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Se anche Magistratura democratica comincia ad ammonire i magistrati

Giancarlo Caselli sul monito di Md nei confronti del procuratore Antonio Ingroia

21 settembre 2012

È "inaccettabile la sollecitazione da parte di magistrati del consenso ad indagini o all'esito di processi in corso"; ed è inopportuna la "ricerca esasperata di esposizione mediatica", soprattutto da parte di chi svolge indagini delicate e usa nel confronto politico le conoscenze acquisite con il proprio lavoro.
È questo il monito che nei giorni scorsi ha lanciato Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe. Parole che sembrano dirette al procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che pure non viene mai citato direttamente.
Il richiamo è contenuto in un documento approvato dall'esecutivo della corrente, alla quale aderisce lo stesso Ingroia. Ed è arriva mentre esponenti del gruppo discutono sulla mailing list della corrente sia sulle esternazioni di Ingroia che sulla stessa indagine che sta conducendo sulla trattativa Stato-mafia, e a pochi giorni dall'autosospensione del segretario Piergiorgio Morosini per il suo ruolo di gup in quel procedimento.
Per Ingroia si tratta di un nuovo monito, dopo quello ricevuto dal presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli e dal vice presidente del Csm dopo che alla festa del Fatto quotidiano aveva invitato i cittadini a cambiare la classe dirigente del Paese (LEGGI).

Il documento di Md parte dalla rivendicazione "dell'opportunità della partecipazione dei magistrati al dibattito politico". Ma sottolinea che l'intervento pubblico del magistrato "non" deve sovrapporsi al proprio lavoro giudiziario, e deve essere caratterizzato da "chiarezza, equilibrio e misura", cioè "svolto in modo da non arrecare pregiudizio al lavoro giudiziario e alla immagine della giurisdizione". Un discorso che vale a maggior ragione "per i magistrati che conducono indagini particolarmente rilevanti e delicate sulle quali si concentra l'attenzione pubblica con rischi evidenti di strumentalizzazione". "Soprattutto in questi casi", infatti, "è evidente l'inopportunità della ricerca esasperata di esposizione mediatica, anche attraverso la sistematica partecipazione al dibattito, da parte di magistrati, che approfittano dell'autorevolezza e delle competenze loro derivanti dallo svolgimento della attività giudiziaria e utilizzano nel confronto politico le conoscenze acquisite e le convinzioni maturate nel contesto di un'indagine". E un "esito pericoloso di questa distorsione", avverte Md, "è la possibile creazione, in luogo diverso dall'ambito processuale, di 'verità' preconfezionate che rischiano di influenzare o comunque di far 'apparirè parziali l'operato della magistratura e le decisioni giudiziarie".
E non è tutto: "è egualmente inaccettabile la sollecitazione e la ricerca da parte di magistrati del consenso ad indagini o all'esito di processi in corso, specialmente se si tratta dei magistrati direttamente investiti di quelle indagini e di quei processi o comunque appartenenti al medesimo ufficio".

"Si stenta a credere che oggi Magistratura Democratica (Md) preferisca prendersela con un magistrato come Ingroia proprio nel momento in cui egli, con altri valorosi colleghi, è impegnato nella difficilissima inchiesta solitamente rubricata alla voce 'trattative' fra Stato e mafia. Un'inchiesta sulla quale è lecito esprimere valutazioni e giudizi anche assai diversi, ci mancherebbe. Ma senza che mai venga meno il rispetto comunque dovuto ad un impegno coraggioso guidato dall'interesse generale all'osservanza della legge". Lo scrive Giancarlo Caselli, capo della Procura della Repubblica di Torino, in una lettera al Corriere della Sera.
"Di segno opposto - prosegue - sono invece le accuse, rivolte ad Ingroia da Md, di 'approfittare dell'autorevolezza e delle competenze' che gli derivano 'dallo svolgimento della attività giudiziaria'. Come a dire che proprio chi si è meritato stima e considerazione per l'ottimo lavoro svolto dovrebbe starsene zitto. C'è poi l'accusa di 'esasperata esposizione mediatica anche attraverso la sistematica partecipazione al dibattito', che viene scoccata dopo aver rivendicato 'l'opportunità della partecipazione dei magistrati al dibattito politico'".
Md, conclude Caselli, "che un tempo era 'eresia' introdotta in un corpo burocratico sostanzialmente conformista, oggi non può orientarsi verso forme di sgradevole 'normalizzazione'".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Lasiciliaweb.it, Magistraturademocratica.it, ASCA]

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21 settembre 2012
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