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Salvare dall'aborto per il rotto della cuffia

Continua lo scontro sull'aborto tra laicità e fede. Scienza e coscienza, politica ed etica...

04 febbraio 2008

In Italia, quello tra laicità e clero sull'aborto è uno scontro infinito, dove tutti hanno ragione, tutti hanno torto e tutti peccano di ingerenza, valicando confini che si allargano o si ristringono a convenienza dell'una o dell'altra parte.
Durante l'Angelus di ieri, Benedetto XVI ha lanciato il suo ennesimo monito a “rispettare, tutelare e promuovere” la vita umana “sia prima della nascita che nella sua fase terminale”. "Ognuno, secondo le proprie possibilità professionalità e competenze - ha detto il Pontefice davanti alla folla di piazza San Pietro - si senta sempre spinto ad amare e servire la vita, dal suo inizio al suo naturale tramonto. E' infatti impegno di tutti accogliere la vita umana come dono da rispettare, tutelare e promuovere, ancor più quando essa è fragile e bisognosa di attenzioni e di cure, sia prima della nascita che nella sua fase terminale".
Un appello, contro l'aborto e l'eutanasia, lanciato nel giorno in cui in tutta Italia si celebra la 30esima Giornata per la Vita, e all'indomani dalla presentzione del documento dei quattro ospedali degli atenei romani sulla rianimazione dei feti anche contro la volontà della madre.

"Un neonato vitale, in estrema prematurità, va trattato come qualsiasi persona in condizioni di rischio, e assistito adeguatamente". Così si legge nel documento congiunto, firmato dai direttori delle cliniche di Ostetricia e Ginecologia di tutte e quattro le facoltà di Medicina delle università romane: La Sapienza, Tor Vergata, la Cattolica e il Campus Biomedico.
Secondo i cattedratici, infatti, "con il momento della nascita la legge attribuisce la pienezza del diritto alla vita e, quindi, all'assistenza sanitaria". Di fatto, nel caso in cui un feto nasca vivo dopo un'interruzione di gravidanza, il neonatologo deve intervenire per rianimarlo, "anche se la madre è contraria, perché prevale l'interesse del neonato".
Il documento è stato presentato al termine di un convegno, promosso dalle stesse cattedre, all'ospedale Fatebenefratelli di Roma, in occasione della Giornata della Vita. "Nell'immediatezza della nascita - ha affermato Cinzia Caporale, biologa e membro del Comitato nazionale di Bioetica - il medico deve agire in scienza e coscienza sull'opzione di rianimare, indipendentemente dai genitori, a meno che non si palesi un caso di accanimento terapeutico".

Nel documento, il caso degli aborti dopo la 22esima settimana non viene esplicitamente citato, ma la presa di posizione ricalca le preoccupazioni già espresse dai vescovi italiani, riguardo ai casi di interruzione volontaria di gravidanza dopo il quarto mese, quando cioè le moderne tecniche di rianimazione consentirebbero di mantenere in vita il feto. "L'attività rianimatoria esercitata alla nascita - si legge nel testo - dà il tempo necessario per una migliore valutazione delle condizioni cliniche, della risposta alla terapia intensiva e delle possibilità di sopravvivenza, e permette di discutere il caso con il personale dell'Unità ed i genitori". Tuttavia, concludono i firmatari, "se ci si rendesse conto dell'inutilità degli sforzi terapeutici, bisogna evitare a ogni costo che le cure intensive possano trasformarsi in accanimento terapeutico".
Il medico, quindi, come ha precisato Caporale, deve rianimare sempre. Nell'ipotesi in cui il feto sopravviva all'aborto "non ritengo necessario chiedere il consenso della madre - ha sottolineato la biologa membro del Comitato nazionale di bioetica - in questo caso infatti si esercita un'opzione di garanzia con cui si tutela un individuo vulnerabile e fragile, qual è il neonato, in una fase in cui non si hanno certezze cliniche". "Secondo me - ha aggiunto - si può presumere lo stato di abbandono giuridico del neonato da parte della madre, che ovviamente può tornare indietro sulla sua decisione".

"Non si può decidere di assistere un neonato solo in base alla settimana di gravidanza - ha spiegato Domenico Arduini, direttore della Clinica ostetrica e ginecologica di Tor Vergata - ma in base alla patologia della madre e del figlio. Un bambino nato alla 21esima settimana non sopravvive, ma già a partire dalla 22esima ha tra il 14 e il 26% di possibilità". Salgono le aspettative di vita dalla 23esima settimana: "Al primo giorno le probabilità oscillano tra il 30 e il 47% - ha detto Giuseppe Noia, docente di Medicina prenatale alla Cattolica - oggi rispetto a dieci anni di fa migliorano le aspettative di sopravvivenza, ma il problema della scelta dell'assistenza è sul futuro del neonato e un'eventuale disabilità. Alcuni genitori preferiscono addirittura che i loro bimbi non vengano assistiti".

Per il ministro della Salute, Livia Turco, il documento dei ginecologi "non parla della 194, legge importante che va difesa e ben applicata". "A fronte del problema dell'assistenza ai neonati pretermine - ha ribadito la Turco - c'è una raccomandazione agli operatori che ruota attorno a un principio: laddove c'è un principio di vitalità e la possibilità di vita, dev'essere fatto di tutto per rianimare il feto senza accanimento e coinvolgendo, passo dopo passo, la madre e i genitori".
"Profondo sdegno" è stato espresso da Gavino Angius, che a nome dei Socialisti è intervenuto parlando di "aggressione alla 194 perpetrata nelle ultime settimane dalle gerarchie vaticane e da gruppi a essere contigui. La legge sull'interruzione volontaria di gravidanza - ha aggiunto - è buona e ha salvato migliaia di donne dalla piaga dell'aborto clandestino, tutelandone la salute". Sulla stessa linea la segretaria radicale Rita Bernardini: "Condannare alla sofferenza non è difesa della vita" ha detto, attaccando "i potenti del Vaticano, dei partiti e della medicina" e chi "vuole scegliere per gli altri al posto dei genitori, della madre, e prendere decisioni sulla vita di innocenti condannandoli ad un'esistenza di inferno sulla Terra".

L'Udeur si è invece associato al documento dei cattedratici, con la responsabile di bioetica del partito, Wanda Ciaraldi, che auspica un aggiornamento della legge "alla luce delle nuove tecniche di rianimazione dei prematuri, perché ogni feto ha diritto di essere curato né è pensabile che a tanti anni di distanza la 194 debba essere considerata intoccabile".
Il documento dei medici conferma che "la scienza è al servizio della vita", ha detto Alfredo Mantovano di An, che plaude ai docenti e alla loro difesa della vita, perché ciò conferma a suo giudizio "che l'università italiana non è assimilabile alle poche decine di professori che hanno protestato per la visita del Papa alla Sapienza, e che la scienza è capace di porsi al servizio dell'uomo quando aderisce al dato di realtà".

Un invito a dibattere su temi così delicati alla luce dei dati scientifici e non delle contrapposizioni ideologiche è venuto dal presidente della Commissione Sanità del Senato Ignazio Marino: “Il dibattito va riportato con serietà e rigore agli elementi della nostra società rispetto all'inizio della vita e la legislazione della legge 194 che un paese laico deve avere. Una legislazione in materia sanitaria - sostiene - non può prescindere da conoscenze scientifiche sulle possibilità e gli avanzamenti della tecnologia rispetto a ciò che si poteva fare solamente 30 anni fa e considerare quel corridoio tra l'assistenza e l'accanimento terapeutico”.

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04 febbraio 2008
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