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SULLA DIFFIDENZA E IL TRADIMENTO del prof. Marico De Fedi I e II parte

07 novembre 2001

SULLA DIFFIDENZA E IL TRADIMENTO

del prof. Marico De Fedi



I e II parte
 


Diffidanza (difidanza), sf. Ant. mancanza di fiducia, diffidenza. Cicerone volgar. , 2-135: Il timore è ancora diffidanza dell'aspettato e del soprastante male. Vasari II- 753: Andrea accortosi, nel domandare Baccio, della sua intenzione, e sdegnandosi di cotal diffidanza..., messe d'ogni sorte colore sopra la tavoletta. Agostini, 40: Talvolta... non è sì legger peccato che gravissimo non mi paia e che, dal peso vinto io non trabocchi alla disparazione e alla difidanza di più poter risorgere. Davila, 102: Le quali cose magnificate e inculcate potevano turbargli l'animo, e parlo in diffidanza con i suoi antichi dipendenti e amici. 2. Intimazione; dichiarazione di guerra. Testi Toscani, 130: Al presente se trova el campo loro contra la paxe chi era da questa excelsa communità a quella signoria, et cum ogni desonestade loro, et contra ogni bona uzansa, senza farne noticia et diffidanza alcuna, per questo si è deliberato per contra de fare guerra a loro in ogni loco.
= Deriv. da diffidare


Tradire v.tr. [lat. tradere "consegnare", attraverso il sign. di "consegnare ai nemici", "consegnare con tradimento"; cfr. soprattutto l'uso assoluto del verbo tradere nel passo del vangelo di Luca (22,48) che parla della consegna di Gesù da parte di Giuda (Iesus autem dixit ei: Iuda, osculo filium hominis tradis), e poi di traditor riferito a Giuda in Marco 14,44 (Dederat autem traditor eius signum eis dicens...), ma vedi anche TRADITORE]- 1. a. Venire meno ai propri doveri più sacri, mancando alla fede debita o data, ad impegni presi solennemente, alla fiducia che altri a in noi; si accompagna di solito con un compl. ogg. che indica la persona o l'istituto ai cui danni avviene tale mancanza: t. la patria, lo stato; t. la causa per cui si è combattuto, i propri ideali; t. un amico, i propri alleati; oppure la natura del vincolo che si viola: t. il mandato ricevuto, la fiducia altrui ecc.; rivelare o divulgare cosa che si doveva tenere segreta. Nell'uso ant. con un compl. indiretto indicante l'oggetto del tradimento: Se 'l conte Ugolino aveva voce D'aver tradita te de le castella (Dante), consegnando "le castella" ai nemici. In partic. mancare alla fedeltà verso il coniuge o alla persona cui si è sentimentalmente legato. 2. estens. a. Deludere, agendo in modo contrario all'interesse, all'aspettativa, alla convenienza. b. Palesare persona o cosa che vorrebbe o dovrebbe restare nascosta. 3. letter. ant. Consegnare proditoriamente: tradirono la città, i castelli al nemico.


Questo saggio (ma forse è improprio parlare di saggio) avrebbe dovuto trattare i concetti di diffidenza e tradimento nei paesi appartenenti al bacino mediorientale. Mi accorsi, fortunatamente subito, che l'approccio mio iniziale peccava d'eccessivo impulso semplicistico, ed inquadrando oggettivamente il tema, e valutandone le difficoltà che esso implicava ( viaggi, studi approfonditi dei territori e della loro storia, studi etimologici etc.) realizzai che l'idea iniziale doveva essere frutto di una improvvisa megalomania. La voglia d'affrontare, in qualche modo, questi due concetti rimaneva; ridimensionando il tiro ne è uscito fuori questa specie di carnet, sul quale ho appuntato frasi e passi di altri autori trattanti i suddetti concetti,  o se si vuole le suddette parole.

Importante in questo specifico caso è differenziare il concetto dalla parola, proprio per sottolineare e la valenza topica della parola, e quella più immaginifica, addirittura sentimentale o che comunque evoca circostanze, situazioni. Ho iniziato il percorso partendo dalle definizioni, così d'avere una sorta di fondazione sulla quale poggiare ambienti narrativi, luoghi nel quale i concetti di diffidenza e tradimento abitano, luoghi differenti che hanno la funzione di mostrare quali diverse accezioni possono coprire. Si forma così una specie di catalogo dei significati che questi due concetti possono assumere, e che messi tutti assieme rendono un certo quadro più nitido e completo. Mi permetto di utilizzare l'immagine di una mappa, dove sta segnato il percorso per arrivare al sito dove si erge un tempio a nome di questi due esseri-enti, per dirla heiddeggerianamente, utilizzando come punti di riferimento stralci di scritture che mantengono al loro interno la "diffidenza" e il "tradimento".


I

...Il giorno stava finendo, quindi la notte arrivava. Erano stati grandi giorni di quelli dove si scopre personalmente tutto quello che s'era sospettato, ma non ancora bene inquadrato ci si lascia in pace da qualsiasi congettura.
Era miracoloso come si era stati bene, non una fusione d'anime, né tanto meno sentirsi un tutt'uno, ognuno esattamente come si era sempre stati ma graziati da un'intesa, da una comprensione ambivalente, che sì, si aveva da pensare si trattasse d'amicizia.
La strada per Gerico era ancora tanta, adesso avrebbero dovuto congedarsi e l'attimo del saluto andava facendosi sempre più solenne e magnifico. Gli sermbrava che anche i colori della notte stavano li a collaborare. Deciso l'avrebbe abbracciato e gli avrebbe detto piano "Ti ho affidato parte della mia vita, amico!".
La faccia placida dell'altro gli dide un sorriso morbido, allargò le braccia che sembrava l'arco dell'orizzonte, lo ammantò tutto e lo cinse con una tensione tale come a volerlo inglobare nel suo corpo. In altrettanta placida maniera, dalla manica della sua fluida tunica, lasciò scivolare un coltello, lungo e sottile, gli accostò le labbra all'orecchio e gli sussurrò "Il fatto è che ti ho lasciato parte della mia vita". Gli infilò la lama all'altezza della costola del nazareno, lui sentì appena una puntura come di zanzara, e miracolosamente come tutto quello che avevano vissuto nei giorni addietro, capì che lo stava ammazzando, che lo aveva ammazzato.
Tagliente il profilo di quella luna, sembrava stesse a collaborare con l'intera scena, la scena finale di un dramma che parlò di una grande amicizia.

Ahlidej Harakabeet, I sensi del deserto  1957


II

...Seduti adesso sul ciglio di una strada. Lei con tutta la sua giovane età, le ginocchia al petto, suo padre accanto con lo sguardo stanco e passato.
Lei- Lo sai  benissimo! Me lo hai detto tu! Si deve tener duro, fare le cose che si credono giuste e una volta riuscite, stare bene per questo. Soddisfarsene!
Lui- Oh! Sacrocielo! (sorride amareggiato) E' la beatitudine !? (si fa serio) A quanto pare mi manca il senso dell'assurdo. Tenterò tutto ciò appena saprò concepire che la vita è meravigliosa e...che l'aria è bella (pausa) la vita è semplicemente, schiettamente solo vita; noi così...vivi, abbiamo solo questo. E l'aria può essere fresca e frizzante, profumata e...tutto il resto, ma rimarrà solamente aria, e noi ne abbiamo, dibbisogno. Niente di tutto questo è bello.
Lei- (molto interdetta) Ma tutto... tutto quello che mi avevi detto? Dov'è tutto il resto?
Lui- Sono un becero mediocre. Ma questo è. Questo è quanto.
Lei- Sei una merda!
Lui- Già, è probabile.
Lei s'alzò di scatto. I suoi occhi erano pieni di disprezzo. sputò per terra e se ne andò. lui la guardò dal basso verso l'alto con indifferenza. Sulle labbra gli si lesse "figlia mia". Veloce sbucò dalla bocca della fogna uno scarafaggio. Lo schiacciò, esitando un attimo al crunch.

Anthon Al Reinerth, The crash faith  1980


III

...Da un pezzo avevo notato che, per quanto concerne i costumi, talvolta bisogna seguire opinioni che si sanno molto incerte come se fossero al di sopra di qualunque dubbio; ma poichè allora desideravo unicamente di attendere alla ricerca della verità, pensai che dovevo fare tutto il contrario, rifiutando come assolutamente falso tutto ciò in cui potessi immaginare il minimo motivo di dubbio, per vedere se, dopo un tale rifiuto, qualcosa sarebbe rimasto a godere la  mia fiducia come del tutto indubitabile. Quindi, dato che i sensi a volte ci ingannano, volli supporre che nessuna cosa fosse tale e quale ce la fanno immaginare. E poichè vi sono uomini che sbagliano ragionando dei più semplici argomenti di geometria e cadono in paralogismi, giudicando me stesso altrettanto soggetto all'errore quanto chiunque, rifiutai come false tutte le ragioni che in passato avevo ritenuto dimostrazioni. Infine, considerando che tutti i pensieri che abbiamo da svegli possono venirci in mente anche quando dormiamo, senza che nel sogno nessuno sia vero, decisi di fingere che tutto ciò che mi era passato per la mente non rivestisse maggior verità delle illusioni dei miei sogni. Ma subito dopo mi resi conto che nell'atto in cui volevo pensare così, che tutto era falso, bisognava necessariamente che io che lo pensavo fossi qualcosa. E osservando che questa verità, PENSO DUNQUE SONO, era così salda e certa da non poter vacillare sotto l'urto tutte le più stravaganti supposizioni degli scettici, giudicai di poterla accettare senza scrupoli come il primo principio della filosofia che cercavo...

René Descartes, Discorso sul metodo  1637


IV

...Comunque mi sentivo solo. Mi avevano fatto credere chissà  che cosa. Tutti avevano ragione; pieni di se o disperati non so quanto, disgustati dagli altri perchè non comprendevano o perchè non erano compresi. Tutti con la soluzione in tasca, dopo poco con "qualche" soluzione in tasca.
Nella mia bilancia (bilancia perchè l'intento mio era quello d'ascoltare principalmente, anche se  per alcuni non ero manco capace di sentire) pesarono tutti alla stessa maniera. Com'era la misura?, la loro presenza nella vita: base loro x loro altezza e ne usciva fuori... loro. Né più né meno... Loro come me alla fine...

J. D. Salinger, L'ascensione di una mezza calzetta  1950


V

...Diffido gli uomini che fan spiccare la propria sapienza con dire spedito e occhi d'eterno, che accompagnano le parole con fare largo e sovrano o timido e introverso; che sanno, e ciò è chiaro e si vede, di sapere e incontrollabilmente, a volte, guardano l'altro con l'occhio colmo di pietà.
L'amico è sempre un terzo per il solitario; e il terzo è il sughero che non permette che il discorso dei due cada nel fondo.
Ohimè, ci sono troppo profondità per i solitari. Perciò essi provano ardente desiderio d'un amico che li tragga in alto.
La nostra fede negli altri tradisce ciò che più volentiri noi crederemo di noi stessi. Il nostro desiderio di un amico ci tradisce.
Molto spesso con l'amore non si vuole altro che passar oltre l'invidia. E molte volte andiamo in cerca di nemici e li combattiamo soltanto per nascondere a noi stessi che agli altri è facile l'assalirci.
Piccoli di fronte al mondo ci si sente ( e sono pronto a giurare che anche il più barbaro alle volte lo ha sperimentato ) guardando l'infinità del cielo o del mare. Soli! Soli! Soli! E a voler gridare codesta disperazione con propria voce, tutta per intera da sola non basta. "Devi almeno essere mio nemico"- così parla il vero rispetto che non osa mendicar l'amicizia.
Se vuoi possedere un amico, ti bisogna voler anche guerreggiare per lui: e per far la guerra, conviene saper essere nemico.
Nell'amico bisogna rispettare anche il nemico. Puoi tu forse avvicinarti al tuo amico senza passare a lui del tutto?
Nel proprio amico bisogna possedere il miglior nemico. Tu devi sentirti nel cuore più vicino a lui, quando ti senti da lui respinto.

F. W. Nietzsche, Abbozzi per "Così parlò Zarathustra"  1881-82


VI
SCIARADA

IL RE
Fammi ridere, buffone.
IL BUFFONE
Sire, il vostro primo ministro è un imbecille, il vostro secondo ministro un idiota, il vostro terzo ministro un cretino, il vostro quarto ministro...
IL RE
(colto da grande ilarità) Fermati, buffone, e dammi la soluzione.
IL BUFFONE
La soluzione, Sire: siete il re dei coglioni.

Jacques Prévert, Graffiti  1972


VII

...Necessariamente avrebbe avuto bisogno di un oggetto da nomenclare, un punto di focalizzazione così da poter dirigere l'attenzione e posticipare l'atto fatale della follia; sì, essa era il pericolo, per ora, da combattere, savio mentalmente doveva necessariamente trattenersi. Diffidava felinamente da ogni ragionamento che potesse essere sospettato di originalità, perchè pure il minuscolo pensiero inconsueto diventava emblema di tradimento verso ogni sana analisi razionale. Purtroppo era insensata la battaglia che egli voleva intentare, voleva combattere con la forza delle cose e con i sentimenti, e tutti, sia saggi che invasati, sanno che loro vittoria certa è solo la resa e il passo avanti, umili a chinar la testa come qualsiasi credente di fronte al proprio dio.

Novella russa di anonimo,  1884 c.ca


VIII

CHEREA - Ma io sono con voi. Anch'io voglio che Caligola sia ucciso.
UNA VOCE - Basta con le chiacchiere.
CHEREA - (alzandosi improvvisamente serio) Sì, basta con le chiacchiere. Voglio che le cose siano chiare. Se io avessi il potere di Caligola agirei come lui, dato che sono animato dalle sue stesse passioni. Ma c'è un punto sul quale non posso essere daccordo con voi. Ed è che se Caligola è pericoloso, se vi ha reso la vita insopportabile, non è certo per le sue oscenità, per la sua crudeltà, per i suoi delitti (ambiguo) ma perchè passioni più alte e più mortali lo sorreggono.
UNA VOCE - Che vuoi dire? Cos'è questa storia?
CHEREA - Ecco, ve lo dico subito. Attraverso Caligola, per la prima volta nella storia, la poesia provoca l'azione e il sogno la realizza. Lui fa ciò che sogna di fare. Lui trasforma la sua filosofia in cadaveri. Voi dite che è un anarchico. Lui crede di essere un artista. Ma in fondo non c'è differenza. IO - e dico io, sottolineo che sto parlando di me - io sono con voi, con la società. Non perchè mi piaccia. Ma perchè non sono io ad avere il potere, quindi le vostre ipocrisie e le vostre viltà mi danno maggiore protezione - maggiore sicurezza - delle leggi migliori. Uccidere Caligola è darmi sicurezza. Finchè Caligola è vivo, io ono alla completa mercè del caso e dell'assurdo, cioè della poesia. (Li guarda. Riprende con voce penetrante). Vedo sui vostri volti risentiti il sudore della paura. Anch'io ho paura. Ma io ho paura di quel lirismo disumano al cui confronto la mia vita non è niente. E' questo il mostro che ci divora, ve lo dico io. Se c'è un solo individuo puro, nel bene o nel male, il nostro mondo è in pericolo.
Per ora lasciamolo fare. Assecondiamolo. Gestiamo la sua follia. Verrà un giorno in cui si troverà solo davanti a un impero di morti e di parenti morti.

Albert Camus, "Caligola"  versione del 1941


IX

E' successso ieri mattina, in una (apparentemente) semplice domenica a Castelcaterva; nel bel mezzo di un avvenimento che dovrebbe essere festoso come un matrimonio, lo sposo, Fortunato Ventreliscio di anni trentuno, ha esploso nella chiesa, a danno della "futura" moglie e del parroco, ben dodici colpi di pistola. Il movente passionale svela una storia di tradimento e frustazione. Quella che sarebbe dovuta diventare moglie del Ventreliscio, Rita Gaglioffo, intratteneva una relazione amorosa col parroco del paese Devoto Sulseri. Dal racconto di alcuni abitanti di Castelcaterva, nonchè dal fratello del mai coniuge Ventreliscio, l'oltraggiato uomo avrebbe scoperto la tresca tempo addietro, e cercando di non farsi tradire da emozione alcuna ha aspettato il fatidico giorno delle nozze quale momento della verità. L'omicida, avendo subito confessato tutto ai carabinieri, è stato tratto al carcere Ucciardone con l'accusa di omicido volontario preintenzionale. Il fratello dell' assassinata ha poi aggiunto: giustizia è stata fatta!

Cronache di paese, Il quotidiano dell' isola  Aprile 1969


X

...L'envers et l'endroit, null'altro da fare, come il vero respingimento al io-ti-amo che è "non c'è risposta", dove si viene annullati non solo come soggetti domandanti ma anche come soggetti parlanti; é proprio il mio linguaggio così che viene reciso di netto, quello che era l' ultimo appiglio della mia esistenza, l' estremo rappresentante dell' esserci in cospetto degli altri, ecco che può nascere la diffidenza. Esserlo, diffidenti, perchè costretti dalle contigenze, e rendersi conto che in un certo  senso ciò può corrispondere alla proverbiale zappata sui piedi. avviene che l'unica modalità di difesa diventi quella di concepire un tradimento, protratto da anime che si credevano vicine, sorta di offesa lancinante che non ti saresti mai aspettato. Ma se la coscienza sèguita ad essere presente si può riuscire a comprendere senza biasimo la contingenza nell'ipotetico traditore; costretti si è a rispondersi "non c'è risposta". L'envers et l'endroit, un naturale istinto scettico per annichilirsi.

Ferdinand Chatiernesse,  Essais  1932


XI

...Mi pare spaventoso che da me siano potuti nascere figli. Ma quando? Li avrò avuti jeri. Jeri ero ancora giovane. E' giusto che ora, da vecchio, li conosca. [...] Seduto, li guardo, li ascolto; e mi sembra che mi stiano facendo in sogno uno scherzo.
Già finita la mia vita?
E mentre sto a osservarli, così tutti curvi attorno a me, maliziosamente, quasi non dovessi accorgermene, vedo spuntare nelle loro teste, proprio sotto i miei occhi, e crescere, crescere non pochi, non pochi capelli bianchi. [...] E guardate, guardate quelli che or ora sono entrati da quell' uscio bambini: ecco, è bastato che si siano appressati alla mia poltrona: si son fatti grandi; e una, quella, è già una giovinetta che si vuol far largo per essere ammirata. Se il padre non la trattiene, mi si butta a sedere sulla ginocchia e mi cinge il collo con un braccio, posandomi sul petto la testina.
Mi vien l'impeto di balzare in piedi. Ma debbo riconoscere che veramente non posso più farlo. E con gli stessi occhi che avevano poc'anzi quei bambini, ora già così cresciuti, rimango a guardare finchè posso, con tanta tanta compassione, ormai dietro a questi nuovi, i miei vecchi figliuoli.

Luigi Pirandello, Una giornata   1936

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07 novembre 2001
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