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Sempre più persone chiedono le dimissioni del presidente Cuffaro, condannato a cinque anni di reclusione

22 gennaio 2008

Dopo la sentenza che venerdì scorso ha condannato il presidente della Regione siciliana, Salvatore Cuffaro, a cinque anni per favoreggiamento e rivelazione di segreti d'ufficio, la disapprovazione di un folto gruppo di persone si è manifestata sabato scorso in un sit-in a piazza Politeama, che in un primo momento doveva essere contro gli inceneritori. In poche ore il tamtam di sms e le catene di email tra amici e conoscenti, hanno trasformato l'appuntamento contro i termovalorizzatori, promessi dal Governo alla Regione dopo l'emergenza rifiuti campani, in una manifestazione spontanea per chiedere al governatore Cuffaro di dimettersi.
Ambientalisti, attivisti dei centri sociali, studenti e giovani lavoratori. Ma anche i senza casa del ''comitato di lotta per la casa 12 luglio'', i consiglieri comunali di Altra Palermo e Rete dei Valori, esponenti dei Verdi e del Pdci, l'ex sindaco Leoluca Orlando, il segretario regionale del Prc Rosario Rappa ed Emilio Acuri di Primavera siciliana, solo per dirne alcuni.
Cinquecento in piazza: “A Cuffaro cinque anni. Noi ne abbiamo già scontanti sette. Adesso basta. Dimissioni”, si leggeva in uno dei tanti cartelli che i manifestanti hanno srotolato.

Nel pomeriggio il corteo si è mosso dal Politeama a Palazzo d'Orleans, e ai cinquecento si sono aggiunte tante altre persone. Sotto il Palazzo della Regione sono arrivate almeno mille persone, duemila secondo gli organizzatori della protesta spontanea.
Il sit-in si è concluso intorno alle otto di sera, ma i manifestanti hanno deciso di continuare la protesta: ogni giorno ci sarà un presidio di contestazione a piazza Indipendenza mentre sabato prossimo ci sarà una nuova manifestazione.

A seguire il corteo fino alla fine Leoluca Orlando, l'ex sindaco di Palermo che si è detto indignato come cittadino e come cattolico: “Cuffaro è stato riconosciuto colpevole di aver aiutato il capo della cosca mafiosa che ha ucciso Padre Pino Puglisi, mentre in questi giorni si è fatta tanta ostentazione di presunte veglie e presunte preghiere”.
Il deputato e portavoce nazionale di Italia dei Valori attaccando Cuffaro ne ha invocato le dimissioni in termini di legge: "C'è una norma, chiara, che stabilisce la sospensione degli amministratori pubblici in caso di condanna, anche in primo grado, e non solo per reati di mafia, ma pure per fattispecie meno gravi. La vicenda Cuffaro ci rientra pienamente". Secondo Orlando, "va applicata la legge 55 del 19 marzo '90, successivamente modificata e raccolta nel Testo unico 267 del 2000 che riguarda gli enti locali ma anche i consigli regionali e le Usl. Cuffaro è senz'altro un consigliere regionale. E lo è in quanto la legge sull'elezione diretta del presidente della Regione sancisce la sua elezione all'Assemblea regionale".
"La norma - ha spiegato - non parla esplicitamente del capo della giunta, ma è ovvio che se si può sospendere un consigliere (e Cuffaro lo è), a maggior ragione lo si può fare con il governatore, che per essere tale deve far parte dell'Assemblea".

Secondo Orlando "oltre alla sospensione di Cuffaro da capo dell'esecutivo, bisogna procedere anche allo scioglimento dell'Assemblea regionale siciliana. Ci sono ragioni di sicurezza nazionale: un favoreggiatore di mafiosi, qual è Cuffaro secondo la sentenza dei giudici, attenta alla sicurezza del Paese". Quanto alla procedura di sospensione, Orlando ha ricordato che "è stata già messa in atto nei confronti del deputato regionale di Forza Italia, Giovanni Mercadante", imputato di mafia, poi dimessosi dall'Ars. "Inoltre, mi chiedo - ha concluso - se la Corte dei Conti si è attivata per recuperare i danni materiali prodotti da Cuffaro, il quale ha concordato le tariffe sanitarie con il manager della sanità Michele Aiello, a sua volta condannato a 14 anni per associazione mafiosa".

Sulle precise accuse dell'ex sindaco di Palermo, è stato interpellato Salvatore Raimondi, docente di diritto amministrativo nella facoltà di Giurisprudenza dell'università di Palermo: "Non c'e alcuna legge che preveda la rimozione o la sospensione di Cuffaro, in relazione alla condanna riportata. Non c'è nessuna norma che gli possa impedire di restare al suo posto, se ne ha l'intenzione". Il giurista ha spiegato che "viene invocata del tutto a sproposito" la legge 55 del '90, modificata nel '92. "Questa legge - ha osservato Raimondi - un tempo prevedeva la sospensione da diverse cariche, tra le quali quella di presidente della giunta regionale. Ma l'articolo 15 è stato abrogato dal Testo unico degli enti locali del 2000, salvo per quanto concerne gli amministratori delle Asl ed i consiglieri regionali. Per i presidenti regionali non esiste più".

Intanto, secondo indiscrezioni, il commissario dello Stato per la Regione Siciliana, il prefetto Alberto Di Pace, avrebbe chiesto al tribunale di Palermo una copia ufficiale del dispositivo della sentenza del processo talpe. La notizia rimbalza dagli uffici di piazza Principe di Camporeale ma non trova conferma ufficiale. Si tratterebbe della naturale conseguenza di una scelta inedita della procura di Palermo. I Pm che hanno sostenuto l'accusa avrebbero investito il prefetto Di Pace della questione di legittimità della permanenza del presidente della regione nella sua carica. Secondo i magistrati, Cuffaro sarebbe socialmente pericoloso nel ruolo di presidente anche se non da privato cittadino. Per questo motivo, secondo i pm, il prefetto Di Pace potrebbe chiedere al presidente del Consiglio dei ministri di applicare la legge che prevede la possibilità dell'emanazione di un decreto di decadenza dalla carica elettiva per i vertici degli enti locali. La legge parla chiaramente di enti locali con riferimento a sindaci e presidenti di provincia. In un caso la suprema corte si è pronunciata a favore dell'applicazione di questa norma anche nei confronti di un presidente di Regione ma a statuto ordinario. La Regione siciliana invece è a statuto speciale e il suo statuto ha valore costituzionale.

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22 gennaio 2008
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