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Rimosso il giudice lumaca

Il giudice che impiegò 8 anni per scrivere una sentenza non potrà fare più il giudice

17 giugno 2008

La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura ha deciso che Edi Pinatto non può più fare il magistrato. Pensandoci bene, visto per quale motivo il Csm ha preso questa decisione, forse Pinatto non avrebbe dovuto farlo nemmeno prima: è lui quel giudice che ha impiegato otto anni per scrivere le motivazioni della sentenza con la quale il tribunale di Gela aveva condannato sette componenti del clan Madonia a complessivi 90 anni di carcere, così determinando la loro scarcerazione.
La sezione disciplinare del Csm con un provvedimento che ha pochi precedenti lo ha rimosso dall'ordine giudiziario.

Il Csm ha accolto le richieste della Procura generale della Cassazione rappresentata da Eduardo Scardaccione, che aveva chiesto che Pinatto fosse rimosso dall'ordine giudiziario.
Il pg davanti alla sezione disciplinare di palazzo dei Marescialli ha sottolineato come il ritardo di Pinatto fosse "gravissimo, ingiustificato e avesse provocato danni irreversibili violando l'essenza stessa della funzione giurisdizionale e l'immagine e la credibilità della magistratura". In questo modo, ha sostenuto la pubblica accusa, sono stati violati "la diligenza, la laboriosità e l'equilibrio" che dovrebbero contraddistinguere un magistrato.

Ora Pinatto avrà 90 giorni per proporre il ricorso contro il provvedimento della sezione disciplinare del Csm davanti alle sezioni unite della Corte di Cassazione. Ad aprile la sezione disciplinare di palazzo dei Marescialli aveva bocciato la richiesta avanzata dall'allora ministro della Giustizia, Clemente Mastella, di sospendere in via d'urgenza dalle funzioni e dallo stipendio il giudice 'lumaca'.

Oltre al caso di Gela altri due analoghi ritardi nel deposito delle sentenze avevano riguardato Pinatto, sanzionato per ben due volte con la perdita di anzianità. Anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano era sceso in campo nella vicenda sottolineando che non dovevano esserci "mai più ritardi come quello di Gela".
Nella sua arringa difensiva nel processo davanti ai giudici di Palazzo dei Marescialli, Pinatto ha spiegato di aver dovuto, dopo il trasferimento a Gela, conciliare gli impegni della sua vecchia attività con la nuova attività a Milano. "Si è trattato di un 'circolo vizioso' - si è difeso -, di un sovraccarico di turni, e di un gravoso impegno nella convalida di molti arresti, e nell'occuparmi di ben tre omicidi".
Da parte sua, la pubblica accusa, chiedendone la rimozione, aveva sottolineato come quello di Pinatto fosse stato un atto "furbo", perché il giorno stesso in cui venne pronunciata la sentenza chiese la sospensione dei termini per depositarne le motivazioni, presagendo un'attività che sarebbe stata assai complessa.

- Un lento giudizio (Guidasicilia.it, 05/04/08)

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17 giugno 2008
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