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Senza riforme strutturali l'Italia faticherà sempre di più

Confindustria e la visione pessimistica dell'immediato futuro: "L'Italia fatica, senza riforme crescita dimezzata"

23 giugno 2011

L'economia italiana "fatica a riprendere slancio" ed il Pil chiuderà il 2011 con un +0,9% e aumenterà, nel 2012, dell'1,1%. E' questa la previsione del Centro Studi di Confindustria che ha ritoccato all'ingiù, di 2 decimi di punto, le previsioni "ottimistiche" elaborate a dicembre scorso (1,1% nel 2011 e 1,3% nel 2012).
Il Centro Studi prevede inoltre che senza riforme strutturali la 'modesta' crescita 2012 potrebbe dimezzarsi allo 0,6%, per cui potrebbero essere "necessarie manovre aggiuntive" per altri 18 mld.
Confindustria dice sì ai tagli ma nella giusta "combinazione" per abbattere il disavanzo e tutelare il Pil. Per questo "bisogna ulteriormente alzare l'età effettiva di ritiro dal lavoro.

LAVORO - Tra il 2008 e il 2011 la crisi ha lasciato a casa 582mila occupati. Ma senza cig integrazione la platea coinvolta sarebbe salita a 1,1 milioni di lavoratori; la cig ha dunque 'salvato' 473mila persone. Confindustria stima come il tasso di disoccupazione continerà a restare alto, all'8,4% nel 2011 e all'8,3% nel 2012.
Il mercato del lavoro resta rallentato da una crescita con poco slancio. Pur prevedendo un calo nel ricorso alla cig per i prossimi mesi il numero delle persone occupate crescerà di 128mila unità tra il primo trimestre 2011 e l'ultimo trimestre 2012, registrando in media d'anno un +0,2% quest'anno e un +0,4% il prossimo. Il biennio, dunque, si chiuderà con 453mila perone occupate in meno rispetto al picco pre crisi.
CONSUMI - Continueranno ad incedere "lentamente" i consumi delle famiglie italiane sia nel 2011 che nel 2012. L'incremento previsto, infatti, sarà pari allo 0,8% per l'anno in corso e non supererà l'1% nel 2012. L'inflazione invece comincerà a scendere toccando il 2,6% nel 2011 e il 2% nel 2012.

Pensioni e pensionati - Il 46,5% dei pensionati (quasi 7,8 milioni) presenta un livello mensile inferiore ai 1.000 euro (il 14,7% con meno di 500 euro) mentre il 15,6% (pari a 2,6 milioni di pensionati) supera quota 2000 euro. E' quanto emerge dall'indagine sui trattamenti pensionistici e beneficiari pubblicata ieri dall'Istat.
Il 39,1% ha invece importi mensili inferiori a 500 euro e il 31,4% compresi tra 500 e mille euro. Un ulteriore 13,4% di pensioni erogate al 31 dicembre 2009 presentava importi compresi tra 1.000 e 1.500 euro mensili e il restante 16,1% del totale ha importi mensili superiori a 1.500 euro.
"Nel 2009 - si legge ancora - l'importo complessivo delle prestazioni pensionistiche previdenziali e assistenziali erogate in Italia è stato pari a 253,480 miliardi di euro, un valore pari al 16,68% del Pil. Con un aumento del 5,1% rispetto al 2008, mentre la quota sul Pil è cresciuta di 1,3 punti percentuali rispetto all'anno precedente".
Il gruppo più numeroso di pensionati (5,3 milioni di individui, il 31,8% del totale) riceve quindi una o più prestazioni, per un importo medio totale mensile compreso tra 500 e 1.000 euro. Il secondo gruppo per numerosità (3,9 milioni di pensionati, pari al 23,5% del totale) ottiene pensioni comprese tra 1.000 e 1.500 euro mensili. Un ulteriore 14,7% di beneficiari percepisce meno di 500 euro mensili e il restante 29,9% riceve pensioni di importo mensile superiore a 1.500 euro (16,1% nel caso delle pensioni).

L'Istat sottolinea come i pensionati di vecchiaia e di invalidità siano maggiormente presenti nelle classi di importo mensile compreso tra 500 e 1.000 euro. Nella maggior parte dei casi i titolari di pensioni ai superstiti e quelli di pensioni di invalidità civile ricevono redditi pensionistici con importi mensili compresi tra 1.000 e 1500 euro. I titolari di pensioni sociali ed i percettori di pensioni indennitarie hanno prevalentemente redditi pensionistici con importi mensili che non superano i 500 euro, mentre i beneficiari di pensioni di guerra sono significativamente più concentrati, rispetto al complesso dei pensionati, nelle fasce di reddito più elevato.
Nelle regioni settentrionali nel 2009 si concentrava la maggior parte delle prestazioni pensionistiche, dei relativi titolari e della spesa erogata (rispettivamente 47,9%, 48,5% e 50,7%). Le regioni centrali rappresentavano il 20,5% in termini di numero di trattamenti, il 20,1% dei pensionati e il 21,5% della spesa erogata. Le differenze territoriali emergono anche negli importi medi dei redditi pensionistici che al Nord e al Centro sono rispettivamente pari al 105,9% e 104,7% rispetto alla media nazionale. Nelle regioni del Mezzogiorno, gli importi medi si collocano, invece, all'87,9% del valore medio nazionale.
In rapporto alla popolazione, in particolare, emerge che il numero dei pensionati residenti al Mezzogiorno (254 per mille abitanti) è leggermente superiore sia a quello medio nazionale (253 per mille), sia a quello riferito alle regioni settentrionali (253 per mille abitanti) e centrali (250 per mille abitanti). Con riferimento alle diverse tipologie di pensionati al Nord, il coefficiente di pensionamento standardizzato assume valori più elevati rispetto alle altre aree geografiche per i beneficiari di pensioni di vecchiaia, mentre per le prestazioni di invalidità civile, per le pensioni sociali, per gli assegni ordinari di invalidità e per le pensioni ai superstiti l'indicatore è più alto nel Mezzogiorno. Il coefficiente di pensionamento calcolato per i titolari di pensioni di guerra assume, infine, valore più elevato nelle regioni del Centro.
Inoltre, nel 2009 un terzo dei pensionati (per l'esattezza il 32,8%) cumulano due o più prestazioni, mentre l'8% arriva a tre assegni e oltre. La distribuzione dei pensionati per numero di prestazioni ricevute mostra che il 67,2% percepisce una sola pensione.

[Informazioni tratte da Adnkronos/Ing]

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23 giugno 2011
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