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Sapete come funziona l'inserimento sociale dei disabili in Italia? Male! Un articolo di Elvira Serra

21 gennaio 2008

I disabili e le barriere
Senza lavoro 7 su 10. Diritti negati, dai viaggi allo studio
di
Elvira Serra (Corriere.it, 16 gennaio 2008)

«Vuole sapere come funziona l'inserimento sociale dei disabili in Italia? Male grazie». Pietro Barbieri è presidente della Fish, la Federazione italiana superamento handicap: 34 associazioni nazionali che si prendono cura di epilettici, cerebrolesi, Down, autistici. E di tutti quei figli di un dio minore nascosti fino a pochi anni fa dietro le mura domestiche. Segregati. Per vergogna, ignoranza, cattiveria. Per la paura di vedere in loro lo specchio di noi stessi.
«Persone non rassegnate, impegnate a esprimere una speranza attiva realizzando al meglio sé grazie a una splendida rete di solidarietà», ha detto di loro il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio di fine anno. Una popolazione che ancora sfugge ai censimenti ufficiali. L'Istat ne conta 2 milioni 609 mila, il 4,8% della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia (una su dieci ha un disabile in casa). Ma è una stima per difetto. L'Oms calcola che il 10% della popolazione ha disabilità più o meno gravi. Del resto, e la fonte è il sito disabilitaincifre.it patrocinato dal ministero della Solidarietà e dall'Istat, nel 2004 i beneficiari di pensioni di invalidità di ogni tipo sono stati oltre 4,8 milioni, per una spesa pubblica di 52,2 milioni di euro.

Impegno internazionale - «Siamo tanti, ma invisibili», si lamentano le associazioni. Malgrado questo sia un anno importante per loro. L'Italia nel marzo scorso ha firmato la Convenzione Onu sui disabili, accolta da Kofi Annan come «la promessa di una nuova era». L'ultimo Consiglio dei ministri del 2007 ha approvato il disegno di legge di ratifica, che ora dovrà seguire l'iter parlamentare. Proprio per questo il ministro Paolo Ferrero comincia domani a Firenze una serie di 21 incontri che lo porteranno in tutta Italia per parlare con Regioni, Province e Comuni, competenti (nell'ordine) di barriere architettoniche, integrazione professionale e assistenza alle persone. «Perché a parole nel mondo politico sono tutti d'accordo - ha detto ieri -. Ma in realtà le cose non funzionano come dovrebbero e anche laddove le leggi sono avanzate non vengono rispettate».

Associazionismo - «L'iniziativa è encomiabile, ma queste cose mi lasciano perplesso. L'integrazione va cambiata con l'inclusione», spiega Pietro Barbieri. «Esistono ancora oggi strutture segreganti che prelevano ingenti risorse statali. Penso a Serra d'Aiello, in Calabria, all'Istituto Vaccari di Roma, al Piccolo Cottolengo di Tortona. Noi vorremmo che i finanziamenti pubblici fossero impiegati per includere, non per escludere. I disabili devono poter stare in mezzo a tutti gli altri. Non si può pensare, per aiutarli, di aggiungere nuove tasse: i cittadini si ribellerebbero».

Diritto al lavoro - La Fand, che è la Federazione delle 5 associazioni storiche di ciechi, invalidi civili e sul lavoro, mutilati per servizio e sordomuti, da anni insiste sull'adeguamento delle pensioni di invalidità ai minimi Inps. Il presidente Giovanni Pagano non si stanca di ricordarlo: «Un disabile grave, con un'invalidità del 100 per cento, riceve dallo Stato 8,4 euro al giorno. Non siamo ancora riusciti a far capire al Governo che non si può vivere così». Per Tommaso Daniele, in testa all'Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uic), la nota dolente è il lavoro. Seicentomila disabili sono iscritti nelle liste di collocamento mirate, 400 mila soltanto al Sud. Il loro tasso di disoccupazione sfiora il 70%, contro quello ordinario del 5,6%. Daniele precisa: «I ciechi che lavorano sono quindicimila su 380 mila. Per noi la tecnologia sta diventando un nemico. La funzione del centralinista, che per legge ci deve essere riservata nel 51% dei casi, è sempre più spesso assolta da dischi automatici. Nei call center il problema è il precariato. Anche la professione del fisioterapista, un tempo a noi congeniale, ci viene pian piano estromessa da tecnologie sempre più sofisticate».

Barriere - Ed è facile parlare di abbattimento delle barriere e di integrazione se poi le negligenze arrivano da chi dovrebbe impegnarsi a eliminarle. Il sito del ministero dei Beni culturali, ma anche quello dell'Istruzione, degli Esteri e del Turismo non sono completamente accessibili. «Sarebbe meglio dire che non rispettano tutti i punti della legge Stanca, fissati nel 2004 per favorire l'accesso dei disabili agli strumenti informatici», sintetizza Nunziante Esposito, dell'Osservatorio Siti Internet Uic, che giovedì scorso ha testato per noi le quattro pagine web. E ancora barriere si incontrano per viaggiare. Sui treni Eurostar sono soltanto due i posti riservati. Questo spiega perché nel 2006 il 13,7% delle persone diversamente abili ha preso il treno, contro il 31,2% degli altri. Sugli aerei non è permesso portare a bordo le carrozzine (disposizione Iata) e questo scoraggia i viaggi lunghi. Va meglio in città: prende l'autobus il 20,3% dei disabili contro il 24,4% dei cittadini «normali».

La cultura - Si informano, studiano, esplorano. Il 22% dei disabili sotto i 44 anni legge i giornali quasi tutti i giorni (gli altri sono il 34%). E il 39% usa spesso il computer (le persone senza disabilità sono il 54%). Ma è dall'istruzione che arriva un messaggio importante. Dal 2000 al 2005 gli iscritti all'università sono raddoppiati: erano 4.813, sono diventati 9.134. Il Miur parla di «incremento relativo» del 90%. Alle scuole dell'obbligo statali, nel 2005 gli alunni disabili sono stati 178.220, pari al 2%, il doppio rispetto al lustro precedente. Pietro Barbieri fa il punto: «In Brasile c'è una giornalista televisiva con la sindrome di Down (si chiama Fernanda Honorato, lavora all'emittente privata Tve, ndr). Qui da noi un ragazzo con la sclerosi multipla viene stigmatizzato. Possiamo ancora tollerarlo?».

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21 gennaio 2008
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