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Riparte la mobilitazione nazionale degli studenti

Il prossimo 27 febbraio arriva il ''surfing day'', l'onda studentesca ritorna in piazza

07 febbraio 2009

Il prossimo 27 febbraio arriva il "Surfing Day". A lanciare la mobilitazione nazionale l'Unione degli Studenti che denuncia una "fase di stanca" da parte del movimento studentesco, "dopo le grandi mobilitazioni dell'autunno, che hanno visto centinaia i migliaia di studenti e studentesse bloccare letteralmente le scuole e le piazze del nostro paese". Un fase da cui, sottolinea l'Uds, "è importante uscire al più presto".
"I provvedimenti che abbiamo contestato duramente, dalla 169 alla 133 - prosegue l'Uds - stanno prendendo forma attraverso i regolamenti attuativi che, se possibile, stanno peggiorando ulteriormente la situazione. Prosegue inoltre il percorso parlamentare del ddl Aprea, passo pericolosissimo verso la privatizzazione delle scuole e la negazione del valore delle rappresentanze studentesche". "Non possiamo accettare - ribadisce l'Unione degli Studenti - l'idea per cui la Gelmini continui a demolire la scuola italiana nel silenzio generale, e addirittura godendo di visibilità rispetto ad alcune iniziative spot, come ad esempio la creazione del canale su youtube. E' necessario tornare a mobilitarsi per proseguire nella lotta iniziata quest'autunno, per opporre ai disegni del governo la nostra idea di scuola, quella che abbiamo costruito nelle occupazioni e nelle lezioni in piazza dell'autunno, una scuola degli studenti e per gli studenti, inclusiva e partecipata".

"E' per questo - annunciano gli studenti - che torneremo a riempire le piazze il 27 febbraio: ci siamo ancora. Sarà una mobilitazione nazionale con cortei ed iniziative in tutte le principali città; una giornata di protagonismo degli studenti a tutto campo, che in cui diremo la nostra su grandi temi per noi fondamentali: dal ruolo dei saperi nella societa' odierna fino allo scenario globale che ci vede fortemente preoccupati". "Sull'onda della crisi, appunto. La piattaforma della manifestazione - conclude l'Uds - è scaricabile dal sito www.unionedeglistudenti.it".

I Prof italiani tra i più vecchi d'Europa - "La scuola italiana ha messo i capelli grigi, se non bianchi: l'età media dei docenti all'ingresso è quasi raddoppiata e abbiamo i prof più vecchi d'Europa".
E' quanto emerge dal 'Rapporto sulla scuola 2009' della Fondazione Agnelli che sarà presentato mercoledì 11 febbraio a Roma. Il documento sottolinea che "la situazione è bloccata per il futuro, con le scuole di specializzazione chiuse, i concorsi aboliti e le antiche graduatorie dei precari sigillate: così stiamo perdendo una generazione di insegnanti".
E' dal 1999 che non si bandiscono più concorsi nelle scuole e, da allora, l'età media dei docenti di ruolo italiani è cresciuta di quasi quattro anni: adesso è sui 50 anni. Addirittura, "un buon 13,7% di neoassunti è fra i 50 e i 60 anni e un 1,2% sta addirittura al di sopra dei 60 anni: potrebbe essere andato in pensione subito dopo essere entrato in ruolo...".
Più in particolare: l'età media dei docenti di ruolo nella scuola materna, negli ultimi dieci anni, è passata da 44,1 a 48,6 anni; nella scuola elementare da 44,2 a 47,7 anni; nella scuola media da 47,7 a 51,0 anni; nelle scuole superiori da 46,1 a 50,4 anni. In totale, nella scuola italiana si è passati da un'età media di 45,7 anni nell'anno scolastico 1997-1998 a una di 49,4 nel 2007-2008. I docenti ultracinquantenni sono il 55% del totale in Italia contro il 47% della Germania, il 32% della Gran Bretagna, il 30% della Francia e il 28% della Spagna. [Adnkronos/Ign]

L'università non attrae più: a picco gli iscritti nel 2009 -  Immatricolazioni universitarie a picco. In appena due anni, mentre il numero di studenti promossi alla maturità è notevolmente cresciuto, i nuovi iscritti all'università sono scesi del 4,4 per cento. Un calo con il quale dovranno fare i conti i singoli atenei che non sembrano più attrarre i giovani come qualche anno fa.
In Italia, il numero di immatricolazioni all'anno accademico 2008/2009 fa segnare il record negativo degli ultimi sette anni. Secondo il dato diffuso qualche giorno fa dal ministero dell'Università, le new entry di quest'anno toccano quota 312.104. Nel 2006/2007 furono oltre 14 mila in più: 326.384 in totale. Le regioni italiane dove si registra il decremento più consistente sono quelle meridionali: meno 6,6 per cento in un solo anno.

Eppure, considerato che gli studenti promossi all'esame di maturità sono aumentati in maniera consistente, le cose sarebbero dovute andare diversamente. In base alle percentuali di candidati, non ammessi (dall'anno 2006/2007) e bocciati agli esami di stato pubblicati dal ministero dell'Istruzione, nel 2004/2005 si diplomarono quasi 430 mila studenti che sono arrivati a 463.400 l'anno scorso. Ma nello stesso periodo gli ingressi all'università sono diminuiti. Nel corrente anno accademico, rapportando gli immatricolati con i diplomati dell'anno precedente, solo due studenti su tre (il 67 per cento) hanno scelto di proseguire gli studi dopo la scuola. Due anni fa la percentuale era di gran lunga superiore: oltre il 75 per cento.

L'università con ogni probabilità non è più vista da studenti e famiglie come l'unico percorso di studi che può ampliare gli sbocchi lavorativi. Sempre più giovani preferiscono fermarsi dopo il diploma della scuola secondaria di secondo grado e cercare un lavoro. Erano 100 mila nel 2004/2005 mentre quest'anno sono saliti a 150 mila. Oltre alle difficoltà di trovare un impiego anche dopo la, laurea, uno dei fattori che probabilmente ha contribuito a scoraggiare l'ingresso all'università è il costo delle tasse e dei contributi richiesti dagli atenei. Nel 2002, la contribuzione studentesca totale ammontava a poco più di un miliardo e 100 milioni di euro. Cinque anni dopo, gli studenti hanno versato nelle case degli atenei italiani quasi un miliardo in più (2 miliardi e 79 milioni, con un incremento dell%u201989 per cento) che solo, in parte (260 milioni di euro) sono serviti ad aumentare i cosiddetti interventi a favore degli studenti: borse di studio, prestiti d'onore, scambi internazionali, interventi a favore di studenti disabili, posti-alloggio e altri sussidi). Nello stesso periodo (dal 2002 al 2007) la popolazione studentesca ha subito un incremento ma soltanto del 22 per cento. [Articolo di Salvo Intravaia - Repubblica.it, 4 febbraio 2009]

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07 febbraio 2009
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