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Se si strumentalizza la ricerca della verità

Il Guardasigilli e il Capo dello Stato ammoniscono sui sospetti dietro all’inchiesta sulla pressunta trattativa Stato-mafia

21 giugno 2012

"A 20 anni dalle stragi di mafia non può che condividersi l'esigenza di pervenire alla piena e integrale verità su tutti gli aspetti di quella dolorosa stagione". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Paola Severino, rispondendo ieri al Question Time alla Camera, in tema di trattativa Stato-mafia.
"Lo Stato ha un debito verso se stesso, verso la giustizia e verso quei servitori delle istituzioni che persero la vita in quei primi mesi del '92", ha detto ancora il Guardasigilli. Ma "a tale incommensurabile debito si può assolvere solo attraverso il rigoroso rispetto delle leggi" - ha ammonito Severino - "fuori da ogni strumentalizzazione di qualsiasi provenienza essa sia", perché "distorcerebbe soltanto quella ricerca della verità cui tutti aspiriamo".

"Non appare configurabile alcuna violazione di legge, e quindi non sono attivabili iniziative di carattere ispettivo di natura ministeriale", ha detto il ministro della Giustizia rispondendo a un'interrogazione del leader dell'idv, Antonio Di Pietro (LEGGI).
L'interpellanza, ha argomentato il Guardasigilli, "prende spunto da notizie di stampa secondo cui il procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Messineo, avrebbe 'rifiutato' di assentire gli atti dei sostituti incaricati dello svolgimento delle indagini, ascrivendo a tale asserito rifiuto un possibile avviamento di iniziative ispettive".
Severino ha però rilevato che la normativa vigente "non prevede che gli atti relativi all'avviso di conclusione delle indagini ex art. 415-bis c.p.p siano sottoposti ad alcun visto di approvazione da parte del procuratore capo laddove, come nel caso di specie, lo stesso non sia co-assegnatario del procedimento".
"In ragione di quanto sopra - ha quindi affermato il Guardasigilli - non appare configurabile alcuna violazione di legge e, pertanto, non sono attivabili iniziative di carattere ispettivo o di natura ministeriale, come richiesto dagli onorevoli interroganti".
Nessuna scorrettezza deontologica, è stato il ragiornamento del ministro della Giustizia, è stata dunque commessa dalla Procura generale di Cassazione in relazione al caso delle presunte pressioni del Quirinale per un intervento sugli inquirenti che si occupavano del caso dell'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, sospettato di reticenza nell'indagine sulla trattativa Stato-mafia.

"Pur concordando pienamente con l'esigenza che la verità debba essere cercata senza guardare in faccia a nessuno - ha rimarcato Severino - ribadisco che proprio in un'indagine così seria e delicata vadano ricercate verità accertate con metodi di assoluto rigore".
"Certamente - ha aggiunto - a questi principi si è ispirata la stessa Procura generale della Cassazione, soggetto legittimato all'esercizio proprio di quei poteri-doveri di coordinamento riconosciuti sia dall'ordinamento giudiziario, sia dall'articolo 104 del Codice antimafia in relazione all'attività di sorveglianza sul procuratore nazionale antimafia e sulla stessa relativa Direzione nazionale".

Intanto, oggi, il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a margine della festa della Guardia di finanza all’Aquila, ha condannato con forza quella che ha chiamato "una campagna di insinuazioni e sospetti costruita sul nulla", riguardo al coinvolgimento del Quirinale nella vicenda della presunta trattativa tra Stato e mafia, per cui l'ex presidente del Senato Nicola Mancino è indagato per falsa testimonianza.
"In questi giorni è stata alimentata una campagna di insinuazioni e sospetti sul presidente della Repubblica e sui suoi collaboratori costruita sul nulla", ha detto il capo dello Stato aggiungendo che "si sono riempite pagine di alcuni quotidiani con le conversazioni telefoniche intercettate in ordine alle indagine giudiziarie in corso sugli anni delle più sanguinose strage di mafia del '92-'93 e se ne sono date interpretazioni arbitrarie e tendenziose e talvolta perfino manipolate".
Napolitano ha quindi riaffermato "l'assoluta correttezza della presidenza della Repubblica e dei suoi collaboratori, ispirata soltanto a favorire la causa dell'accertamento della verità". "Io ho reagito con serenità e con massima trasparenza - ha continuato - rendendo noto anche il testo di una lettera riservata al procuratore generale della Corte di Cassazione". E ancora: "Continuerò, perché è mio dovere e prerogativa, ad adoperarmi affinché vada avanti nel modo più corretto ed efficace, attraverso il necessario coordinamento, l'azione della magistratura. I cittadini possono stare tranquilli. Terrò fede ai miei doveri costituzionali".

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ign, ANSA, Repubblica.it]

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21 giugno 2012
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