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Sgominata la cosca della Noce alla quale tutti pagavano il pizzo

18 arrestati compreso il nuovo boss del mandamento tanto caro a Totò Riina

24 gennaio 2007

Pagavano tutti: titolari di concessionarie di automobili, di bar, di supermercati e di grandi magazzini, tutti pagavano il pizzo ai boss nella zona del mandamento mafioso della Noce, che abbracciava una vasta area che parte vicino al centro di Palermo e raggiunge la periferia.
Il clan, o se si vuole, la cosca della Noce è storicamente uno tra le più potenti presenti sul territorio di Palermo, e in passato è stata diretta da uomini di elevatissimo spessore criminale. Ma al suo interno, come del resto in gran parte di Cosa nostra, le affiliazioni sono cambiate, per via dei numerosi e continui arresti disposti dalla magistratura, e quindi adesso ai vertici delle famiglie si trovano persone che in passato erano solo dei fiancheggiatori dei boss.
Il nuovo capomandamento della Noce è Pierino Di Napoli, 67 anni, al quale ieri mattina è stato notificato dalla Polizia uno dei 18 ordini di custodia cautelare in carcere che ha decimato, se non di fatto sgominato del tutto il clan della Noce.
La figura del nuovo boss emerge dalle intercettazioni ambientali. Di Napoli avrebbe iniziato a reggere il mandamento dal momento della sua scarcerazione, avvenuta il 3 luglio 2003, dopo aver scontato una condanna per associazione mafiosa. Le indagini hanno dimostrato che Di Napoli in molte circostanze è stato arbitro di dissidi e contrasti che sono avvenuti nel mandamento della Noce fra affiliati; avrebbe anche curato le alleanze con le altre famiglie e partecipato alle riunioni con esponenti o capi di Cosa nostra. In particolare avrebbe più volte incontrato Francesco Pastoia, il boss di Belmonte che si è suicidato in carcere nel gennaio 2005, e ritenuto uno dei fedelissimi di Bernardo Provenzano.

Dall'inchiesta è emerso, oltre al ''nuovo organigramma'' del mandamento della Noce (al quale era tanto 'affezionato' Totò Riina, perché in questa famiglia aveva gran parte dei suoi fedelissimi, come Raffaele Ganci), che i commercianti, minacciati e pressati dai mafiosi, avrebbero versato alle casse della cosca grosse somme di denaro per evitare di subire danni alle attività.
Gli inquirenti hanno ricostruito nel dettaglio le attività criminali controllate dal clan. In particolare le estorsioni, ma anche interessi nell'affare dei videogiochi installati negli esercizi pubblici della zona, e traffico di stupefacenti.
Le estorsioni a commercianti e imprenditori frutterebbero a Cosa nostra grosse somme di denaro, ed è risultato che a pagare il pizzo sarebbero quasi tutte le grosse attività che ricadono nel mandamento mafioso della Noce. Gli investigatori hanno ricostruito ogni singola estorsione, grazie alle intercettazioni ambientali, in cui emerge che tutti pagavano senza esitazione. Qualche commerciante o imprenditore, addirittura, chiedeva anche lo ''sconto'' e per ottenerlo si rivolgeva ad alcuni capimafia di altre zone della città. E sempre ai boss della zona si rivolgevano alcuni titolari di attività per ''denunciare'' furti nei propri locali e per cercare di recuperare la merce. Nessuno degli intercettati però si è mai rivolto alle forze dell'ordine per segnalare le estorsioni subite.

E sempre dalle intercettazioni è affiorato anche il nome dell'ex campione di calcio Totò Schillaci: l'idolo di Italia '90, infatti, si sarebbe rivolto a uno dei boss arrestati per evitare furti nella sua scuola di calcio a Palermo. Per questa vicenda Schillaci non è indagato, ma da quanto si è appreso il calciatore potrebbe essere sentito nei prossimi giorni come teste dai magistrati della procura.
In una delle telefonate intercettate Schillaci chiama Eugenio Rizzuto, uno degli arrestati, e gli riferisce che poco prima, al centro sportivo ''Louis Ribolla'', che si trova in viale Leonardo da Vinci, un ragazzo del quartiere di Passo di Rigano, aveva derubato alcuni giovani calciatori, portandogli via soldi e orologi custoditi negli spogliatoi. Rizzuto, dopo aver riferito a Schillaci di non conoscere l'abitazione del giovane indicato dal calciatore, gli fornisce il numero di telefono di suo fratello, Aurelio, aggiungendo che nel caso in cui anche il fratello non conoscesse il giovane autore del furto, all'indomani se ne sarebbe occupato lui.
''Mio fratello si trova all'estero e non può commentare la vicenda. Io posso affermare che il signor Rizzuto era socio della scuola calcio ed è stata una cosa normale che mio fratello, non appena ha saputo del furto, avvenuto qualche anno fa, ne abbia parlato con lui. Tra soci ci si parla, è normale''. Sono le parole di Giuseppe Schillaci, fratello del campione e gestore di un piccolo bar all'interno del centro sportivo, a proposito della vicenda. ''In quella occasione - ha proseguito Giuseppe Schillaci - i ladri hanno rubato un televisore ed un lettore cd che si trovavano nei nostri uffici''.
''Sono tranquillo. Non ho commesso niente di grave. Il signor Rizzuto in un primo momento era socio della scuola calcio ed è normale che, tra soci di uno stesso organismo, si parli anche di queste cose, anche se sono cose spiacevoli. Per il resto confermo ciò che ha dichiarato mio fratello Giuseppe''. Questo il primo commento di Totò Schillaci.

I 18 arrestati - Gli ordini di custodia cautelare sono stati richiesti dal procuratore aggiunto di Palermo, Giuseppe Pignatone e dai sostituti, Maurizio de Lucia, Roberta Buzzolani e Gaetano Paci che hanno coordinato l'inchiesta, durata un anno.
Questi i nomi degli arrestati, oltre al boss Pierino Di Napoli, ritenuto il capomandamento della Noce: Francesco Picone, 67 anni; Giuseppe Musso, di 67 anni; Salvatore Gottuso, di 61; Francesco Scaglione, di 61; Vincenzo Bruno, di 59; Eugenio Rizzuto, di 55; Luigi Caravello, di 54; Salvatore Alfano, di 51; Antonino Vernengo, di 49; Guglielmo Ficarra, di 48; Pietro Di Mario, di 46; Umberto Maltese, di 46; Sergio Matina, di 45; Giovanni Vitrano, di 37; Felisiano Tognetti, di 36; Fabio Chiovaro, di 34.

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24 gennaio 2007
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