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Rosarno manifesta contro l'immagine di ''città xenofoba'' attribuitagli dai media

I cittadini di Rosarno non accettano di essere considerati xenofobi e razzisti. Però hanno cacciato via tutti gli immigrati

11 gennaio 2010

Oggi pomeriggio a Rosarno, i cittadini sfileranno in una manifestazione di protesta "contro l'immagine di città xenofoba, mafiosa e razzista veicolata dai mass media nazionali e da qualche esponente della politica e dell'associazionismo a livello regionale e nazionale".
"Il corteo - si legge in una nota - partirà da Piazza Calvario e si snoderà lungo le vie principali della città con un solo striscione che recita 'Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo'". "I cittadini di Rosarno - si legge ancora nella nota - condannano in maniera ferma e decisa il vile ferimento dei migranti stanziati presso l'Opera Sila e qualsiasi atto di violenza, da qualunque parte provenga. Con questa protesta pacifica e silenziosa intendiamo rifiutare l'infamante etichetta di 'città mafiosa, razzista e xenofoba' che è stata diffusa sui fatti di Rosarno".
Nel corso della manifestazione, continuano gli organizzatori, "la Rosarno civile, pulita, accogliente e solidale scenderà in piazza per dire basta contro questo terrorismo mediatico che si alimenta di stereotipi e pregiudizi destituiti di qualsiasi fondamento reale. Dopo che i riflettori si saranno spenti sui fatti di Rosarno - conclude la nota - chiediamo alle istituzioni locali, regionali e nazionali di farsi carico una volta per tutte della situazione di abbandono istituzionale, mancanza di sicurezza e prospettive di sviluppo vissuta dalla popolazione di questo territorio".

La 'Ndrangheta dietro gli scontri? - Agli scontri e alla caccia all'extracomunitario a Rosarno nei giorni scorsi hanno preso parte pregiudicati e figli di boss della 'Ndrangheta. E' quanto emerge da una informativa della polizia, che indaga proprio sul ruolo che l'organizzazione mafiosa calabrese avrebbe avuto negli scontri. Gli investigatori ipotizzano che i disordini a Rosarno siano stati pianificati dalla mafia per spostare l'attenzione dalla bomba fatta esplodere lo scorso 3 gennaio davanti alla Procura di Reggio Calabria, che sarebbe stato un segnale contro l'arresto di latitanti e soprattutto contro i recenti sequestri di beni della 'Ndrangheta.
Stando al rapporto della polizia - ottenuto da Reuters - trasmesso alla Procura ordinaria di Palmi e alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, alla guerriglia urbana di Rosarno hanno preso parte pregiudicati e figli di boss della 'Ndrangheta. Questa mattina il Tribunale di Palmi ha convalidato il fermo di Antonio Bellocco, 30 anni, figlio del boss Giuseppe catturato nel 2002 in un bunker in provincia di Vibo Valentia. Bellocco è accusato di violenza, oltraggio e danneggiamenti.
Ieri il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha detto che tra le piste seguite dagli investigatori c'è, appunto, quella della regia mafiosa. E' stato proprio il responsabile del Viminale a sciogliere per mafia l'amministrazione comunale di Rosarno nell'ottobre 2008. Domani Maroni riferirà in Senato sui fatti.

Intanto si sono concluse le operazioni di abbattimento delle baraccopoli in cui vivevano gli extracomunitari. I vigili del fuoco hanno iniziato ieri a demolire le strutture fatiscenti dell'ex Rognetta, l'ex deposito alimentare alla periferia di Rosarno che era stato occupato dagli immigrati che hanno dato il via alla rivolta di giovedì scorso. Le ruspe hanno cominciato abbattendo le strutture realizzate dagli immigrati all'esterno della fabbrica, poi hanno demolito anche il capannone principale dove gli stranieri avevano realizzato decine di baracche con cartone, plastica e lamiera.
All'interno delle struttura gli immigrati, partiti in tutta fretta hanno lasciato tutto quel poco che avevano: decine di biciclette con cui raggiungevano i campi per raccogliere arance e mandarini, vestiti, pentole e utensili da cucina, bombole del gas. Nelle baracche sono rimasti letti, coperte, resti di cibo, centinaia di scarpe ed in qualche caso valige che gli immigrati non hanno fatto in tempo a prendere.
Sono oltre 1.100 gli immigrati che in questi giorni hanno lasciato Rosarno. La cifra è della polizia ed è scritta nell'informativa, da cui emerge che le persone rimaste ferite negli scontri sono oltre 50. "Complessivamente sono stati trasferiti 428 cittadini extracomunitari al centro di prima accoglienza di Crotone; altri 400 al centro di prima accoglienza di Bari; e altri 300 hanno lasciato Rosarno utilizzando treni diretti al nord", ha scritto la polizia. "Con tali trasferimenti - prosegue il documento - si è praticamente realizzato lo svuotamento delle due ex fabbriche, l'ex 'Opera Sila' e l'ex 'Rognetta', utilizzate dagli immigrati come dormitori".
Le persone medicate e refertate negli ospedali della zona sono 53: 21 extracomunitari, 14 abitanti di Rosarno, 10 agenti di polizia e 8 carabinieri.
Le forze dell'ordine riferiscono che le persone arrestate in questi giorni sono 10 - sette extracomunitari e tre italiani - mentre altre sono state deferite all'autorità giudiziarie per vari reati.

L'informativa della polizia ripercorre quanto accaduto a Rosarno a partire da giovedì scorso, quando un immigrato regolare del Togo è stato ferito da alcuni uomini con un fucile ad aria compressa. Nel giro di alcune ore un gruppo di circa 300 cittadini extracomunitari si è riversato lungo la Nazionale 18 bloccando il traffico, danneggiando cassonetti e numerose auto.
Nella notte tra giovedì e venerdì la polizia riesce a calmare un centinaio di abitanti di Rosarno decisi a "intraprendere iniziative di ritorsione nei confronti degli immigrati".
Il venerdì mattina circa 700 immigrati manifestano pacificamente davanti al municipio di Rosarno contro le violenze subìte, e una loro delegazione incontra il commissario prefettizio Domenico Bagnato, che li rassicura. Nel corso della giornata anche un comitato di cittadini di Rosarno incontra le istituzioni, ma il dialogo fallisce (LEGGI).
"E sono continuati i singoli episodi di violenza e intolleranza soprattutto nei confronti di quei cittadini extracomunitari che vivevano isolati nella campagne... (I carabinieri) hanno intercettato due individui rosarnesi che con un ruspa stavano trascinando alcuni cassonetti ... per scagliarli contro un gruppo di cittadini extracomunitari... Successivamente, i militari hanno tratto in arresto anche un pregiudicato del luogo, il quale poco prima aveva investito con la propria vettura un cittadino extracomunitario".
Il venerdì sera due extracomunitari vengono gambizzati da uomini non identificati, e altri episodi di violenza ai danni di immigrati si sono registrati nella notte seguente e nella giornata di sabato.

"Oggi siamo più poveri", ha detto don Pino Varrà, parroco della Chiesa di San Giovanni Battista, dopo la partenza forzata degli immigrati e rivolgendosi ai rosarnesi ha lanciato un appello a dimostrare ancora una volta "l'accoglienza e la fraternità" dimostrata negli ultimi 25 anni, quando i primi stranieri sono iniziati ad arrivare nella Piana di Gioia Tauro. "Chi ha partecipato alla rivolta ha sbagliato" ha detto ieri dal pulpito don Pino, precisando che "chi ha inveito contro gli extracomunitari non è la maggioranza della popolazione". Il parroco ha concluso sostenendo che "bisogna ribellarsi alla violenza ma non con altra violenza".

Per dire no all'intolleranza - La Rete a sostegno del dramma degli immigrati di Rosarno. Primo marzo 2010, sciopero degli stranieri. L'invito alla mobilitazione corre sul web e collega la protesta pro-immigrati attraverso un gruppo su Facebook che conta oltre undicimila membri. "Questo gruppo - si legge nella 'ragione sociale' - si propone di organizzare una grande manifestazione di protesta per far capire all'opinione pubblica italiana quanto sia determinante l'apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società. Questo gruppo nasce meticcio ed è orgoglioso di riunire al proprio interno italiani, stranieri, seconde generazioni, e chiunque condivida il rifiuto del razzismo e delle discriminazioni verso i più deboli. Siamo collegati e ci ispiriamo a La journée sans immigrés: 24h sans nous, il movimento che da qualche mese, in Francia, sta camminando verso lo sciopero degli immigrati per il 1 marzo 2010".
"Il primo marzo non ci sarà nessuno sciopero, nessuna manifestazione, parlerei semmai di una mobilitazione non violenta per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni contro il clima di intolleranza e di chiusura nei confronti di molti immigrati". Questo ha detto all'Adnkronos Stefania Ragusa, giornalista, scrittrice, autrice del libro 'Africa qui', per le edizioni dell'Arco, componente del comitato 'Primo marzo 2010'.
"Il nostro obiettivo - ha spiegato - non è solo quello di riempire le piazze italiane. Vogliamo mandare dei segnali forti, intraprendere un percorso insieme alle altre associazioni, alla società civile, agli italiani e agli immigrati per costruire insieme il futuro, perché tutti possano realmente avere diritti certi e uguali". "Certo - ha proseguito Stefania Ragusa - non tutti gli immigrati potranno astenersi dal lavoro, tantomeno quelli clandestini, ma basterà un gesto anche simbolico, mettersi al polso un braccialetto giallo per testimoniare la propria adesione alla mobilitazione".
Riguardo ai drammatici avvenimenti di Rosarno, Ragusa si è detta "seriamente preoccupata per la sorte degli immigrati. Non tanto quelli che sono stati 'scortati' dalle forze dell'ordine in altre città, quanto invece quelli che hanno scelto di nascondersi e che potrebbero trasformarsi in facile bersaglio delle cosche locali".

Il ministro dell'Interno Roberto Maroni, intervistato su 'SkyTg24', parlando della manifestazione prevista il primo marzo, ha detto: "Il primo marzo è un giorno come gli altri, la legge viene applicata anche il primo marzo". "La legge dice che se c'è un clandestino le forze dell'ordine lo identificano e prendono poi i provvedimenti di espulsione - si è limitato a dire - e il primo marzo è un giorno come gli altri".
Poi, ritornando a parlare dei fatti di Rosarno, Maroni ha ribadito che i responsabili di quanto accaduto, frutto di una "tolleranza sbagliata", "sono tanti", ma in particolare l'operato della Regione, degli enti locali, degli imprenditori ("che sfruttano questa povera gente") e le associazioni di categoria.
Alle accuse del ministro dell'Interno ha replicato il Governatore della Calabria, Agazio Loiero: "Il primo ad avere tollerato la situazione di Rosarno è proprio il ministro Maroni". "Nel momento in cui la politica governativa sull'immigrazione mostra tutti i suoi limiti, il ministro invece di recitare un 'mea culpa', non trova di meglio che scaricare tutto sulla Regione, quando sa bene che la Regione non ha alcuna competenza perché essa, sia per quanto riguarda l'organizzazione dei centri di accoglienza e soprattutto le procedure di espulsione, che non sono a ogni modo nelle nostre corde, competono esclusivamente allo Stato, al suo Ministero".

'Gli Africani salveranno Rosarno' - Sempre su Facebook, un altro gruppo si schiera con i migranti: 'Gli Africani salveranno Rosarno'. Il gruppo si autodefinisce come "Osservatorio invernale sulla raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro". Lo scopo dichiarato è di "mantenere alta l'attenzione, contrastare ogni forma di razzismo, informare correttamente, sfatare i luoghi comuni sul fenomeno dell'immigrazione, promuovere percorsi di integrazione".
Il nome è stato mutuato dall'omonimo libro del febbraio 2009, a cura di Antonello Mangano, che racconta molto di più di qualsiasi analisi sociologica su mafia, immigrazione, clandestinità e lavoro nero.
Qui Judicael Kiswendsida Ouango descrive il suo arrivo in Calabria. "Per me, l'Italia era il Paese della civiltà moderna, delle strade dritte, della scienza, di Michelangelo", dice Judicael, dove "ciò che vedevo attorno a me non era l'Italia, ma un posto dimenticato da Dio...".
Così il giovane di colore racconta l'inizio della sua storia 'italiana': "Il mio primo choc fu dovuto al fatto che il razzismo si svelò a me in tutta la sua crudeltà" a cominciare paradossalmente "da quello dei miei stessi fratelli, dello stesso paese". Allora, "fui costretto ad andare a Rosarno, dove quando scesi notai che eravamo perlomeno un centinaio di 'coloured'. Quella notte, d'inverno sotto lo zero, la passai contro la serranda di un negozio". Scelta ben poco condivisa e approvata dal proprietario, la mattina seguente: "Non capivo nulla di ciò che mi diceva; ma in fondo non ci vuole nulla a capire un viso arrabbiato e poi un paio di calci mi aiutarono" a capire e ad alzarsi. "Mi avviai verso il nulla" e già "il sogno italiano si stava infrangendo nel modo peggiore".
Judicael si avvia allora alla sua nuova 'dimora': "Mai in vita mia avrei pensato che potesse esistere un posto simile: una vecchia fabbrica in disuso, a cielo aperto, con una miriade di persone di colore diverso e tanti cartoni a terra che dopo seppi che fungevano da letti. Fuochi si accendevano un po' ovunque, gente che russava, che mangiava, che si muoveva di pochi metri per fare i bisogni. Per evitare il tanfo, mi diressi verso l'uscita della fabbrica" ma gli gridano subito: "Dove vai? Sei pazzo?". Infatti, "c'erano bande di ragazzini bianchi armati di spranghe pronti a 'sfacciare' tutti quelli che si sarebbero avventurati per strada dopo le sette di sera".
La mattina dopo, Judicael trova con altri sei immigrati "una casa abbandonata in mezzo a un campo di arance". Ma "verso l'una, la stanza chiusa da una semplice coperta fu attraversata da un paio di proiettili: ci avevano appena sparato". Rosarno Italia.

[Informazione tratte Adnkronos/Ing, Reuters.it, La Siciliaweb.it]

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11 gennaio 2010
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