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Rosita ISA, la mucca che produrrà latte materno!

Un esperimento argentino: sarebbe il primo bovino trasgenico al mondo dotata di geni umani

11 giugno 2011

Si chiama Rosita ISA ed è un bovino eccezionale: secondo il National Institute of AgroBusiness Technology argentino, infatti, sarebbe la prima mucca transgenica al mondo dotata geni umani, che le permetteranno, una volta adulta, di produrre l'equivalente del latte materno.
La notizia, rimbalzata sulla stampa internazionale e sulla tv argentina, è stata data dal ricercatore dell'Istituto, Adrian Mutto. E segue di qualche mese il comunicato di un gruppo di ricercatori della China Agricultural University, che affermavano di aver ottenuto analoghi risultati. Il cucciolo di mucca clonata, di nome Rosita ISA, "è il primo bovino nato al mondo che incorpora i geni umani che contengono le proteine presenti nel latte materno", affermano dall'Istituto argentino. Rosita ISA è nata il 6 aprile con un cesareo perché pesava più di 45 kg, circa il doppio del peso normale di questi vitellini, spiegano i ricercatori. "Il nostro obiettivo era quello di aumentare il valore nutrizionale del latte di mucca con l'aggiunta di due geni umani, la proteina lattoferrina, che fornisce ai neonati protezioni antibatteriche e antivirali, e il lisozima, che è anche un agente antibatterico", ha spiegato Mutto. La clonazione della vitellina è frutto dello sforzo congiunto tra l'Istituto argentino e l'Università nazionale di San Martin.

La notizia ha immeditamente scatenato una furia di polemiche. "La clonazione animale è una materia sulla quale esistono gigantesche criticità sia dal punto di vista scientifico che etico: tutte ottime ragioni per opporsi a un simile orrore". Con queste parole la biologa Michela Kuan, responsabile LAV, Lega antivivisezione, ha commentato la notizia della nascita di Rosita ISA. L'annuncio del Instituto argentino, secondo cui il latte 'potenziato' conterrebbe due sostanze protettive contro le infezioni che non si trovano in quello prodotto naturalmente dall'animale, non tranquillizza la LAV. "Le applicazioni commerciali di tale latte sono dubbie, andando probabilmente ad alimentare un business tipico dei Paesi ricchi, dove sempre più donne ricorrono al cesareo e all'allattamento artificiale per ragioni non mediche, e non andrà a tamponare situazioni di grave denutrizione nelle fasce del mondo più povere - ha aggiunto infatti Kuan - Inoltre, il problema legato ai primi giorni di allattamento e il conseguente trasferimento della barriera anticorpale tra madre e figlio, non sarebbe ovviato; anzi, si introdurrebbero problemi di possibili virus silenziosi ed effetti indesiderati non preventivati".
La LAV ricorda che negli ultimi dieci anni gli esperimenti di clonazione animale sono stati numerosissimi e perlopiù fallimentari, con bassa efficienza delle procedure, ovvero con perdita di vite animali: un dato che molti scienziati si guardano bene dal dichiarare pubblicamente. "La maggior parte degli embrioni animali clonati muore nei primi mesi di gravidanza o, nel caso si concluda il periodo gestazionale, in molti casi nasce morto o con deformità incompatibili con la vita. Più di uno studio, infatti, riferisce risultati allarmanti in materia di clonazione animale: sia quelli dell'Efsa, che il precedente studio basato su dati Infigen (una delle multinazionali clonatrici) e su studi di Atsuo Ogura del National Institute of Infectious Diseases di Tokyo, secondo cui il 75% degli embrioni animali clonati muore entro i primi due mesi di gravidanza e il 25% nasce morto o con deformità incompatibili con la vita; da 100 cellule di partenza, mediamente una sola diverrà un animale 'adulto e sano'".
La preoccupazione in questa materia è molto forte, tanto che alcuni mesi fa il Parlamento Ue si è espresso in favore del divieto di clonazione di animali per la produzione di alimenti e l'importazione delle loro carni. Una moratoria verso tutti gli esperimenti di clonazione in ambito zootecnico è invece la richiesta che la LAV s'impegna a rivolgere al Governo italiano, affinché il nostro Paese "si adegui, al più presto, alle posizioni espresse in Europa e in vista del recepimento della Direttiva 2010/63 Ue concernente l'utilizzo degli animali a scopo scientifico, che specifica, con chiarezza, come il ricorso a modello animale possa essere autorizzato solo in seguito a valutazioni etiche e scientifiche che ne comprovino l'utilità e nel caso non siano disponibili metodi alternativi".

[Informazioni tratte da Adnkronos Salute]

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11 giugno 2011
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