Sette pescatori tunisini arrestati perché colpevoli d'aver salvato la vita ad un gruppo di migranti naufraghi
''Il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), esprime il suo grande sconcerto per l'arresto e il processo cui sono sottoposti i 7 pescatori tunisini che l'8 agosto hanno salvato la vita di 44 richiedenti asilo e migranti a 40 miglia di distanza da Lampedusa. Dalle testimonianze dei naufraghi, nonché dei funzionari della guardia costiera ascoltati dal tribunale, sta emergendo sempre con maggiore chiarezza che si è trattato proprio di un atto di soccorso e salvataggio senza il quale le persone che viaggiavano sul gommone in avaria avrebbero rischiato gravemente le loro vite''.
E' quanto si legge in una nota del Consiglio Italiano per i Rifugiati diffusa ieri.
''Il fatto che la stessa Procura di Agrigento'', si legge ancora nella nota, ''al termine dell'udienza del 1 settembre ha modificato il capo di imputazione, eliminando l'aggravante costituita dallo scopo di lucro, equivale di fatto al ritiro dell'impianto accusatorio che ha dato luogo al processo''.
''Appare incredibile che il tribunale abbia, nonostante tutto, respinto la richiesta di scarcerazione dei pescatori, peraltro tutti incensurati'', ha dichiarato Savino Pezzotta, presidente del CIR. ''Il danno è comunque già fatto: il segnale dato a tutti i pescatori e comandanti di navi commerciali del Mediterraneo è che il salvataggio di persone a rischio di naufragio può comportare carcere, sequestro dei natanti, condanne penali''.
Infatti, dal consiglio fanno sapere che secondo la testimonianza di Seenen Badraddin, appartenente al gruppo delle 44 persone soccorse, un altro peschereccio, precedentemente avvicinato, non si è voluto fermare ''per non avere problemi con la polizia'' (leggi).
Secondo le ultime informazioni di ''Fortress Europe'' nel solo mese di agosto 243 rifugiati e migranti sono morti o dispersi nel Mediterraneo e nell'Atlantico Orientale, di cui 161 nel Canale di Sicilia. Dall'inizio di quest'anno il numero totale è di 959 persone morte durante il loro tentativo di raggiungere le coste europee.
''Ci aspettiamo che il governo italiano'', ha commentato il direttore del CIR, Christopher Hein, ''indipendentemente dall'esito del processo contro i pescatori, riaffermi l'obbligo di tutti di prestare soccorso in mare e di salvare vite umane come prescritto dalle convenzioni internazionali. Il governo dovrà sottolineare ciò che già prevede il Testo Unico immigrazione, ovvero che in nessun caso un atto di soccorso e salvataggio possa essere considerato reato''. ''Ci aspettiamo inoltre - ha concluso Hein - che siano date chiare istruzioni alle forze dell'ordine di non ostacolare l'arrivo in porti italiani di natanti con naufraghi a bordo, in particolare quando, come nel caso in questione, il porto italiano è quello più vicino oppure l'unico che può garantire protezione a chi è fuggito dal proprio paese''.
Il CIR sostiene le iniziative di numerose organizzazioni europee e tunisine impegnate nella difesa dei diritti umani, che mirano a sollecitare l'immediata scarcerazione dei sette pescatori tunisini e ad attirare l'attenzione pubblica sull'effetto intimidatorio che tale processo comporta, aumentando ulteriormente i rischi per la sicurezza delle persone in mare. [Aise]