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Rifiuti e timori

Continuano gli scontri nell'ex discarica partenopea di Pianura, mentre la gestione dei rifiuti diventa discussione anche in Sicilia

08 gennaio 2008
















Gli scontri, le sassaiole e le cariche della polizia a Pianura, quartiere periferico di Napoli, non sono ancora finite. La dura contestazione contro la riapertura dell'ex discarica è addirittura peggiorata e nella notte la situazione è precipitata. Una notte d'inferno con roghi appiccati un po' ovunque: ha bruciato per tutta la notte la discarica; in fiamme anche due autobus, usati dai manifestanti a mo' di barricata; un rogo è stato appiccato persino vicino a un distributore, che ha rischiato di saltare in aria.
Eppure la serata di ieri faceva presagire ben altro. La polizia, dopo il vertice del governo (che di fatto ha rimandato la decisione sull'emergenza rifiuti in Campania a questo pomeriggio), aveva cominciato a togliere i blocchi davanti alla discarica. I manifestanti avevano festeggiato, gridando a piena voce “vittoria!”. Invece, poco dopo, è arrivata la dichiarazione del prefetto, che ha confermato che la discarica a Pianura “si farà”. Ed è stato così che la rabbia dei manifestanti è esplosa di nuovo e ancora più forte. Per le strade si è scatenata l'ennesima battaglia tra i contestatori e le forze dell'ordine. I manifestanti sono rimasti tutta la notte a “pattugliare” la zona, temendo l'arrivo dei mezzi del commissariato di governo per l'emergenza rifiuti in Campania.

Intanto, le strade del quartiere restano impraticabili. Sull'asfalto centinaia di tonnellate di spazzatura e cassonetti ribaltati, transenne per terra, rifiuti che ricoprono la sede stradale, sassi e cumuli di spazzatura in fiamme. Solo nelle prime ore del mattino i tecnici dell'Anm (l'Azienda napoletana mobilità) hanno cominciato a rimuovere i due autobus dati alle fiamme nella notte.
La battaglia nottorna ha lasciato sul campo alcuni vigili del fuoco feriti per una fitta sassaiola che li ha accolti mentre cercavano di spegnere i roghi appiccati dai manifestanti. “Siamo nell'impossibilità di intervenire - denunciano dalla centrale operativa di Napoli - Sebbene scortati dai mezzi blindati dei carabinieri, non riusciamo a superare i blocchi stradali dove veniamo accolti dal lancio di sassi. I componenti di una nostra squadra sono finiti in ospedale”. Ferite comunque lievi. Niente a che vedere con l'enorme, incolmabile squarcio che si è aperto in Campania, e nell'Italia intera.

Uno squarcio che inizia a preoccupare tutti, perché, come dicevamo ieri (leggi), la situazione campana non riguarda solo ed esclusivamente quella Regione. Il disastro partenopeo è divenuto sempre di più emblema negativo di quella parte della Nazione che rimane ancora abissalmente indietro per quel che riguarda le politiche sulla gestione dei rifiuti. La Sicilia è una delle regioni che rischia di soffrire della stassa malattia campana. “E' auspicabile che la Sicilia riveda rapidamente il suo piano di gestione dei rifiuti in linea con i principi proposti dall'Unione europea a salvaguardia dell'ambiente e della salute dei cittadini. All'interno di questa visione, anche i termovalorizzatori, sicuramente in misura molto minore rispetto a quella attualmente prevista, potranno giocare un ruolo". Queste le parole che Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera, ha utilizzato per “punzecchiare” il presidente della Regione, Salvatore Cuffaro. "L'affermazione di stima espressa dal governatore sulla posizione che ho ribadito da sempre sulla realizzazione dei termovalorizzatori coglie solo una verità parziale e merita perciò un necessario chiarimento", dice Realacci a proposito delle dichiarazioni di Cuffaro sulla realizzazione degli inceneritori nell'Isola. "I termovalorizzatori sono impianti utili, che non solo in Europa ma anche nel nostro paese trovano applicazioni efficaci, penso per esempio al caso di Brescia. Devono però essere parte di una politica di gestione dei rifiuti che passa da una riduzione della produzione e da un'alta percentuale di riciclo, prima di arrivare all'incenerimento. L'industria del riciclo, oltre a contribuire a nuova occupazione, determina inoltre una significativa riduzione dei consumi energetici". "Purtroppo nel piano per la gestione dei rifiuti previsto dalla regione Sicilia - ha detto ancora Realacci - gli inceneritori non sono una parte del ciclo, ma l'unico anello della catena dello smaltimento. E' francamente difficile sostenere una tale politica, e bene fa Legambiente a contrastarla con fermezza, in una regione dove la raccolta differenziata è colpevolmente bassa e comunque ben lontana da quel 35% imposto dalla legge del nostro paese. In una regione dove sono previsti un numero sproporzionato di inceneritori, che non solo andrebbero a bruciare rifiuti indifferenziati per la quasi totalità, ma vedono gare per l'aggiudicazione degli appalti che aggirano le normative europee".

Le punzecchiature di Realacci hanno infastidito Cuffaro che ha così replicato: "Avevo apprezzato la posizione espressa dall'onorevole Realacci in merito all'efficacia e alla assoluta sicurezza degli impianti di termovalorizzazione. Adesso, però, gli sento muovere contestazioni al piano per la gestione dei rifiuti della Regione siciliana che mi fanno sorgere il dubbio che, in realtà, non l'abbia mai letto". "Se Realacci avesse letto il piano che la Sicilia ha avviato nel dicembre 2002, avrebbe verificato che esso attribuisce sì una grande importanza alla termovalorizzazione, ma prevede, al tempo stesso, un progressivo incremento della raccolta differenziata, destinando soltanto a valle di quest'ultima la quota di rifiuti da incenerire. Nei quattro impianti di termovalorizzazione - un numero congruo alle reali esigenze di smaltimento dell'Isola - confluirà, in pratica, soltanto la quota residuale dei rifiuti". "E' vero che la Sicilia ancora non raggiunge le percentuali previste dalla legge - ha continuato Cuffaro -, ma in questi anni, per incrementare la quantità di rifiuti da differenziare, sono stati prodotti notevoli sforzi organizzativi ed economici, che stanno cominciando a dare i loro frutti. Va ricordato che il piano regionale prevede come obiettivo il 60 per cento di raccolta differenziata e che per consentirne un sostanziale aumento è già stata avviata la raccolta porta a porta e sono stati finanziati numerosi impianti di cosiddetto compostaggio domestico". "Molti impianti di selezione e compostaggio - ha concluso Cuffaro - sono inoltre in fase di realizzazione: erano 40 nel 2000, oggi ne sono in funzione circa 200 e presto arriveremo a 325. Per i prossimi mesi, pertanto, contiamo di ottenere risultati concreti in tema di differenziazione dei rifiuti. Ribadisco, infine, che il piano regionale dei rifiuti, è stato validato dall'Unione europea ed è perfettamente in linea con la normativa nazionale e comunitaria".

Anche la Cisl siciliana ha voluto rivolgere il proprio monito al presidente della Regione. “Quanto sta accadendo a Napoli sia di monito alla Sicilia”, ha detto Paolo Mezzio, segretario regionale Cisl, invitando il governo dell'Isola a convocare le parti sociali per accelerare sul fronte di una “avanzata politica dei rifiuti”. “Obiettivo minimo”, per il leader Cisl, è “il 50% di raccolta differenziata entro il 2010”. Perché “il rischio che anche la Sicilia s'infiammi, è alto”, osserva Mezzio, ricordando che “in questi anni nella regione ben 150 sono stati i comuni commissariati per vicende legate ai rifiuti”. “Il cuore della questione - ha affermato ancora Mezzio - è il dato della raccolta differenziata per il riuso e il riciclo dei materiali: al 6% in Sicilia contro la media nazionale del 12%. Il piano regionale del 2002 fissa il tetto del 35% dei 2,5 milioni di tonnellate di rifiuti, entro il 2008”. Ma per la Cisl, il parametro “non solo è basso ma rischia di non essere neppure centrato”. Invece, occorre accelerare per arrivare al traguardo del 35% da qui a un anno per “realizzare il 50% almeno entro il 2010”. Al governo regionale la Cisl propone anche di adottare un “sistema di incentivi” per far lievitare la cultura del riciclo dei materiali, e che siano varate misure per promuovere la produzione del cosiddetto “combustibile derivato dai rifiuti”. “Potrebbe - spiega Mezzio - essere impiegato per le attività produttive, in sostituzione, in gran parte, del combustibile tradizionale. Ad esempio, potrebbe avvalersene l'Enel”. E' la quota residua di rifiuti, al netto del riciclo e dell'uso quale combustibile derivato, dunque “il 15-25% di materiali davvero inservibili”, che andrebbe destinata ai termovalorizzatori. I quali, pertanto, dovrebbero essere programmati come “centrali di piccole dimensioni”. In altre parole, avverte il sindacalista Cisl, occorre evitare che i quattro impianti, di Palermo (Bellolampo), Paternò (Catania), Augusta (Siracusa) ed Enna, siano megastrutture, sovradimensionate.

 

 

 

 

 

 

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08 gennaio 2008
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