Ritirato il passaporto a Massimo Ciancimino
Secondo i giudici di Palermo, il figlio dell'ex sindaco mafioso avrebbe manifestato più volte l'intenzione di andarsene dall'Italia
Nei giorni scorsi, i giudici delle misure di prevenzione di Palermo hanno applicato in via provvisoria l'obbligo di soggiorno a Massimo Ciancimino e il temporaneo ritiro del passaporto. Per il tribunale, il figlio dell'ex sindaco mafioso continuerebbe a curare le sorti di una società che gli è stata sequestrata e avrebbe manifestato più volte l'intenzione di andarsene dall'Italia non appena riuscirà a liquidare i suoi interessi economici.
Il tribunale, davanti al quale dal 2007 pende il procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di Ciancimino, ha deciso d'ufficio l'applicazione provvisoria dell'obbligo di soggiorno e il ritiro momentaneo dei documenti validi per l'espatrio.
Il collegio è presieduto dal giudice Silvana Saguto. A indurre il tribunale a disporre la misura di prevenzione provvisoria sono stati gli atti ricevuti dalla Procura di Roma che indaga su un presunto maxiriciclaggio di cui Ciancimino sarebbe protagonista.
"Dall'informativa dei carabinieri risulta - ha scritto il collegio - che Ciancimino è tuttora in contatto con svariati soggetti residenti in Italia e all'estero che curano interessi economici rilevantissimi inerenti a beni sequestrati dal tribunale di Palermo e in particolare della Ecorec SA (società rumena che gestisce la discarica di Glina vicino Bucarest, una delle più grandi d'Europa n.d.r.)".
Secondo gli investigatori la società (che vale 115 milioni di euro) sarebbe riconducibile a Massimo Ciancimino, che avrebbe reinvestito nel business dei rifiuti romeni, grazie prestanome, il tesoro illecito del padre, l'ex sindaco mafioso di Palermo.
Sulla vicenda sono aperte due inchieste, una a Palermo per cui i pm hanno chiesto l'archiviazione, ma il gip ha imposto ulteriori indagini, l'altra a Roma. Secondo gli inquirenti, Ciancimino starebbe cercando di vendere la discarica e la Ecorec a una società straniera, la Ecovision International, in modo da monetizzare il capitale e "disperderne le tracce". Valutazione condivisa dai giudici della prevenzione di Palermo che desumono dalle intercettazioni ricevute dai pm romani "l'intenzione dell'indagato di andarsene non appena riuscirà a liquidare i suoi interessi".
Per il collegio Ciancimino, inoltre, "approfitta dei permessi che ottiene per raggiungere Bologna" dove viene convocato dalla Finanza per allungare l'itinerario a Milano e incontrare i suoi coindagati.
Pronta la replica di Ciancimino: "A pochi giorni dall'udienza preliminare sulla trattativa Stato-mafia, prendo atto dell'ennesimo tentativo di screditarmi e di condizionare il mio ruolo di teste nel processo". "Non intendo a questo punto - ha aggiunto - subire ulteriori pressioni da parte di soggetti come il colonnello De Caprio, che ha dato origine all'ultima fantomatica e inutile replica di un'inchiesta che va avanti da anni, del procuratore Pignatone, che dal 2005 sembra non sia ancora riuscito a sequestare la Ecorec, e della dottoresa Saguto". "Mi rivolgerò al più presto alla sedi appropriate - ha concluso - per dimostrare la loro malafede".
[Informazioni tratte da ANSA, Lasiciliaweb.it]
- Il "Tesoro di don Vito" in una discarica in Romania (Guidasicilia.it, 05/10/12)