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Scene da una fiducia al Senato

Berlusconi ha incassato anche la fiducia di Palazzo Madama: "Ora avanti per fare le riforme"

01 ottobre 2010

A Palazzo Madama, come il giorno prima a Montecitorio, Berlusconi incassa la fiducia. Un via libera con 174 sì e 129 no. Presenti in aula 305 senatori, votanti 303, la maggioranza richiesta era di 152.
Il voto è arrivato dopo una giornata che ha visto nuovamente il premier intervenire due volte per chiedere la fiducia, questa volta in Senato. Nel discorso di apertura a Palazzo Madama Berlusconi ha rivendicato il "risultato positivo" ottenuto alla Camera, con una "maggioranza più ampia e articolata rispetto alla fiducia ottenuta nel 2008" e che ha reso la "maggioranza più forte" per andare avanti fino a fine legislatura.
Un discorso di appena trenta minuti rispetto ai 54 della Camera, sottolineato da 15 applausi della maggioranza (50 ieri) e da qualche contestazione. Eccezion fatta, nel corso del dibattito, per il battibecco con il senatore Luigi Zanda. Con l'esponente del Pd che ha definito "provinciale" la politica estera del Governo e "troppo spesso basata sull'esibizionismo e la vacuità". Il premier ha risposto dando a Zanda del "gran bugiardo". Tanto che la politica estera è stato il "piatto forte" della replica, con Berlusconi a rivendicare i "risultati straordinari" e a negare che ci sia stato "un inginocchiamento nei confronti di Gheddafi".

"La maggioranza è più forte - ha detto Berlusconi - Alla Camera ha ottenuto il consenso di tutti i parlamentari eletti nelle sue file, con pochissime eccezioni personali, e di diversi altri deputati che hanno liberamente, li-be-ra-men-te, ritenuto di assumersi la responsabilità di costruire con noi la stagione delle riforme". Per Berlusconi è questo "il vero dato politico", il resto sono "confusi calcoli di aritmetica parlamentare che non appassionano me e che non credo appassionino affatto gli italiani". Ora, ha aggiunto, dobbiamo ''concludere la legislatura'' e fare dei "prossimi 3 anni la stagione delle riforme".
Per il resto, come già a Montecitorio, ha ribadito che la "riforma della giustizia resta una delle nostre priorità". Dunque avanti con la riforma del Consiglio superiore della magistratura, la separazione delle carriere ma soprattutto con lo scudo, la legge, "all'esame del Parlamento per la tutela delle alte cariche dello Stato".
Il Cavaliere è tornato anche sulla chiusura dei cantieri sulla Salerno- Reggio Calabria, che alla Camera aveva scatenato un boato di risate, per ribadire la data del 2013 e mettere in chiaro che si tratta di "una ferita aperta, un punto sanguinante, ereditato in stato di scandaloso abbandono, per il quale si sta lavorando da anni". Sul Ponte di Messina poi è partito all'attacco del Governo Prodi: ''Cinque anni per costruire l'opera dell'orgoglio italiano. Avevo personalmente partecipato a 32 riunioni fino all'appalto dato. Ma in cinque minuti il governo della sinistra ha accantonato il progetto e distrutto tutto".
Nella replica Berlusconi si è anche tolto qualche altro sassolino. Politica estera a parte, il premier è intervenuto sui rifiuti a Napoli. "Napoli ha avuto risolto definitivamente il problema dei rifiuti. Ci sono discariche che possono contenerli, c'è il termovalorizzatore di Acerra che funziona completamente. Sapete cosa non funziona? A Napoli non funziona la raccolta dei rifiuti, che è nella diretta responsabilità dell'amministrazione comunale, che ha un nome: Rosa Russo Iervolino".

Sulla bufera scatenata dalle frasi di Giuseppe Ciarrapico su Fini e kippah, Berlusconi ha chiaramente detto che è sempre stato amico di Israele ("anch'io mi sento israeliano"). Parole chiare "per evitare che una frase sfuggita di bocca di un nostro senatore possa generare equivoci".
Spazio anche allo sfogo sulla fatica del governare. "Non ci sono le condizioni di un'alternativa al nostro esecutivo, nel rispetto della volontà popolare. Ritengo che si abbia il dovere di governare, anche se non è facile, non è semplice, e tante volte verrebbe veramente la voglia di dire 'lasciamo agli altri questo sacrificio'. Ma noi vogliamo continuare a governare sempre meglio nell'interesse del Paese".

In aula al Senato i finiani, rappresentati da Pasquale Viespoli, hanno confermano la fiducia al governo: "Intendiamo andare avanti per dimostrare che non puntiamo al logoramento ma al condizionamento positivo dell'azione di governo".
Il capogruppo dell'Mpa al Senato, Giovanni Pistorio, ha voluto prendere la parola per annunciare il suo sì al voto di fiducia, ma ha messo in evidenza quanto poco sia stato fatto finora per la Sicilia. Pistorio ha chiesto più interventi e ha denunciato la mancanza di risorse alle quali attingere. Berlusconi allora ha preso carta e penna e gli ha inviato il seguente messaggio: "Spenda quel che resta (72%) del Fas 2000-2005. Grazie. S. B.". Pistorio ha letto e lasciato il foglietto sul tavolo per tutto il tempo dell'intervento. Ma il suo discorso sul Mezzogiorno è proseguito come se nulla fosse. "Non ho risposto al presidente del Consiglio in aula perchè avrei dovuto fornire una spiegazione lunga e articolata, che avrebbe distolto l'attenzione dal tema trattato", ha spiegato poi Pistorio. "Avrei dovuto spiegare al presidente del Consiglio - ha aggiunto il capogruppo del Mpa - che il Par Fas 2007-2013, del quale chiedevo conto al governo, è stato istruito, verificato e concordato con il ministero allo Sviluppo economico e deliberato dal Cipe e riguarda interventi immediatamente esecutivi e realizzabili". "Le risorse cui fa riferimento invece il premier nel suo biglietto - ha sottolineato Pistorio - sono risorse relative a un vecchio programma, appunto 2000-2005, del quale ovviamente non siamo responsabili, ormai non più attuale e superato, e quindi quei fondi debbono essere riprogrammati. In attesa di una nuova programmazione concordata con il ministero quindi quei fondi non si possono spendere".

L'opposizione vede le elezioni a breve e boccia le possibilità della maggioranza di andare avanti:
"Non siete più forti, ma tragicamente più deboli. Questo governo ha fallito. Non li faccia più i sacrifici, presidente. È ora di lasciare", ha detto Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato.
Massimo D'Alema lo ha poi ribadito: "Berlusconi ha fatto un discorso che avrebbe potuto fare 10 anni fa. Adesso è scaduto. Non vedo riforme nel futuro, vedo la navigazione a vista, liti, problemi e, presto, elezioni". Per D'Alema il Cavaliere deve dimettersi e poi in Parlamento si vedrà: "Il governo tecnico? Nulla è accantonato. L'unica cosa da accantonare è l'attuale governo. Si dimettano, il Parlamento vedrà se ci sono maggioranze per dare vita ad un governo con il compito di fare la riforma elettorale per poi restituire al popolo sovrano il potere di decidere". [Adnkronos/Ing]

- Aspettando la fiducia del Senato (Guidasicilia.it, 30/09/10)

 

 

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01 ottobre 2010
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