Se l'attività sismica dell'Etna continuerà ancora per qualche settimana …
una nuova isola, attualmente sommersa, potrebbe affiorare al largo delle coste siciliane
Nel corso dei secoli l'isola, chiamata Ferdinandea, e' venuta a galla in tutto 4 volte, l'ultima nel 1831.
E' riscomparsa 6 mesi dopo.
Secondo gli esperti il processo potrebbe iniziare in ogni momento e sarà uno spettacolo incredibile.
Ribollire di acqua calda e sulfurea e onde concentriche segnano il punto dove rivedrà la luce: 55 chilometri al largo di Sciacca, in pieno Canale di Sicilia.
La storia della Ferdinandea
Quando il 12 luglio 1831 i pescatori siciliani avvistarono questo pezzo di terra che lentamente, fra tremori e soffioni puzzolenti, si sollevava sul livello del mare, si diffuse nel Canale panico misto a curiosità e religioso stupore. L'Ammiragliato britannico che aveva il compito di garantire la sicurezza dei traffici commerciali inglesi nel Mediterraneo e assicurare il mantenimento degli equilibri geopolitici, inviò dalla vicina Malta un brigantino perché osservasse da vicino il fenomeno e procedesse a ciò che ritenesse più opportuno di fare nell'interesse di Sua Maestà Britannica.
Il brigantino si chiamava Rapid ed era al comando del capitano, poi promosso ammiraglio, Sir Charles Henry Swinburne. A lui si deve una dettagliata carta del Mediterraneo e delle coste siciliane. Swinburne rilevò le coordinate geografiche dell'isolotto e rientrò a La Valletta. L'Ammiragliato ritenne che l'isolotto rivestisse un'importanza strategica e decise di annetterlo all'Impero britannico secondo le norme del diritto internazionale allora in vigore: presa di possesso fisico con segnali visibili opponibili ai terzi. Di nuovo andò in zona un altro brigantino al comando di un abile e coraggioso capitano, Fleming Senhouse.
Il giovane comandante, fermata la nave a distanza di sicurezza, fece ammainare una scialuppa dove prese posto insieme a sei uomini dell'equipaggio. Il piccolo legno con a bordo quei sette uomini coraggiosi, il capitano tenendo alto sul capo l'Union Jack, quasi come un talismano, si inoltrò nel mare ribollente verso l'isola, avviluppata in una cortina di fumi giallastri e nauseanti.
La compagnia sbarcò su una spiaggetta formata da sabbia e cenere nerastra. Temettero di essere inghiottiti al primo passo, ma ciò non avvenne. Sotto la superficie la spiaggia resisteva al peso dei corpi. Scalarono il monte che si ergeva di alcune decine di metri sul livello del mare e, giunti infine sulla sommità, il giovane Le Fleming issò il vessillo e procedette al rito della presa di possesso in nome di Sua Maestà Britannica. Battezzò l'isola dandole il nome del suo capo, il Primo Lord dell'Ammiragliato, Sir James Robert George Graham. Da quel giorno, per gli Inglesi, quella fu l'isola di Graham.
Ma tante cose dovevano ancora accadere. Ferdinando II Re delle Due Sicilie ritenne il gesto dell'Ammiragliato britannico una violazione della sua sovranità e una illegittima appropriazione di un pezzo di terra dell'arcipelago siciliano, come Pantelleria, poco distante, Lampedusa e le altre isolette disseminate a corona della grande Trinacria. Partì subito da Napoli la nave Etna attrezzata per i rilevamenti nautici con a bordo topografi e disegnatori. Il 10 dicembre 1831, Benedetto Marzotta diede alle stampe una relazione molto dettagliata corredata di disegni e delle coordinate geografiche. L'isola venne ribattezzata Ferdinandea in omaggio al sovrano e inserita nelle carte nautiche della marineria borbonica.
Il Marzotta, impiegato del Reale officio topografico, dice nella sua relazione che il principe di Butera venne incaricato di prendere possesso dell'isola in nome del re. I funzionari rinvennero segni del passaggio di altri visitatori. Ai piedi della collina un palo con inchiodata una tavola trasversale su cui era scritto il nome di una nave austriaca, l'Ussaro, con quello del suo comandante e una bottiglia suggellata che il principe, resistendo alla curiosità di conoscerne il contenuto, non volle aprire. Poco più in là rinvennero un'altra tavola su cui era documentata la visita di due illustri studiosi, Accademici di Francia: Eduard Joinville disegnatore e Constant Prevost, geologo, i quali avevano dato all'isola il nome di Giulia. A Joinville si deve la serie di deliziosi disegni che ritraggono l'isola da varie angolature, avvolta dalle fumarole, affollata di visitatori, con nello sfondo l'isola di Pantelleria, illuminata da un sole rutilante in un tipico tramonto mediterraneo.
Frattanto però, mentre le diplomazie dei tre Paesi che vantavano diritti di sovranità sull'isola si scambiavano note di protesta più o meno energiche, il fato stava per compiersi. Già nel dicembre 1831, quando Marzotta pubblica la sua relazione, l'isola si è ridotta a un terzo della sua originaria estensione, e il mare continua a scioglierla come un biscotto inzuppato in una tazza di tè. Il monte collassa. L'isola precipita entro se stessa e si scioglie come un cubo di ghiaccio. Nel gennaio 1832 il mare ha definitivamente compiuto il suo lavoro. La vicenda della Ferdinandea o della Giulia o dell'Isola di Graham è durata poco meno di sei mesi.
Ma i pescatori sanno, e ne passano alla larga, che il punto nave corrispondente alla secca della Nerita è sempre in movimento. Subito dopo l'affondamento i fondali hanno ripreso ad alzarsi. Movimenti bradisismici li chiamano geologi e vulcanologi. Qualche anno fa, al tempo della crisi libica, gli strumenti di bordo di un Phantom statunitense localizzarono in quel punto un'ombra affusolata; scambiandola per un sommergibile l'aereo lanciò un paio di missili che si dispersero in mare.
Il movimento sembra essersi fatto più rapido ora, i segnali più precisi. L'isola si appresta a riaffiorare? Che cosa succederà se dovesse riemergere da una notte all'altra? Le tre potenze di allora non sono più, perlomeno, potenze mediterranee. Una di esse, il Regno delle Due Sicilie, è estinta. Quel che è certo è che un'isola, un pezzo di continente, gioca a rimpiattino di fronte alla coste siciliane. Una specie di mostro di Loch Ness mediterraneo. O l'isola di Nausicaa tanto cara a Ulisse e ospitale per i suoi ozi di perenne navigante? O il misterioso antro di Eolo, il re dei venti che improvvisi si levano e altrettanto improvvisamente si disperdono in quel sito?
Giuseppe Salmè