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Se davanti alla tragedia si cede all'indifferenza...

A Lampedusa continuano gli episodi di autolesionismo da parte dei migranti. Principio di rivolta a Pantelleria dove una sessantina di tunisini hanno inscenato una protesta

06 giugno 2011

Un principio di rivolta, con lanci in aria di bottiglie, si è registrata ieri sera all'ex caserma Barone di Pantelleria dove sono ospitati, in padiglioni diversi, una sessantina di migranti tunisini, tra cui una donna e una decina di minorenni. Sei adulti, poi trasferiti all'ospedale "Bernardo Nagar", hanno attuato gesti di autolesionismo e si sono feriti al torace e alle braccia con le bottiglie.
Gli immigrati arrivati sull'isola tra il 27 e il 28 maggio scorsi, chiedono di essere trasferiti a Trapani. La protesta è stata subito sedata dai carabinieri e dai finanzieri attualmente in servizio di vigilanza sul posto. Cinque tunisini ieri erano stati arrestati dalla Guardia di Finanza perchè a loro carico è risultato un decreto di espulsione dal territorio italiano non ottemperato.
A Lampedusa, nei giorni scorsi, altri due tunisini, ospiti del centro d'accoglienza dell'isola, sono stati trasferiti ieri sera con l’elisoccorso nell’ospedale "Cervello" di Palermo dopo avere ingoiato alcune lamette da barba. Sono complessivamente una trentina i tunisini che negli ultimi giorni hanno attuato questa forma di protesta per evitare di essere rimpatriati.
Una situazione che è stata denunciata dal responsabile del Poliambulatorio dell’isola, Pietro Bartolo, che sottolinea l’inadeguatezza della sua struttura per far fronte a questa emergenza sanitaria.

Intanto, dopo l’annuncio e la smentita di due giorni fa sul ritrovamento di 150 cadaveri al largo delle coste tunisine (LEGGI), è salito a 26 il numero dei corpi di migranti morti nel naufragio dell’isola di Kerkennah recuperati ieri dai mezzi navali tunisini. Lo ha detto il tenente colonnello Tahar Landoulsi, comandante della Guardia costiera di Sfax, che coordina le ricerche. I dispersi, secondo le autorità tunisine, potrebbero essere più di 200. Secondo l’ufficiale, nessun corpo si troverebbe più nel relitto affondato. Gli altri cadaveri, ha aggiunto, potrebbero essere stati trascinati dalle correnti a una distanza di venti chilometri dal luogo del naufragio, circostanza questa che lascerebbe poche speranze di recuperare ulteriori corpi.
Ad affondare è stato un peschereccio libico al largo delle isole Kerkennah, nel sud della Tunisia. L’altro ieri le cattive condizioni meteorologiche avevano impedito le operazioni di ricerca dei dispersi. Restavano quindi solo i due cadaveri trovati il 2 giugno e che ora sono nel reparto di medicina legale dell’ospedale universitario di Sfax, in attesa che si completino le procedure del caso: autopsia, esami clinici e tossicologici, identificazione. Nello stesso ospedale sono stati ricoverati per poco più di un giorno i supersiti rimasti feriti nel naufragio. Lo stretto tempo necessario per prestare le cure di cui necessitavano e sono stati dimessi. Li hanno già trasferiti nei campi alla frontiera con la Libia, in attesa di poter decidere quale sarà il loro futuro.
Le condizioni del mare, insieme ad altre coincidenze, hanno causato la tragedia. Le ha raccontate all’agenzia di stampa Ansa il tenente colonnello Tahar. La prima e più incredibile coincidenza è che i dispersi - lo sono ancora ufficialmente, ma tutti sanno che sono morti e che dovrebbero essere in maggioranza originari del Pakistan, del Bangladesh, di alcuni paesi dell’Africa Subsahariana ed equatoriale - non comprendendo le indicazioni dei militari tunisini (in francese, arabo e in inglese) spostandosi repentinamente hanno fatto capovolgere il barcone. Sono annegati in un paio di metri d’acqua, perché il mare non ha consentito ai mezzi navali tunisini di soccorrerli.

"Reagire all’indifferenza di fronte alle tragedie dei migranti" - Di fronte alla tragedia dei tanti migranti inghiottiti dal mare, l’indifferenza è un "rischio da scongiurare" e per questo occorre reagire "moralmente e politicamente". Lo ha scritto il capo dello Stato Giorgio Napolitano in una lettera inviata a Claudio Magris, pubblicata oggi sul Corriere della Sera. Se nell’intervento di sabato (LEGGI), dopo il naufragio al largo della Tunisia del peschereccio partito dalla Libia, Magris aveva sottolineato come "le tragedie odierne dei profughi in cerca di salvezza o di una sopravvivenza meno miserabile che periscono, spesso anonimi e ignoti, in mare non sono meno dolorose, ma non sono più un’eccezione sia pur frequente, bensì una regola", rappresentano una "cronaca consueta" che "non desta più emozioni collettive", provocando "assuefazione che conduce all’indifferenza", per il capo dello Stato l’indifferenza è proprio "la soglia che non può e non deve essere varcata".
"Lei ha spiegato con crudezza - scrive Napolitano – come miseria della condizione umana l’acconciarsi a convivere con quella che diviene orribile 'cronaca consueta'. Ma se in qualche modo è istintiva l’assuefazione, è fatale anche che essa induca all’indifferenza? A me pare sia questa la soglia che non può e non deve essere varcata". "Se è vero, come lei dice, che la democrazia è tale in quanto sappia 'mettersi nella pelle degli altri, pure in quella di quei naufraghi in fondo al mare', occorre allora scongiurare il rischio di ogni scivolamento nell’indifferenza, occorre reagire con forza, moralmente e politicamente, all’indifferenza: oggi, e in concreto, rispetto all’odissea dei profughi africani in Libia, o di quella parte di essi che cerca di raggiungere le coste siciliane come porta della ricca, e - domanda - accogliente?, Europa".
Per il Presidente della Repubblica, chi quotidianamente organizza la partenza dalla Libia, "su vecchie imbarcazioni ad alto rischio di naufragio, di folle disperate di uomini, donne, bambini" compie un "crimine" di fronte al quale "la comunità internazionale e innanzitutto l’Unione Europea, non possono restare inerti". Stroncare questo "traffico" di esseri umani, prevenire nuove, continue partenze per viaggi della morte, ben più che "viaggi della speranza", e aprirsi, regolandola, all’accoglienza è, sottolinea Napolitano, "il dovere delle nazioni civili e della comunità europea e internazionale, è questo il dovere della democrazia". [Leggi la lettera del capo dello Stato a Claudio Magris]

[Informazioni tratte da Ansa, Lasiciliaweb.it, Adnkronos/Ing, Il Fatto Quotidiano]

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06 giugno 2011
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