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Se Gheddafi è la Libia...

La milizia del raìs continua a bombardare le città "ribelli", mentre le navi Usa si avvicinano alle coste libiche

03 marzo 2011

Un aereo da guerra ha bombardato oggi, giovedì 3 marzo, il terminal petrolifero di Brega, la città libica orientale dove ieri gli insorti hanno respinto un attacco aereo e di terra delle truppe fedeli di Gheddafi. Lo riferiscono testimoni. La notizia si è diffusa velocemente. I ribelli libici stanno facendo rotta in massa verso Brega per rafforzare le loro posizioni prima di un eventuale attacco delle truppe del rais. "Le forze di Gheddafi preparano un nuovo attacco", ha dichiarato Mahmoud al-Fakhri, uno degli insorti che ha lasciato Ajdabiya per recarsi a Brega. Secondo quanto riferito dalla stessa fonte, i dintorni della città sono stati fatti oggetto di nuovi raid aerei mercoledì sera. Negli scontri che hanno avuto luogo nelle ultime 24 ore, almeno dieci persone sono morte. Mercoledì sera, però, l'opposizione aveva fatto sapere di avere respinto l'offensiva dei militari fedeli a Gheddafi e di avere il pieno controllo della città.
Tutto questo mentre le tre navi da guerra Usa che hanno attraversato mercoledì il Canale di Suez, sono ora a 50 miglia al largo della costa libica e circa 400 marines sono arrivati nella base americana di Souda Bay a Creta, pronti a imbarcarsi a bordo delle unità da guerra Kearsage e Ponce che dovrebbero attraccare sull'isola greca nelle prossime ore. Il sottosegretario al dipartimento di Stato Philip Gordon, che si è incontrato ad Atene con il ministro degli Esteri Dimitri Droutsas, ha escluso che sia in fase di preparazione un'operazione militare contro la Libia. Gordon ha detto che "stiamo semplicemente preparandoci a far fronte a tutte le eventualità".

Intanto il procuratore della Corte penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha annunciato l'apertura di un'inchiesta per crimini contro l'umanità in Libia. E' inoltre diventato operativo il blocco dei beni dei sei principali componenti della famiglia Gheddafi e di 20 stretti collaboratori del regime libico. Il regolamento Ue che dispone il congelamento di tutti i fondi e le risorse economiche di queste 26 persone è stato pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale dell'Ue ed è entrato immediatamente in vigore.
Nel frattempo, però, non si interrompono i tentativi di una ricomposizione diplomatica della situazione. Gheddafi, secondo la tv araba Al Jazeera, si sarebbe detto favorevole al piano di pace proposto mercoledì dal presidente venezuelano, Hugo Chavez. Nel corso di un colloquio telefonico tra i due leader, Chavez ha proposto di creare una missione internazionale formata da Paesi amici per mediare tra i dirigenti libici e ribelli. Proposta che non piace allo schieramento anti-regime: "Respingiamo con forza la proposta di pace avanzata da Chavez" ha affermato l'ex ministro della Giustizia libico e attuale leader dell'opposizione, Mustafa Abdel Jalil, in un'intervista ad Al Jazeera. "Non accetteremo la proposta di mediazione dei venezuelani - ha affermato - perché vogliamo la caduta di Muammar Gheddafi e del suo regime". L'ex ministro ha quindi chiesto "alla comunità internazionale il riconoscimento del Consiglio nazionale fondato nei giorni scorsi a Bengasi come rappresentante della volontà del popolo libico. Siamo già in contatto con la Lega Araba e con le diplomazie di diversi Paesi per ottenere questo riconoscimento".

"IO SONO LA LIBIA" - Il colonnello libico, Muammar Gheddafi, ieri è di nuovo apparso sulla tv di stato libica. "Dal 1977 ho dato il potere al popolo e da allora non ho più poteri nel paese né di tipo politico né di tipo amministrativo", ha detto il raìs parlando ai suoi sostenitori a Tripoli, in occasione del 34esimo anniversario della nascita dei Comitati popolari in Libia.
Nell'incontro, trasmesso dalla tv libica, Gheddafi ha salutato il suo popolo sottolineando che "dal 3 marzo del 1977 abbiamo passato il potere al popolo e voglio ricordare al mondo che da allora ho dato il potere al popolo. Abbiamo vinto l'occupazione italiana e americana e il popolo gestisce il petrolio e i suoi proventi".
A proposito dell'Italia, ha raccontato di come è stata "costretta ad abbassare la testa nei nostri confronti". "Siamo andati in Italia portando il figlio di Omar Mukhtar - ha ricordato -, e li abbiamo costretti a scusarsi per la colonizzazione. E' una cosa storica, costringere l'Italia dopo tanti anni a pagare la Libia, è una cosa importante".
"La nostra democrazia è senza governo e presidente. Si basa sui Comitati popolari, in cui c'è tutto il popolo", ha spiegato ancora il colonnello leggendo poi il documento fondativo della 'Jamahiriya' redatto nel 1977. Le leggi stesse "sono emanate direttamente dal popolo attraverso i comitati popolari, non sono io a firmarle. In tutti questi anni io ho solo dato indicazioni di indirizzo". Per questo Gheddafi ha detto: "Non ho un incarico dal quale dimettermi, come negli altri paesi" e "sono rimasto stupito quando ho visto le manifestazioni in mio sostegno in diverse zone del paese perché il mio non è un posto di potere dal quale dimettersi".
Parlando della rivolta, il raìs ha puntato il dito contro "i militanti di al-Qaeda e alcuni libici reduci dall'Afghanistan". Ci sono loro "dietro la rivolta di questi giorni. Ci sono ex detenuti di Guantanamo consegnatici dagli americani: si erano pentiti e li avevamo liberati e loro hanno formato cellule terroristiche dormienti". Si tratta, ha precisato, "di piccoli gruppi di Bengasi e di al-Zawiyah, anche di Misurata. Molti sono venuti dall'estero e si sono fermati in questi posti. Alcuni sono venuti anche dall'Iraq, a scaglioni, tra loro ci sono anche stranieri ad esempio algerini".

L'inizio della rivolta secondo Gheddafi. "La prima cellula di al-Qaeda ha attaccato la nostra brigata di al-Baydha, e ci hanno sorpreso. Così sono iniziati i primi scontri a fuoco e da lì si sono spostati a Bengasi. Nel primo scontro ci sono stati dai 100 ai 150 morti - ha detto - e sono rimasto sorpreso perché siamo passati dopo poco tempo a mille morti. Ho chiesto infatti di aprire un'inchiesta per capire come sia successo. Hanno attaccato le stazioni di polizia, e hanno perso il controllo della zona con le armi". Gheddafi sostiene di aver chiesto "alla brigata presente a al-Baydha di non attaccare i manifestanti". E scagliandosi ancora contro al-Qaeda, ha accusato: "Reclutano i nostri figli per la lotta armata".
Quanto al petrolio, ha assicurato che "i pozzi sono sicuri da noi, ma la produzione di greggio oggi è al minimo. Questo perché le compagnie hanno fatto partire i loro addetti a causa della presenza delle bande armate che rapiscono i loro esperti". E "se le compagnie occidentali se ne vanno, per fortuna esiste il grande Oriente, vuol dire che verranno i russi e i cinesi".
Comunque, "in Libia non è accaduto nulla eppure i media hanno mostrato immagini di cose non successe", ha affermato Gheddafi precisando poi che "il Consiglio di sicurezza dell'Onu non può basare le sue risoluzioni sulle notizie di agenzie di stampa che sono fuori dalla Libia. La risoluzione sulla Libia non ha valore". E in merito alla questione ha anche aggiunto: "Ci ha stupito vedere paesi amici votare la risoluzione dell'Onu contro la Libia". Inoltre, "il congelamento dei fondi all'estero non è altro che un furto dei soldi dei libici". Chiarendo che in Libia "non ci sono detenuti politici", il colonnello ha invitato la comunità internazionale "a inviare nel paese una commissione d'inchiesta per constatare che non ci sono state manifestazioni, ma solo alcuni terroristi che sparavano sui civili". Ha inoltre aggiunto che "la Nato annuncia ogni giorno di uccidere miliziani in Pakistan e Afghanistan, poi accusa noi di farlo. Anche Israele ammette di uccidere miliziani a Gaza". "Combatteremo fino all'ultimo uomo e donna per difendere la Libia", ha aggiunto Gheddafi sostenendo che "tutte le manifestazioni avvenute in Libia in questi giorni erano per sostenere la rivoluzione". Poi ha scandito: "se la Nato o gli americani entrano in Libia ci saranno migliaia di morti". Dall'estero "stanno mandando gli aiuti ai rivoltosi come se li mandassero al Darfur o in un altro paese disastrato - ha affermato - chiunque accetti questi aiuti e li fa entrare in casa sua è considerato un traditore della Libia perché dietro questa rivolta ci sono solo dei miliziani armati".
Il discorso fiume di Gheddafi si è concluso con un attacco a Silvio Berlusconi. "Il premier italiano ha detto che io non controllo il paese? Gli ricordo che io e la mia famiglia siamo la Libia". Poco prima aveva parlato anche del presidente degli Stati Uniti: "Penso che la politica di Barack Obama sia sensata, lui non è come George W. Bush, non è uno yankee e non farà della Libia un altro Iraq".

L'UNICEF LANCIA UNA RACCOLTA FONDI PER FAR FRONTE ALL'EMERGENZA - "L'Unicef ha lanciato oggi una raccolta di fondi per raccogliere 7,2 milioni di dollari, necessari a rispondere ai bisogni immediati delle donne e dei bambini colpiti dalle violenze in Libia, e per far fronte all'incombente minaccia di una crisi umanitaria su più vasta scala". Lo rende noto la stessa Unicef. "Questo primissimo appello - dice l'Unicef - servirà ad aiutare nelle prossime otto settimane 190.000 donne e bambini colpiti dalla crisi libica (60.000 in Tunisia, 30.000 in Egitto e 100.000 in Libia). Inoltre, l'ufficio regionale Unicef ha iniziato a mobilitarsi per fare fronte alla crisi in Nordafrica. Due squadre di tecnici sono già state inviate in Egitto e Tunisia e sono attualmente in corso trattative per preparare una presenza operativa in Libia. E' stato composto un team di risposta immediata di 14 persone, pronto a distribuire aiuti sul campo. Nell'area, l'Unicef lavora in stretta collaborazione con le Agenzie delle Nazioni Unite e l'Oim".
"Quasi 100.000 persone sono già scappate oltre frontiera libica per sfuggire alle violenze - afferma l'Unicef - fino a 40.000 persone hanno attraversato il confine dalla Libia in Tunisia, mentre si stima che 55.000 persone hanno attraversato il confine con l'Egitto. Dopo la prima ondata di profughi, ora un numero crescente di cittadini libici sta lasciando il Paese con i propri nuclei familiari. Molte le famiglie estremamente vulnerabili in fuga, con tante donne e bambini".
Per effettuare le donazioni si può utilizzare il conto corrente postale 745.000, causale: 'Emergenza Nord Africa'. Oppure tramite carta di credito online su www.unicef.it, chiamando il numero verde Unicef 800745000, o ancora tramite conto corrente bancario su Banca Popolare Etica iban IT51 R050 1803 2000 0000 0510 051 'Emergenza Nord Africa'

[Informazioni tratte da Adnkronos/Aki, Corriere.it, Adnkronos Salute]

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03 marzo 2011
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