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Rottura tra Eni e sindacati

Il nuovo progetto industriale dell'ente petrolifero manda in frantumi le trattative. Le prospettive più pesanti per la produzione di Gela

09 luglio 2014

Rotte le trattative a Roma tra i sindacati e l'Eni sul nuovo progetto industriale dell'ente petrolifero che prevede anche la riorganizzazione generale degli organici.
E' l'esito dell'incontro che si è concluso ieri sera a Roma tra i segretari nazionali dei sindacati dell'energia Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec-Uil Emidio Miceli, Sergio Gigli e Paolo Pirani e l'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi.
L'Eni ha denunciato gravi perdite nel settore della raffinazione a causa di un surplus europeo di 120 milioni di tonnellate di raffinato e ha comunicato ai sindacati che garantisce le continuità operativa solo per la raffineria di Sannazzaro (Pavia) e della propria quota del 50% su quella di Milazzo. In discussione sono invece le 4 raffinerie di Gela, Taranto, Livorno e la seconda fase di Porto Marghera (Venezia), nonché il petrolchimico di Priolo (Siracusa).

Le prospettive più pesanti nell'immediato riguardano Gela: non parte più nessuna delle tre linee di produzione e vengono revocati i 700 milioni di investimenti destinati alla programmata riconversione produttiva. In cambio verrebbe proposto un nuovo progetto come alternativa, ma i sindacati non hanno voluto sentire nemmeno le linee generali della proposta perché, come pregiudiziale, hanno preteso dall'azienda, "il rispetto integrale degli impegni sottoscritti appena un anno".

Delusione e rabbia a Gela tra i lavoratori che hanno intensificato i picchetti con cui, da 5 giorni, presidiano le vie di accesso allo stabilimento. Cgil, Cisl e Uil hanno definito il piano dell'Eni un disegno che mette a rischio "l'intero sistema industriale dell'Italia". Miceli, Gigli e Pirani hanno convocato per il 18 luglio il coordinamento nazionale di categoria per stabilire le iniziative di lotta da attuare non solo nelle raffinerie ma in tutti gli stabilimenti produttivi dell'Eni.
Oggi si riuniscono a Gela le segreterie confederali provinciali del sindacato per una mobilitazione generale della popolazione in difesa della raffineria.

GELA ALLE BARRICATE, COMBATTE PER LA RAFFINERIA ED IL REFERENDUM

Questi settecento milioni annunciati da due anni si esibiscono nella danza delle ore da almeno due anni: a Gela nei giorni pari si festeggia la decisione di Eni di rimettere a reddito la raffineria, ed in quelli disperi ci si dispera perché non è vero niente. Fra gli uni e gli altri, non si sa come e perché, resta lo spazio per protestare contro i miasmi dell’industria, i morti da inquinamenti, le malattie della fabbrica, che hanno fatto vittime e potrebbe continuare a farle.
Gela vive in solitudine le sue terribilità, fra la fabbrica - gioie e dolori - e la città "offesa", che cerca di tirarsi fuori dal "giogo" della provincia nissena. Misura la sua impotenza, perché subisce le scelte dell’Eni e quelle dell’Assemblea regionale siciliana che alla nascita dei consorzi di comuni ha riservato una vita molto grama.
Il mondo del lavoro è mobilitato, mentre i promotori dell’uscita dall’enclave nisseno si danno da fare per portare alle urne almeno 33 mila elettori, quanto ne servono per battere oil quorum e votare l’adesione al consorzio di Catania.

Si gioca, dunque, su due tavoli, e si combatte su due fronti. Circostanza, questa, che non favorisce il successo. I settecento milioni dell’Eni hanno il valore di una polizza assicurativa: l’azienda a partecipazione statale spende i quattrini nel petrolchimico vuol dire che non prepara le valigie e che, perciò, si può credere in un futuro tranquillo a breve e medio tempo. Ma a Roma si discute sul ruolo futuro dell’Eni, sulla sua mission nei prossimi anni, sul suo ritiro da attività esterne alla produzione e vendita del petrolio.
Eni station e basta? Troppo presto per fare previsioni, ma le ricadute sul territorio sono pesanti, specie a Gela e dintorni, dove l’economia gira attorno allo stabilimento petrolchimico attraverso la manodopera diretta, i servizi e l’indotto.
Le decisioni che contano, dunque, sono fuori dalla portata locale. Non solo, l’ipotesi di smantellamento (o ridimensionamento) ha una conseguenza immediata: relega ai margini diritti primari, come la salute, i presidi di sicurezza nella gestione del suolo, dell’acqua e dell’atmosfera.
[SiciliaInformazioni.com]

- L'Eni congela i suoi investimenti per il Petrolchimico di Gela (Guidasicilia.it, 08/07/14)

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09 luglio 2014
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