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La ''ripulitura'' dei soldi sporchi della mafia siciliana nei tavoli verdi del casinò di Saint Vincent

27 settembre 2006

Se da una parte l'andazzo della mafia fa temere il peggio - la scomparsa del boss Lino Spatola potrebbe infatti significare una possibile nuova ''guerra di mafia'' tra i boss rimasti del ''dopo Provenzano'' (leggi) - , dall'altra, la Giustizia, continua la sua opera di smantellamento all'interno della criminalità organizzata.
Sono 13 le persone arrestate ieri, tutte affiliate o vicine alla cosca dei Mandalà e accusate di riciclaggio aggravato, concorso esterno in associazione mafiosa, usura e violazione delle normative antiriciclaggio.
I boss mafiosi di Villabate (Pa) infatti, avrebbero riciclato il denaro proveniente dalle estorsioni e da traffici illeciti nel casinò di Saint Vincent.
È quanto emerge dall'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che ieri mattina ha fatto scattare le manette per Giuseppe Morreale, 59 anni, Angela Correra, 46 anni, Veronica Morreale, 26 anni, Antonino Carra, 47 anni, Giuseppe Citarda, 39 anni, Antonino Di Maio, 62 anni, Carlo Fallucca, 47 anni, Maurizio Tafuri, 47 anni, Giuseppe Vassallo, 63 anni, Rosario Napoli, 36 anni, tutti di Palermo. Ed ancora, Michele Maiorana, 59 anni, nato a Trapani, Salvatore Ala, 75 anni, originario di Roma, Pietro Anzalone, 46 anni, di Ventimiglia di Sicilia, nel palermitano.
L'indagine della Dda di Palermo e coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e dai sostituti Maurizio De Lucia e Gino Cartosio, si basa su intercettazioni telefoniche e sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Campanella, ex presidente del consiglio comunale di Villabate, affiliato alla cosca dei Mandalà, che falsificò la carta di identità a Bernardo Provenzano prima del viaggio a Marsiglia per l'operazione alla prostata.

''Eravamo trattati come se fossimo i padroni del casinò'', ha rivelato Campanella. I boss mafiosi siciliani, infatti, sarebbero entrati in rapporto con la casa da gioco fino a diventarne le anime. Dagli accertamenti svolti, risulta che un gruppo, vicino al boss Nicola Mandalà, già detenuto per mafia e accusato di avere gestito negli ultimi anni la latitanza di Provenzano fra cui anche il viaggio a Marsiglia del padrino, negli ultimi anni avrebbe riciclato denaro sporco nella sala da gioco con la complicità di alcuni dipendenti del casinò che ora sono indagati.
Il collaboratore di giustizia, Francesco Campanella, ha fornito agli inquirenti tutte le notizie sulla frequentazione del casinò di Saint Vincent da parte del boss Nicola Mandalà e sul grado di infiltrazione mafiosa che era riuscito a realizzarvi. Campanella avrebbe indicato nella persona di Michele Maiorana l'''account'' al casinò per il gruppo mafioso. Per Maiorana è scattato l'arrestato con l'accusa di riciclaggio, con l'aggravante d'aver commesso il fatto al fine di agevolare l'attività di Cosa nostra, avvalendosi delle condizioni previste dall'associazione mafiosa.
Secondo il collaboratore, Maiorana ''gestiva tutti quei signori che giocano dalla Sicilia'', affermazioni confermate anche dalle intercettazioni telefoniche. Campanella ha ricordato anche gli ottimi rapporti di Mandalà e Maiorana con la Direzione del casinò e, in particolare, con un funzionario che il collaboratore ha indicato come uno dei direttori della casa da gioco.
Il boss di Villabate disponeva di ''carte d'oro'', documenti che consentono ai clienti più graditi di avere una serie di agevolazioni (ristorante gratis, suite e altro), ma anche di ottenere delle deroghe non solo alle regole della casa da gioco, perfino alle leggi dello Stato, in particolare quelle in materia di antiriciclaggio.

Campanella ha poi descritto il meccanismo, tutto sommato semplice, che utilizzavano i boss: Mandalà otteneva dall'ufficio del Casinò (''grazie ai buoni uffici del compiacente Direttore'') un fido di 100.000 euro, superiore a quanto le regole della casa da gioco consentirebbero. Secondo i magistrati significa che Mandalà poteva depositare assegni per lo stesso importo, ricevendone, in cambio, fiches. In caso di vincita avrebbe ritirato i suoi assegni. Invece, raggirando le norme antiriciclaggio, ed elargendo laute mance ai cassieri, il boss convertiva le fiches esclusivamente in contanti.
''In questo modo - hanno spiegato gli inquirenti - Mandalà risultava, formalmente, sempre un giocatore perdente (anche quando ha vinto, perché, non avendo ritirato i propri assegni, risulta aver perduto, ai tavoli da gioco, l'intera somma portata dai titoli) e questo comportava una maggiore provvigione al porteur che lo aveva accreditato, e cioè a Maiorana''. L'attività di giocatore al casinò consentiva, inoltre, a Mandalà di giustificare gli enormi importi movimentati sul suo conto corrente.
Il boss aveva spiegato a Campanella, che, in caso di indagini sulla provenienza di queste somme, poteva sempre dire che giocava al Casinò e si trattava di vincite. In realtà, come riferisce il pentito, si trattava di somme provenienti dalle estorsioni e dal traffico di droga.

Dall'inchiesta della Direzione investigativa antimafia di Palermo è emerso che sono una decina i milioni di euro riciclati tra il 2001 e il 2005 dai boss mafiosi nel casinò di Saint Vincent, attraverso disoccupati o piccoli gruppi familiari che venivano ''spediti'' periodicamente nella sala da gioco. Gli investigatori hanno scoperto, per esempio, che una coppia, marito e moglie, dal reddito quasi inesistente, da soli hanno movimentato due milioni di euro fino al 2002, altrettanti fino al 2004. Un disoccupato, un milione 195 mila euro nel 2003 e 955 mila l'anno dopo.
Il gip, Vincenzina Massa, ha respinto la richiesta di arresto per due dipendenti del Casinò: Leo Duroux, capo dell'Ufficio fidi, e Renato Pan, addetto all'ufficio assegni. Entrambi restano indagati a piede libero. Il giudice non ha ritenuto che nei loro confronti vi fossero gravi indizi. Nell'ambito dell'operazione, il giudice ha inoltre ordinato il sequestro di numerosi conti correnti e automobili di grossa cilindrata. Dagli accertamenti è emerso anche che alcuni dirigenti del Casinò avevano notato che ''gli uomini'' di Mandalà facevano spesso cambi di fisches ''non autorizzati'' e in molte occasioni avevano presentato delle apposite relazioni. Il Casinò, infatti, è risultato estraneo al riciclaggio.

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27 settembre 2006
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