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Secondo il pm Maurizio De Lucia al presidente Cuffaro non è poi tanto vero che ''La mafia fa schifo''

11 ottobre 2007

Si è svolta ieri ''l'ottava puntata'' della requisitoria del processo alle ''Talpe della Dda di Palermo'', per il quale sono imputati il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, il maresciallo del Ros dei carabinieri Giorgio Riolo, e l'imprenditore della Sanità bagherese Michele Aiello.
Nella requisitoria di ieri, dopo che il pm Michele Prestipino ha tracciato i profili di reato attribuibili a Riolo (concorso in associazione mafiosa) e Aiello (associazione mafiosa), il pm Maurizio De Lucia ha illustrato i profili di reato per cui è imputato Totò Cuffaro.
''La fonte di Cuffaro è il maresciallo Borzacchelli - ha detto De Lucia in aula - il rapporto tra i due risale nel tempo. Da tutto il processo emerge che tra Borzacchelli e Cuffaro, vi è un collegamento sistematico e costante. L'elezione di Borzacchelli (sotto processo per concussione, ndr) alle regionali del 2001 era per Cuffaro essenziale'', ricordando anche le dichiarazioni del pentito Francesco Campanella per il quale ''Borzacchelli proteggeva Cuffaro dalle indagini''.
''L'attività di Cuffaro è stata diretta specificamente all'agevolazione dell'associazione mafiosa'', ha continuato De Lucia illustrando i profili giuridici dei reati di concorso in associazione mafiosa e di favoreggiamento aggravato dall'articolo 7, che configura l'aver agito nell'interesse di Cosa nostra.
''Nel caso di questo processo - ha detto il pm - è fuori discussione che attraverso le condotte di Cuffaro sia stato conseguito il risultato dell'agevolazione dell'organizzazione mafiosa. Per questo motivo riteniamo provata la condotta di favoreggiamento e l'aggravante dell'articolo 7 contestato per la vicenda Guttadauro (boss di Brancaccio, ndr) e per questi reati chiederemo che venga sanzionata la responsabilità penale dell'imputato''.
De Lucia ha sottolineato che Cuffaro, ponendo in essere le condotte contestate, ''ha avuto il fine di salvaguardare l'associazione mafiosa o almeno la sua propagine di Brancaccio dalle indagini''.

Il pm De Lucia analizzando poi il profilo giuridico del concorso esterno in associazione mafiosa, reato che era stato originariamente contestato al Governatore, nella prima parte dell'indagine, ha detto: ''Per quanto riguarda Cuffaro, manca il requisito di base del concorso esterno in associazione mafiosa, nel senso di una iniziativa dell'imputato volta a costruire un accordo con l'associazione criminale''. ''Per ipotizzare il concorso esterno - ha continuato - è necessario che vi sia un rapporto con l'associazione mafiosa e la volontà di interagire con le condotte altrui. Ovvero la ritenuta sussistenza di un preciso patto criminoso''. Il pm ha quindi rilevato che ''il punto cruciale è la candidatura di Mimmo Miceli alle regionali del 2001''. ''Se vi fosse la prova - ha detto De Lucia - che tale candidatura è stata concordata con Guttadauro, saremmo in presenza di una responsabilità di concorso esterno in associazione mafiosa per Cuffaro. Dagli atti, però, non emerge la prova di questa condotta. Non sono ritenute, infatti, prove sufficienti le dichiarazioni di Aragona le le conversazioni intercettate a casa Guttadauro sulle manovre pre-elettorali''.

Il Pubblico ministero ha anche aggiunto che: ''L'ostilità di Cuffaro alla mafia è stata solo di facciata. A questo sono servite le sue grida sulla 'mafia che fa schifo' e i protocolli sulla legalità con le forze dell'ordine che ci ha rappresentato. Vi sono numerosi indici del grado di consapevolezza che nel tempo Cuffaro ha avuto delle dinamiche dell'organizzazione mafiosa e delle conseguenze che le sue informazioni pervenute a Guttadauro avrebbero provocato''.

''Antimafia di facciata di Cuffaro? E' solo un modo di vedere le cose''. E' stata questa la risposta del difensore di Cuffaro, l'avvocato Nino Mormino. ''Abbiamo portato in aula - ha detto - una serie di iniziative politiche di Cuffaro, tutte volte in direzione del contrasto alla mafia. Abbiamo preso atto dell'impostazione del pm che ovviamente non condividiamo - ha osservato Mormino - l'aspetto dell'intenzione di favorire la mafia attribuita a Cuffaro a noi sembra non provato, anzi provato al contrario''. ''Il presidente Cuffaro - ha sostenuto l'altro avvocato di Cuffaro, Nino Caleca - non si è limitato alle grida contro la mafia, come hanno testimoniato sia l'ex presidente dell'Antimafia, Roberto Centaro, che il capo della polizia Antonio Manganelli, i quali in aula hanno riferito come anche nei colloqui riservati Cuffaro si sia sempre espresso chiedendo l'adozione di provvedimenti contro la mafia''.

''Quelle espresse in aula su Cuffaro sono valutazioni individuali dei due sostituti titolari del processo''. Il procuratore aggiunto di Palermo Alfredo Morvillo, si è così dissociato dalle affermazioni del pm De Lucia. Morvillo è titolare con il procuratore di Palermo Francesco Messineo e con l'aggiunto Giuseppe Pignatone, di una nuova inchiesta aperta recentemente su Cuffaro per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
La decisione di riaprire l'inchiesta è stata adottata al termine di un dibattito interno alla Dda di Palermo, dopo che uno dei pm del processo alle cosiddette "talpe", Nino Di Matteo, aveva chiesto di contestare già nel dibattimento in corso l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa al Presidente della Regione siciliana. Sulla linea della procura di Palermo relativa alla posizione di Cuffaro, Morvillo ha spiegato: ''La linea dell'ufficio è quella nota a tutti, ovvero quella consacrata nella richiesta di riapertura dell'indagine del procedimento per concorso esterno in associazione mafiosa, richiesta pienamente accolta dal giudice per le indagini preliminari''.

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11 ottobre 2007
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