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Sentiamo la presenza dello Stato, ma...

Polemiche a Palermo, nell'incontro tra i magistrati e la Commissione antimafia

04 marzo 2014

La riforma delle misure di prevenzione antimafia e della normativa su corruzione e prescrizione, ma anche il processo sulla trattativa tra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni, la sicurezza dei magistrati e lo stato della lotta alle cosche.
È stato nutrito il primo giorno a Palermo della Commissione parlamentare Antimafia, nel capoluogo per incontrare pm e giudici, forze dell'ordine, associazioni di categoria, sindacati ed esponenti dell'associazionismo antiracket. Una visita di due giorni, quella dei parlamentari, che lasceranno la città oggi dopo una conferenza stampa.

L'incontro con il Comitato per l'Ordine e la sicurezza pubblica ha aperto i lavori, poi è stata la volta dei magistrati: in Prefettura, davanti al presidente Rosy Bindi, e ai commissari si sono presentati il procuratore generale Roberto Scarpinato, il procuratore di Palermo Francesco Messineo, gli aggiunti Teresa Principato, Vittorio Teresi, Leonardo Agueci, Maurizio Scalia e il pm Nino Di Matteo, vittima nei mesi scorsi di pesanti minacce da parte del boss Totò Riina e pubblica accusa al processo sulla trattativa.
Proprio il patto tra Stato e mafia - le audizioni sul punto sono state secretate - ha preso gran parte dell'incontro con le toghe. I commissari hanno fatto ai magistrati domande sul processo e sulle vicende legate alle intercettazioni in carcere che hanno svelato il piano del boss corleonese di eliminare Di Matteo.

"Sentiamo la presenza dello Stato nel senso che per la nostra sicurezza si è fatto molto. - ha detto dopo l'incontro Di Matteo - Però registriamo interventi e attacchi contro l'impianto del processo sulla trattativa che riteniamo immotivati". "Sarebbe bene che chi parla - ha aggiunto anche riferendosi alla critiche sull'inchiesta presenti nella relazione semestrale della Direzione Nazionale Antimafia - si informasse e rispettasse le decisioni degli altri magistrati che si sono pronunciati sul processo: dal gup che ha rinviato a giudizio gli imputati alla corte d'assise che ha deciso sulle questioni poste dalle difese, respingendole, e ha accolto le nostre richieste di prova" (LEGGI). "Abbiamo intenzione di dimostrare la fondatezza della nostra ipotesi di accusa", ha aggiunto Di Matteo parlando con i giornalisti. Alla domanda se il riferimento è alla DNA, Di Matteo ha replicato: "I riferimenti possono essere tanti. Noi abbiamo uno svantaggio rispetto agli altri, che non possiamo intervenire nel dibattito pubblico sulla fondatezza della nostra tesi giuridica che portiamo avanti in ambito processuale. Ciascuno ha diritto di criticare, ma sarebbe bene e opportuno se lo facesse conoscendo tutti gli atti e rispettando le decisioni dei giudici. Ci sembra che da parte di molti si intervenga un po' superficiamente cercando di demolire un impianto accusatorio".

Anche il procuratore di Palermo Francesco Messineo ha fatto riferimento alle critiche fatte al processo definendole "non pertinenti". Messineo ha poi definito "serie e convincenti" le proposte del premier Renzi nella strategia di contrasto alle cosche.
Toghe soddisfatte dell'impegno del Governo per la sicurezza, dunque. "Lo Stato ha fatto tutto quanto era in suo potere per proteggere i magistrati", ha detto a margine Rosy Bindi che ha poi auspicato una profonda riforma delle misure di prevenzione antimafia che "permetta più sequestri e confische" e della normativa sulla corruzione a partire dalle leggi sulla prescrizione dei reati (LEGGI).

Dopo i pm è stata la volta dei magistrati delle misure di prevenzione: dal presidente Silvana Saguto ai giudici Lorenzo Chiaromonte e Fabio Licata. Al centro dell'incontro anche le polemiche con l'ex direttore dell'Agenzia dei Beni Confiscati Giuseppe Caruso, che ha criticato aspramente la gestione delle amministrazioni giudiziarie. Dura la reazione di uno degli amministratori giudiziari più noti di Palermo, l'avvocato Cappellano Seminara, sentito dalla commissione dopo i giudici. Il legale ha definito le parole del prefetto "sorprendenti e gravi", ha ricordato l'esposizione a cui sono sottoposti gli amministratori e ha difeso il suo operato in 37 misure giudiziarie relative alla gestione di beni confiscati. Cappellano Seminara ha infine replicato alle accuse sulle cosiddette "parcelle d'oro", spiegando di avere presentato "una parcella lorda di 7 milioni di euro per 15 anni di lavoro".

[Informazioni tratte da ANSA, Adnkronos/Ign, Lasiciliaweb.it, GdS.it]

- La Commissione antimafia a Palermo... (Guidasicilia.it, 03/03/14)

- Allarme della Dia: 36 padrini scarcerati "Possono eseguire ancora gli ordini di Riina" di Salvo Palazzolo (Repubblica.it)

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04 marzo 2014
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