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Se alla ''Signora Morte'' sono i medici degli ospedali a dare un mano... Un altro decesso in un ospedale di Palermo

10 febbraio 2007

Che la ''Signora Morte'' passi gran parte del suo tempo nei corridoi degli ospedali, a sbirciare dentro le stanze e a tastare il polso a tutte le persone ricoverate, non è un fatto strano, anzi potemmo dire che proprio negli ospedali ha una delle sue residenze ufficiali. Diventa anomalo e inquietante però, se la sua muta presenza si trasforma in frequente attività, e nel luogo dove morire è sì possibilissimo ma principalmente ha la sua destinazione nel far guarire le persone, sopravvivere diventa quasi una scommessa.
Negli ultimi tempi sono state troppe le morti negli ospedali italiani, e in particolare in quelli siciliani. Persone che sono entrate nei nosocomi vittime di patologie non gravi e che una volta ''curate'' non ce l'hanno fatta. La parola ''malasanità'' è diventata dunque di uso quasi quotidiano e nella mente di tutti, purtroppo, inizia ad albergare con sempre maggiore insistenza, la paura d'aver bisogno di un ricovero.

L'ultimo caso di ambigua morte in un ospedale siciliano, il Policlinico di Palermo ''Paolo Giaccone'', è accaduto mercoledì scorso. 
Maria Scafidi, 58 anni, è morta dopo operazione per ernia. La paziente, originaria di Udine ma residente a Palermo, era stata sottoposta il pomeriggio precedente a un intervento chirurgico per un'ernia ombelicale.
Dopo l'operazione ha iniziato ad accusare dei forti dolori addominali e le sarebbero stati somministrati degli antidolorifici. L'indomani mattina la morte per arresto cardiocircolatorio. Da qui la denuncia dei familiari che hanno chiesto sia fatta luce sulle cause del decesso.

''L'agonia è iniziata alla nove di sera - ha raccontato la figlia, Loredana Di Maria -. Ho chiesto non so quante volte l'intervento del medico, ma arrivavano solo gli infermieri. Dopo le mie pressanti insistenze, nel cuore della notte, è arrivato il medico. Che si è limitato a guardare mia madre. E ha detto che quel decorso di dolori era normale. Invece mia madre stava morendo''.
Dopo la denuncia della famiglia Di Maria al commissariato Oreto, la Procura ha aperto un'inchiesta su quanto accaduto alla Clinica universitaria. Il direttore del reparto, Giuseppe Diana, ha respinto le accuse di mancata assistenza e ha offerto un'altra versione dei fatti: ''Il medico di guardia è intervenuto subito - ha detto - la signora è stata soccorsa senza ritardo, l'arresto cardiaco è arrivato mentre c'era un infermiere che le stava inserendo nel braccio l'ago per la fleboclisi. Sono sicuro che la morte non è attribuibile a una nostra disattenzione''.

Il magistrato che indaga sulla vicenda, Gianfranco Scarfò, ha disposto il sequestro della cartella clinica della paziente, e il sequestro della salma, per l'autopsia.
Maria Scafidi, madre di sette figli, aveva programmato da tempo l'intervento: ''L'operazione presentava una certo fattore di rischio - ha spiegato Luigi Aprea, direttore sanitario di presidio - la paziente, che era una grande obesa, ne era stata informata''. Ma i familiari insistono: ''Proprio perché non era un intervento d'urgenza erano stati fatti tutti i controlli e le analisi. I medici ci avevano rassicurato anche al termine dell'operazione, durata cinque ore, il primario aveva ribadito che tutto era andato bene''.

E le indagini della procura hanno già rivelato altre verità, come per esempio che il medico che ha soccorso la signora Scafidi quando le sue condizioni erano diventate critiche era solo uno specializzando di guardia in Chirurgia  Uno ''specializzando'', non un medico di ruolo, che reggeva il dipartimento di Chirurgia generale quella notte. Era lui il ''medico di guardia'', l'unico.
Il pm Scarfò, ha fatto notificare al commissariato Oreto 15 avvisi di garanzia, che al momento sono un atto dovuto per consentire lo svolgimento dell'autopsia e di cui presto si avranno gli esiti.
I provvedimenti riguardano il primario dell'unità operativa di Chirurgia mininvasiva e dell'obesità, Gaetano Di Vita, i medici e gli infermieri che si sono occupati della paziente. Nell'elenco c'è anche il medico specializzando che risultava di guardia.
La Procura, inoltre, ha presentato un lungo elenco di domande ai medici, arrivati da Roma, che dovranno eseguire l'autopsia. Anche perché le dichiarazioni della direzione sanitaria del Policlinico sono di tenore ben preciso: ''Era un intervento che presentava alcuni fattori di rischio. La paziente, che era una grande obesa, ne era stata informata''.

Anche in questo drammatico caso, la giustizia farà il suo corso e, si spera, si potranno accertare tutte le cause del decesso di questa ennesima vittima, forse, della sanità siciliana. Certo è che se alla ''Signora Morte'', che sa fare egregiamente il proprio mestiere, sono i medici a consegnarle nuove vite, beh, la situazione diventa insostenibile e gli equilibri che dovrebbero portare avanti la normale prosecuzione di una civile società andranno inevitabilmente in malora...

Aperta un'inchiesta anche all'interno dell'ISMETT
E la Procura di Palermo, pochi giorni fa, ha aperto anche un'inchiesta sulla morte di una donna morta dopo il trapianto del fegato all'Ismett, l'Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione. Il magistrato che coordina l'inchiesta ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche presso il centro di eccellenza palermitano. La vicenda è legata al caso di una donna che era stata sottoposta nei mesi scorsi a trapianto di fegato, deceduta qualche settimana fa a causa di complicanze post-operatorie. I familiari della paziente avevano presentato un esposto alla magistratura che ha disposto proprio qualche giorno fa il sequestro delle cartelle cliniche ed ordinato l'autopsia. La paziente era stata sottoposta a trapianto di fegato lo scorso mese di giugno. Era affetta, infatti, fin dalla nascita da una malattia genetica particolarmente rara che le aveva compromesso la funzione del fegato. ''Il trapianto di fegato - ha spiegato il prof. Bruno Gridelli, direttore medico scientifico di Ismett - è un intervento che presenta diversi rischi. I pazienti che vengono sottoposti a questo tipo di operazione sono pazienti che presentano condizioni di salute estremamente gravi. Nella maggior parte dei casi il trapianto permette di tornare ad una buona qualità della vita ma purtroppo non è sempre così: le complicanze post operatorie rimangono ancora oggi un rischio concreto che, in alcuni casi, può condizionare il decorso dei pazienti''.

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10 febbraio 2007
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