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Segreti di Stato e Anti-Stato

Maggioranza e opposizione d'accordo per l'audizione di Ciancimino Jr. in Commissione Parlamentare Antimafia

21 luglio 2009
Le rivelazioni rese note nei giorni scorsi a proposito di una pista che porterebbe al coinvolgimento di apparati dello Stato nelle stragi di mafia del 1992 in cui persero la vita, fra gli altri, i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, "sono più o meno senzazionalistiche e provengono da soggetti, diciamo così, piuttosto discutibili".
Questo è quanto detto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano con evidente riferimento alle dichiarazioni di Totò Riina che, attraverso il suo legale Luca Cianferoni, ha espresso la sua opinione: "L'attentato a Paolo Borsellino fu opera di personaggi legati alle istituzioni".
Il capo dello Stato ha distinto tra queste e le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. "Altra cosa - ha detto - sono le testimonianze che si acquisiscono in sede giudiziaria e lì vanno vagliate, lì se c'è un velo di oscurità o di ambiguità da squarciare bisogna squarciarlo".
Napolitano ha poi escluso che lo Stato abbia "abbandonato" Paolo Borsellino, come denunciato dalla sorella Rita e dal fratello Salvatore in occasione della cerimonia per il 17mo anniversario della strage di via D'Amelio. "Appena un mese e mezzo fa abbiamo fatto una grande manifestazione a Palermo. Come si fa a dire che lo Stato ha abbandonato Borsellino?".
 
La teoria che dietro le stragi palermitane del '92 ci potesse essere stato un connubio tra Cosa Nostra e pezzi deviati dello Stato non è nuova considerato che, subito dopo le stragi, le inchieste hanno toccato anche questo tasto e, a Caltanissetta, i pm hanno tutt'ora un fascicolo aperto sui mandanti esterni delle stragi. In questo contesto s'inquadra la vicenda di Massimo Ciancimino (condannato per riciclaggio di denaro mafioso), figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito, morto dopo essere stato condannato per mafia, che da mesi ormai è un 'dichiarante' ascoltato da diverse procure e dice di avere in mano il famoso 'papello', cioè il documento che proverebbe il tentativo di scendere a patti con lo Stato da parte di Cosa nostra.
 
"Mi chiedo perché la commissione Antimafia non ha mai voluto ascoltare mio padre Vito, nonostante lui stesso l'abbia richiesto più volte. In questo senso, ricordo la frenesia epistolare di mio padre nei confronti di Palazzo San Macuto", ha detto Massimo Ciancimino durante un talk show in onda su Telelombardia intitolato "Mafia: le verità nascoste". "Comunque, se la commissione mi chiamerà - ha aggiunto Ciancimino - andrò, come vado dovunque mi chiamino per testimoniare. Non sono un pentito né aspiro a entrare in alcun programma di protezione. Ho fatto quello che posso fare. Ho paura per quello che riguarda la mia famiglia, il mio contesto familiare - ha ammesso - In tanti continuano a dirmi 'ma chi te lo fa fare?'. Ho detto al pm Ingroia: quando arriviamo a 10 persone che mi dicono 'ma chi te lo fa fare?', significherà un fallimento completo". "Non trovo opportuno dare notizie di questo tipo quando c'è attività da parte dei magistrati", ha detto Ciancimino rispondendo, durante il talk show, al giornalista Giuseppe Lo Bianco (Ansa) che gli ha chiesto se avesse già depositato il famigerato 'papello'. "Tutto quello che posso sapere e che è a mia disposizione è all'esame delle procure preposte all'indagini - ha detto Ciancimino - La magistratura ha le carte, ha tutto e avrà tutto".

"Il mio cognome non è un'eredità facile, anzi è molto pesante"
, ha poi precisato il figlio di don Vito. "Ho sempre cercato di non dare mai adito ad alcun tipo di situazione che potesse mettermi sotto i riflettori per cose negative. Io sono stato indiziato di riciclaggio con l'aggravante del concorso per aver agevolato l'organizzazione 'Cosa nostra', aggravante poi archiviata. Sono stato condannato a 5 anni in primo grado per riciclaggio e tentativo di estorsione".
Massimo Ciancimino adesso vive sotto scorta dopo che "nel 2008 - ha detto - sono stato chiamato a rispondere da magistrati che conducono inchieste sulla 'trattativa' tra Cosa nostra e Stato. Una volta, mentre andavo a trovare il dottor Falcone per poter parlare con mio padre, allora detenuto a Roma - ha raccontato - mi disse che i miei guai sarebbero finiti quando mio padre non ci fosse stato più. Mio padre commentò questa frase affermando: i tuoi guai cominceranno quando io non ci sarò più".
 
In questi giorni, alcuni membri della commissione Antimafia hanno chiesto che sia aperta un'indagine dell'organo bicamerale sulle stragi del '92 e sia ascoltato Massimo Ciancimino, le cui dichiarazioni sono al centro degli sviluppi delle indagini dei magistrati siciliani. Sia Pdl che Pd sono d'accordo per l'audizione di Ciancimino jr in Commissione Parlamentare Antimafia. Il vicepresidente Fabio Granata (Pdl) chiederà all'ufficio di presidenza di "attivare al meglio il potere di indagine". "Nessuna ipotesi - ha spiegato - di limitarci a 'costeggiare' quanto già fatto dalla magistratura. Proporrò, ad esempio, di ascoltare a San Macuto Massimo Ciancimino". Laura Garavini, capogruppo del Pd all' Antimafia, è d'accordo. "Credo che ci saranno molte persone che dovranno essere ascoltate, anche negli ambienti dei servizi segreti - ha osservato -. La Commissione deve andare fino in fondo nella propria attività, rispettando il mandato che ha ricevuto con la legge istitutiva".
Il senatore Giuseppe Pisanu, presidente della Commissione Antimafia ha dichiarato che "Nessuna decisione è stata ancora assunta circa i lavori della commissione con riferimento alle stragi del '92. Ne discuteremo nel corso della riunione dell'Ufficio di presidenza di domani (oggi per chi legge, ndr). Farò di tutto perché, come sempre finora, si giunga ad una decisione all'unanimità".
 
[Informazioni tratte da Ansa.it, Corriere.it]

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21 luglio 2009
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