Se non ora quando?
Le donne contro Berlusconi ieri hanno invaso le piazze italiane (e anche quelle estere) per dire 'basta' e chiedere rispetto
Da Palermo a Trieste fino a Tokyo. Migliaia di donne sono scese in piazza ieri nel giorno del "Se non ora quando?", l'appello lanciato in risposta allo scandalo del 'Rubygate' per "chiedere rispetto e dignità nei confronti dell’universo femminile".
Al grido di 'Basta' hanno invaso le piazze, dal nord al sud dello Stivale, fin dalla mattina, rispondendo all'appello che, a poche ore dal via, ha raggiunto più di 50 mila firme, 25 mila contatti al giorno per il blog, 15 mila lettori quotidiani e quasi 30 mila fans per la pagina Facebook .
Clou della mobilitazione Roma, con una piazza del Popolo gremita già prima che scoccassero le 14, orario ufficiale della convocazione. "Hanno fatto i conti e ci hanno detto che siamo più di un milione in tutto il mondo", ha annunciato dal palco Angela Finocchiaro, l'attrice chiamata a condurre la grande kermesse romana.
Rabbia e ironia si mescolano nei cartelli e negli striscioni. Così c'è chi lega il caso Ruby alla rivolta in Egitto inalberando un cartello con scritto 'Silvio, riporta la nipote da Mubarak', mentre in un altro si poteva leggere 'Io sono la nipote di... mio zio'.
Due grandi scope, una professionale da operatore ecologico e l'altra più domestica tenevano teso uno striscione con la scritta 'Scopiamoli via'. Vicino un cartellone con la scritta 'Donna non contro Ruby ma contro i rubacuori'. Sempre sul tema altre scritte, come 'Io, donna cattolica, dico basta: Berlusconi vai via', 'La dignità delle donne salverà il nostro paese', 'Sono una donna, non sono una Santa...nchè'.
"Vorrei un paese con una sola morale, perché la doppia morale offende e nasconde la nostra dignità di donne", ha detto dal palco il segretario generale della Cgil Susanna Camusso. "Nessuno di noi - ha esortato - deve abbassare lo sguardo, perché il futuro è nostro e dovranno capirlo".
Anche Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e parlamentare di Futuro e libertà, sul palco della grande manifestazione. "Arrivando qui ho letto uno striscione che diceva: 'Caso Ruby è la goccia che ha fatto traboccare il vaso'. Io dico che quello striscione è troppo ottimista, il vaso è già traboccato da un pezzo. La questione femminile - ha detto l'esponente di Fli - c'è da sempre, le donne vivono una situazione di discriminazione permanente. Invece dobbiamo lottare per essere delle protagoniste e non delle comparse. L'unico contesto in cui la donna è protagonista sono le barzellette, soprattutto quelle che vengono da Arcore".
Un appello affinché le donne tornino ad "essere le protagoniste di un futuro diverso, dove davvero la dignità sia rispettata" è arrivato da suor Eugenia Bonetti. "Non possiamo più rimanere indifferenti di fronte a quanto oggi accade in Italia nei confronti del mondo femminile. Siamo tutti responsabili del disagio umano e sociale che lacera il Paese".
Dalla Sicilia con orgoglio e DIGNITA' - Circa diecimila persone sono giunte ieri a piazza Verdi a Palermo dietro lo striscione "Se non ora quando?", la manifestazione promossa in diverse piazze italiane per la dignità della donna. Cori e slogan hanno accompagnato un corteo variopinto che è partito da piazza Croci e a cui hanno partecipato anche molti uomini e famiglie con bambini. Su un palco si stanno esibendo artisti locali e lo spettacolo durerà fino al primo pomeriggio.
"Senza rendercene conto - hanno detto alcune delle partecipanti -abbiamo superato la soglia della decenza. Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni".
"Tante donne sono impegnate nella vita pubblica - hanno detto le organizzatrici - nei partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile la società in cui si vive. Ma questa ricca e varia esperienza è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, tv e pubblicità. E ciò non è più tollerabile".
Circa 2000 persone persone hanno manifestato anche a piazza Cairoli a Messina. "Una manifestazione - hanno detto dal Comitato promotore di Messina - per dire basta al degrado della politica della cultura, del nostro paese. L'avvio di un percorso che ci auguriamo serva a far prendere coscienza a tutti della necessità di tornare a valori veri, concreti, al rispetto delle persone e alla dignità del fare". Iniziative simili si stanno tenendo anche nel Messinese, a Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo, Giardini Naxos e Brolo.
A Catania sono state un migliaio le donne che hanno partecipato alla manifestazione 'Se non ora quando?'. "Sono orgogliosa di questa risposta - ha commentato da Roma Anna Finocchiaro (presidente dei senatori del Pd) e, voglio sottolinearlo, sono orgogliosa della mia città, Catania, ha risposto con grandissima partecipazione a una manifestazione per la dignità dell'Italia, della democrazia, della legalità e, in primo luogo, della persona".
Le donne del Cavaliere - Critica sulla manifestazione il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini: "Le donne che scendono oggi in piazza sono solo poche radical chic che manifestano per fini politici e per strumentalizzare le donne. Non vengano a raccontarci di voler difendere la loro dignità, quando sono le prime a bollare automaticamente come prostituta qualsiasi donna metta piede in casa del premier", ha detto. "Si tratta delle solite eroine snob della sinistra che sono uscite dai loro salotti per tentare di strumentalizzare la questione femminile e per attaccare un governo che continua ad avere la fiducia della maggioranza degli italiani - ha aggiunto la Gelmini -. Oggi non va in scena la manifestazione 'delle donne' ma quella di militanti della sinistra contro il governo Berlusconi. Le organizzatrici se ne facciano una ragione, questa loro battaglia non monta nel Paese". Per la Gelmini, "non c'è motivo e non c'è speranza che le donne italiane vedano la propria dignità minacciata da questo governo, né che si sentano coinvolte in una speculazione politica che non capiscono, non condividono e non appoggiano".
Le fa eco Daniela Santanché: "Oggi non è un bel giorno per le donne, perché alcune - ha spiegato il sottosegretario - vogliono continuare a dividere, vogliono fare Eva contro Eva. Vogliono ritornare a dividere le donne perbene e le donne 'per male'". La Santanchè, tra le protagoniste nei giorni scorsi di un presidio davanti al Tribunale di Milano a favore del premier Silvio Berlusconi, nel criticare la manifestazione, ha rilanciato: "Farei un appello alle donne: non diventate ancora una volta strumento dei maschi".
Meno critica Mara Carfagna, ministro per le Pari opportunità: "Chi ha responsabilità di governo ha sempre il dovere di ascoltare la piazza e le domande che questa pone alla politica. Ragione per cui, da domani, continueremo a lavorare con ancora maggiore vigore per le donne italiane, per garantire loro opportunità, servizi e sicurezza". "Le manifestazioni di oggi hanno avuto il merito di sollevare un dibattito tra le donne molto vivo e partecipato, di unire generazioni diverse nel discutere di condizione femminile e libertà; poteva essere un momento molto importante per il Paese", ha aggiunto la Carfagna. "Spiace che l'occasione sia stata sprecata trasformando questa iniziativa nell'ennesimo corteo contro il governo democraticamente eletto dagli italiani e dalle italiane, strumentalizzando per fini politici le decine di migliaia di donne scese in piazza in buona fede", ha concluso il ministro.
L'ira di Berlusconi: "Queste donne sostengono teorema giudiziario" - La manifestazione di ieri delle donne "mi è sembrato un pretesto per sostenere il teorema giudiziario che va in questi giorni e che non ha nessun riscontro nella realtà". Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ospite de 'La telefonata' di Maurizio Belpietro su Canale 5. "Ho visto la consueta mobilitazione di parte, faziosa, contro la mia persona - ha aggiunto il premier - da parte di una sinistra che cavalca qualunque pretesto per cercare di abbattere un avversario che non riesce a vincere democraticamente nelle urne. In realtà tutte le donne che hanno avuto modo di conoscermi sanno quanta sia la considerazione che ho per loro, nei loro confronti mi sono sempre comportato e mi comporto con grande attenzione e grande rispetto. Sia nelle mie aziende, sia nel mio governo ho sempre valorizzato le donne al massimo, perché ritengo che abbiano una marcia in più rispetto a noi uomini. Quindi ho sempre cercato e cerco sempre di fare in modo che ogni donna si senta speciale". "La Procura di Milano, al contrario, e i media hanno calpestato la dignità delle mie ospiti, esponendole al pubblico ludibrio senza alcuna ragione, senza alcun riguardo, calpestando la verità. E' davvero una vergogna - ha sottolineato - una grande vergogna".
Il premier ha replicato anche a Gianfranco Fini, che ieri è tornato a chiedere le dimissioni del Cavaliere: "E' una cosa paradossale, da un punto di vista istituzionale, che il presidente della Camera per ben due volte abbia chiesto le dimissioni del presidente del Consiglio, arrivando persino ad auspicare una crisi extraparlamentare". "Non si era mai visto nella nostra storia repubblicana - ha aggiunto il premier - un presidente della Camera fondare un partito e trasformare la terza carica dello Stato in una fazione politica. La proposta di Fini comunque è irricevibile, io infatti non ho tradito il mandato elettorale, non ho sabotato il governo e le riforme, non ho usato la mia veste istituzionale per ordire complotti e ribaltoni politici". Poi ha aggiunto: "Credo che sia arrivato il momento per tutti, sia nel Paese, sia nelle istituzioni per giudicare se il nuovo ruolo che si è ritagliato Fini sia compatibile con quello di presidente super partes previsto dalla Costituzione".
Berlusconi ha poi detto: "Non credo assolutamente che lo scioglimento anticipato delle Camere sia nei pensieri del presidente Napolitano". "Tra l'altro - ha aggiunto - nell'ultimo colloquio che ho avuto con lui al Quirinale mi ha garantito che finché c'è un governo che governa e finché c'è una maggioranza politica che lo sostiene e che lavora non esistono, non esistono, motivi per sciogliere il Parlamento". "La Costituzione comunque prevede che senza una formale crisi di governo, per interrompere anticipatamente una legislatura occorre che il presidente della Repubblica consulti sia i presidenti delle Camere sia il presidente del Consiglio, cioè Silvio Berlusconi - ha sottolineato il premier -. Quando nel '94 sciolse le Camere senza il passaggio di una crisi formale ebbe l'assenso del premier di allora che era Ciampi, il quale acconsentì dicendo che la funzione del suo governo si era esaurita". "Questo non è il nostro caso perché il governo è nella pienezza delle sue funzioni, ha ottenuto due voti di maggioranza il 29 settembre e il 14 dicembre, altri sei voti parlamentari li ha ottenuti con il voto positivo sulle grandi riforme come quella dell'Università e sia sulle sfiducie individuali sui ministri Calderoli e Bondi che sono state respinte", ha aggiunto Berlusconi che ha precisato: "Quindi c'è molta confusione ma io ho le idee molto chiare: l'interesse del Paese è quello di avere un governo stabile che mandi avanti con grande determinazione il programma concordato con gli elettori e che porti a compimento le riforme, a partire da quella sul federalismo, che tra l'altro è in dirittura d'arrivo".
Inoltre, ha affermato ancora Berlusconi, "alla Camera sono convinto che arriveremo presto ad avere una maggioranza intorno ai 325 deputati, cioè una maggioranza più che sufficiente per portare avanti il programma di governo sia in Aula che nelle commissioni". Il presidente del Consiglio si è detto inoltre "sicuro" che la riforma della giustizia verrà approvata. "In questa legislatura - ha aggiunto - è stato sempre Fini a sbarrare la strada a questa fondamentale riforma. Mi si dice che Fini avesse garantito l'Associazione nazionale dei magistrati che finché la sua componente fosse rimasta nella maggioranza nessuna riforma della giustizia a loro sgradita sarebbe stata portata a termine. Però adesso le cose sono cambiate". Perché "lo scempio di queste conversazioni private che non avendo alcuna rilevanza penale arrivano sui giornali deve assolutamente finire". "Quante persone innocenti - ha aggiunto il premier - sono state distrutte moralmente e materialmente da questo infernale circuito mediatico-giudiziario senza che nessun magistrato di quelli che passano le intercettazioni alla stampa sia mai stato chiamato a rispondere. Un Paese nel quale alzando il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle proprie conversazioni non è un Paese libero e il sistema della pubblicazioni delle intercettazioni è un sistema barbaro".
[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing, Lasiciliaweb.it]