Se la Fabbrica Italiana Automobili Torino diventa americana...
La "testa" del gruppo Fiat si sposterà a Detroit? "Who knows?" risponde Sergio Marchionne
Portare la "testa" del gruppo Fiat a Detroit? L'amministratore delegato, Sergio Marchionne ha sempre risposto che: "Le radici restano a Torino". A dimostrazione di questa sua affermazione la creazione di Fabbrica Italia. Da venerdì scorso, però, la risposta dell'ad più discusso d'Italia è cambiata: "Who knows?". "Chi può dirlo?".
Sì, perché la sccorsa settimana, durante un incontro tra Sergio Marchionne e i concessionari e consulenti nordamericani, sembra sia uscita fuori questo "scenario", questa "alternativa" da considerare "nei prossimi due o tre anni", senza escludere che una possibile, futura "nuova entità" abbia "una sede qui". Cioè negli Usa...
Marchionne, nell'incontro, ha ripetuto la filosofia del matrimonio Torino-Detroit: "I due gruppi sono perfettamente complementari, siamo in grado di affrontare sfide comuni". Poi qualcuno ha domandato se la fusione, allora, ci sarà? E se sì, dove sarà la sede? La risposta sembra sia stata questa: "Nei prossimi due o tre anni potremmo guardare a una nuova entità. Potrebbe avere base qui [...] Stiamo considerando diverse alternative e diversi scenari".
Le parole di Marchionne hanno innescato le reazioni di tutte le parti in gioco. A partire dalla Cgil e dalla Fiom. "Il governo convochi Marchionne e si discuta finalmente del piano industriale della Fiat – ha detto il segretario della Cgil Susanna Camusso -. Mi pare che le dichiarazioni di Marchionne confermino tutte le perplessità che avevamo: non possiamo che continuare a chiedere che il governo faccia una volta tanto il proprio mestiere. Bisogna parlare di cose vere, non solo di come trattare male i lavoratori".
Secondo il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, "c’è una ragione in più per rivendicare l’apertura di una vera trattativa con la Fiat. E aumentano le ragioni perché si vada a mettere in campo un'azione generale di mobilitazione".
Anche dal governo, questa volta, è arrivata una sostanziale richiesta di chiarimento. All'amministratore delegato della Fiat "chiediamo la garanzia di un trasparente e continuo confronto con le istituzioni e le parti sociali", ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che però ha aggiunto: "Una vaga ipotesi non è una decisione. E non può quindi dar luogo al solito festival delle Cassandre. Ma una cosa è certa: l’Italia tutta, nelle sue componenti istituzionali come in quelle sociali prevalenti, si è guadagnata il diritto a conservare funzioni direzionali e progettuali".
Sacconi e Marchionne si sono poi sentiti, e quest'ultimo ha rassicurato il ministro del Lavoro che non ci sarà nessuna localizzazione, "né per l'oggi né per il domani" delle funzioni direzionali e progettuali di Fiat all'estero. "Il dottor Marchionne - ha scritto in una nota il ministero - ha spiegato il senso delle ipotesi formulate con esclusivo riferimento a futuri e possibili, ma assolutamente non decisi, assetti societari, senza alcun riferimento né per l'oggi né per il domani a una diversa localizzazione delle funzioni direzionali e progettuali della società".
Inoltre, Sacconi in persona, intervenendo questa mattina al programma 'La telefonata' di Maurizio Belpietro su Canale 5, ha detto che in settimana è previsto, "con lo scopo di verificare lo stato degli investimenti" di Fiat in Italia e "le prospettive dell'integrazione tra Fiat e Chrysler", un incontro del Governo con Sergio Marchionne. "Credo - ha continuato Sacconi commentando le dichiarazioni dell'ad - che queste affermazioni debbano essere collocate nella giusta dimensione: comunque vedremo quello che ci dirà l'ad quando lo incontreremo nei prossimi giorni nell'incontro con il Governo convocato su richiesta di Berlusconi. La data non è ancora stata fissata ma credo - ha precisato il ministro - che sarà questa settimana". "Noi da tempo auspichiamo l'integrazione di Fiat con altri soggetti a livello mondiale. Quello che conta per l'Italia - ha aggiunto Sacconi - è la realizzazione degli investimenti e allo stesso tempo la possibilita' che si integrino con rinnovate capacità di progettazione e di stile".
All'incontro con Marchionne saranno presenti, oltre a Silvio Berlusconi e il ministro Sacconi, anche i ministri Giulio Tremonti, Paolo Romani e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.
Per il ministro dello Sviluppo Economico, Romani: "Fiat deve restare una multinazionale italiana", e per ottenere questo "l'esecutivo vigilerà al "massimo livello". "La testa della casa automobilistica deve restare a Torino", ha affermato Romani che con questo intende "non solo la direzione generale ma anche il centro delle decisioni sui programmi e sulle strategie. La Fiat "deve continuare a essere una multinazionale italiana". "Ho sentito Sergio Marchionne al telefono - ha dichiarato Romani - e mi ha detto che sono solo battute".
All’atteggiamento del governo e alle scelte di Marchionne guarda con toni fortemente critici l’opposizione. Il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, si è rivolto direttamente al manager: "Vuoi dirci precisamente cosa sta succedendo a proposito delle prospettive della Chrysler? Noi per il 150° dell’Unità d’Italia dobbiamo aspettarci il regalo a Torino e all’Italia di diventare la periferia di Detroit? Non siamo d’accordo e vogliamo qualche risposta". In tutto questo, aggiunge Walter Veltroni, "il governo non interviene. In quale altro paese al mondo succede una cosa del genere? Il governo ha il dovere di scendere in campo". Altrettanto duro il leader dell’Idv, Antonio Di Pietro: "L'ipotesi di Marchionne costituirebbe una gravissima operazione di depauperamento industriale per il nostro Paese. La Fiat continua a vivere di denaro pubblico e risorse finanziarie italiane, ma a differenza del passato, li sta utilizzando per spostare la testa dell’azienda in Usa e la produzione nei paesi low cost".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Corriere.it, Il Fatto Quotidiano.it, Repubblica.it]