al Senato, l’altro ieri, alcuni esponenti del M5S, quelli siciliani in prima fila, hanno scelto di votare Pietro Grasso, preferendo il magistrato alla scheda bianca, così come era stato deciso dalla maggioranza. La motivazione, secondo quanto trapelato attraverso le agenzie di stampa, il fatto che per i senatori dell'Isola l'elezione di Schifani avrebbe comportato la disapprovazione del loro operato da parte della base degli attivisti in Sicilia.
I senatori siciliani Francesco Campanella (48 anni, impiegato), Mario Michele Giarrusso (48 anni, avvocato), Vincenzo Santangelo (40 anni, architetto), Nunzia Catalfo (45 anni, impiegata), Fabrizio Bocchino (44 anni, fisico), Ornella Bertorotta (45 anni, imprenditrice), tra gli altri, avrebbero fatto una scelta che non è andata giù al leader Beppe Grillo, che attraverso un post in tarda serata, chiede la scomunica e le dimissioni spontanee ai suoi rappresentanti.
"Nella votazione di oggi per la presidenza del Senato è mancata la trasparenza. Il voto segreto non ha senso, l'eletto deve rispondere delle sue azioni ai cittadini con un voto palese. Se questo è vero in generale, per il MoVimento 5 Stelle, che fa della trasparenza uno dei suoi punti cardinali, vale ancora di più. Per questo vorrei che i senatori del M5S dichiarino il loro voto" ha scritto sul suo blog Grillo. "Nel Codice di comportamento eletti MoVimento 5 Stelle in Parlamento sottoscritto liberamente da tutti i candidati - prosegue il post di Grillo - al punto Trasparenza è citato: - Votazioni in aula decise a maggioranza dei parlamentari del M5S. Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo ha mentito agli elettori, spero ne tragga le dovute conseguenze".
Beppe Grillo fa riferimento al punto 4 del regolamento, quello sulla trasparenza, dove si legge che le 'votazioni in aula sono decise a maggioranza dei parlamentari del M5S. Immediato il riferimento alla norma sulle espulsioni dal gruppo, il punto 6 del Codice.
"I parlamentari del M5S riuniti, senza distinzione tra Camera e Senato, potranno per palesi violazioni del Codice di Comportamento, proporre l'espulsione di un parlamentare del M5S a maggioranza. L'espulsione dovrà essere ratificata da una votazione on line sul portale del M5S tra tutti gli iscritti, anch'essa a maggioranza".
"Sicuramente ieri nella cabina elettorale qualcuno di noi ha agito in coscienza e questa è stata una grande espressione di libertà, di quello che è il nostro spirito", ha detto Vito Crimi, capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato, in un video pubblicato durante la notte su Facebook, per fare un resoconto delle votazioni. Il candidato ideale del Movimento era Luis Orellana, ha ribadito Crimi. "Dobbiamo però dare atto che in questi mesi siamo riusciti a stimolare le forze politiche a tirar fuori dei nomi un po' più distaccati rispetto all'apparato di partito, un po' più nuovi rispetto al Partito democratico. Ci possiamo prendere questo merito", ha aggiunto.
Dando conto della concitata riunione a Palazzo Madama prima del voto, Crimi ha parlato di un "bellissimo confronto, molto emozionante e anche acceso perché si sono tirate fuori tutte le storie legate alla mafia, all'antimafia, visto che avevamo in contrapposizione Schifani e Grasso. I nomi dicevano tutto". La coerenza del gruppo è stata rispettata, ha spiegato ancora, perché "il gruppo è uscito all'unanimità con un'unica speranza: la non rielezione di Schifani". "In questa linea la quasi totalità ha proseguito nel voto bianca, qualcuno non ha votato, qualcuno Orellana, qualcuno ha agito in coscienza", ha aggiunto.
"Non siamo telecomandati. Ognuno di noi ha una propria sensibilità. Segue la propria coscienza. E certamente Pietro Grasso non faceva, e non fa, parte del vecchio apparato", ha detto con chiarezza in un'intervista a La Stampa Luis Orellana.
Il senatore Giuseppe Vacciano ha votato Grasso e lo ha detto chiaramente respingendo l’accusa di tradimento. "Lunedì e martedì sarò a Roma per discutere l'opportunità delle mie dimissioni... Se si cercano i colpevoli di 'alto tradimento ai principi del M5S', ecco, uno l'avete trovato".
Vacciano ha affidato a un post sul suo profilo Facebook la confessione della sua ribellione e, prima di chiarire alcuni punti, si è soffermato a descrivere le sensazioni vissute all'interno dell'Aula e a i motivi che lo hanno spinto a scrivere il nome del procuratore nazionale antimafia: "Penso che poche giornate siano state per me difficili come quella di sabato - spiega -. Nella mia vita non ho mai nascosto la mano dopo aver tirato il sasso e non inizierò a farlo ora per convenienza personale o di immagine. Né vorrei che scelte personali dettate esclusivamente dalla mia coscienza e dagli eventi vissuti sabato pomeriggio portassero danno o sospetti su quella parte maggioritaria di cittadini senatori che ha votato nel ballottaggio di ieri scheda bianca o nulla".
Insomma, Vacciano non chiede 'sconti' ma il rispetto sì: "Non ho la pretesa di essere 'compreso' o 'avallato'. È vostro diritto considerare la mia scelta un errore e una violazione del codice di comportamento (certamente non mi trincererò dietro l'articolo 67 della Costituzione) come era mio quella di farla, vi chiedo la cortesia di mantenere un atteggiamento civile nei commenti, se intenderete farne", si legge su Facebook.
Poi la spinta definitiva: "Duro - racconta il senatore - è stato portare nel cuore i volti, le lacrime degli amici Siciliani e Calabresi (non solo loro) e leggere il messaggio di una persona che la mafia ha colpito più duramente di tanti altri. Così, di fronte al rischio di vedere nuovamente una persona come quella proposta dal Pdl quale seconda carica dello Stato, pure con mille dubbi e consapevole che tra Pd e Pdl non esiste il 'meno peggio', ho votato Grasso".
Nel ribadire che la preferenza accordata a Grasso non rappresenta in alcun modo una dichiarazione di fiducia nei confronti del Pd, il senatore grillino sottolinea più di una volta la convinzione di assumersi responsabilità della sua presa di posizione. Una scelta fatta 'liberamente', ribadisce Vacciano, pronto ad affrontare le conseguenze: "A volte seguire la propria coscienza porta a delle scelte ed io, liberamente, ho deciso di farne una - spiega il senatore -. Mi rendo conto che questa mia posizione, pur non rappresentando in alcun modo un'apertura di credito a chicchessia e tanto meno una sorta di 'do ut des' del M5S in vista delle elezioni di figure forse anche più rilevanti ai fini del Movimento (quali i Questori o i presidenti di Commissione), può creare danni al Movimento e dato che persone migliori e più preparate di me possono prendere il mio posto senza alcun problema, lunedì e martedì sarò a Roma per discutere l' opportunità delle mie dimissioni".
[Informazioni tratte da SiciliaInformazioni.com, ANSA, Adnkronos/Ign, Repubblica.it]
- Caccia ai "giuda" siciliani di Mario Barresi (Lasiciliaweb.it)