Scaduti i termini per decidere cosa fare del proprio Tfr. Più della metà degli italiani ha deciso di attendere...
Sabato scorso, 30 giugno, sono scaduti i termini per presentare la personale scelta per la destinazione del proprio Tfr. Scaduti questi è partito il tempo del ''silenzio-assenso'', ma l'irrevocabilità di ciò esiste soltanto per chi non ha espresso alcuna volontà sul ''dove voler destinare i fondi della propria liquidazione''.
Al contrario, per chi invece ha scelto di lasciare la propria liquidazione in azienda, potrà passare ad un fondo anche in futuro.
Insomma, calato il sipario sulle scelte del Tfr, i bilanci ci dicono che più della metà degli italiani ha optato per questa possibilità: infatti, circa il 59% dei dipendenti hanno lasciato il proprio Tfr in azienda, aspettando di valutare l'effettivo rendimento dei fondi, e mantenendo la possibilità di cambiare idea dopo.
Sulla base delle prime stime su una posta in gioco complessiva di 18,933 miliardi sono confluiti nella previdenza integrativa 7,763 miliardi. Di questi 6,248 miliardi di euro portati in dote da chi ha optato esplicitamente per il fondo pensione. A scegliere questa strada è stato, secondo un sondaggio realizzato da IPR Marketing pubblicato sul Sole-24 Ore di sabato 30 giugno, il 33% dei lavoratori. L'8% ha invece imboccato la via del silenzio-assenso con una quota di Tfr pari a 1,515 miliardi.
All'interno del partito della previdenza integrativa il 70% ha destinato il proprio trattamento a fondi chiusi o negoziali versando complessivamente una quota stimata in 4,374 miliardi. I fondi aperti dovranno gestire invece 1,624 miliardi e 250 milioni sono stati destinati ad altri strumenti come i contratti di assicurazione con finalità previdenziale.
Vale invece 11,17 miliardi il Tfr lasciato in azienda. Una scelta dettata in alcuni casi dal timore di non tornare indietro. Tanto che uno su due non esclude di prendere una decisione diversa nei prossimi 1-2 anni.
''Oggi ci sono circa 4 milioni di dipendenti che hanno paura a cambiare - ha spiegato il direttore di IPR Marketing Antonio Noto - ma nel contempo non hanno la certezza che questo atteggiamento conservatore possa rendere loro beneficio''. Il 62% di chi rinvia la decisione al futuro ha un'età compresa tra i 35 e i 54 anni, è uomo (il 69%) e lavora in un'azienda con oltre 50 dipendenti (71%). Dati da non sottovalutare, secondo Noto, ''perché qualsiasi cambiamento dei comportamenti sociali ed economici non avviene mai in tempi brevi'' e ''non è impensabile ritenere che nell'arco di uno-due anni la quota di Tfr alla previdenza integrativa possa raddoppiare''.
Non intende invece tornare sui propri passi il 40 per cento, con punte del 92% tra chi ha 55 anni e più. Qui le donne (54%) superano gli uomini (30%).